Introduzione / Introduction
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THE VOICE OF MUSIC ... LA VOCE DELLA MUSICA
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JAZZ

U-Z

TOM VAN DER GELD - PATIENCE (1977)

TOM VAN DER GELD - PATH (1979)

KEN VANDERMARK - BIG HEAD EDDIE (1993)

KEN VANDERMARK - SOLID ACTION (1994)

KEN VANDERMARK - CAFFEINE (1994)

KEN VANDERMARK - BLOW HORN (1995)

KEN VANDERMARK - UTILITY HITTER (1995)

KEN VANDERMARK - INTERNATIONAL FRONT (1998)

KEN VANDERMARK - STRAIGHT LINES (1999)

KEN VANDERMARK - DESIGN IN TIME (1999)

KEN VANDERMARK - EXPANSION SLANG (2000)

KEN VANDERMARK - CROSSING DIVISION (2000)

KEN VANDERMARK - IN OUR TIMES (2002)

KEN VANDERMARK - FURNITURE MUSIC (2003)

VANDERMARK 5 - SINGLE PIECE FLOW (1997)

VANDERMARK 5 - TARGET OR FLAG (1998)

VANDERMARK 5 - SIMPATICO (1999)

VANDERMARK 5 - BURN THE INCLINE (2000)

VANDERMARK 5 - ACOUSTIC MACHINE (2001)

VANDERMARK 5 - FREE JAZZ CLASSICS, VOLS. 1 & 2 (2002)

VANDERMARK 5 - AIRPORTS FOR LIGHT (2003)

VANDERMARK 5 - ELEMENTS OF STYLE ... EXERCISES IN SURPRISE (2003)

VANDERMARK 5 - THE COLOR OF MEMORY (2004)

KEN VANDERMARK + AALY TRIO - HIDDEN IN THE STOMACH (1996)

KEN VANDERMARK + AALY TRIO - STUMBLE (1998)

KEN VANDERMARK + AALY TRIO - I WONDER IF I WAS SCREAMING (2000)

KEN VANDERMARK + AALY TRIO / DKV TRIO - DOUBLE OR NOTHING (2002)

DKV TRIO (DRAKE / KESSLER / VANDERMARK) - DKV LIVE (1996)

DKV TRIO (DRAKE / KESSLER / VANDERMARK) - FRED ANDERSON WITH DKV TRIO (1997)

DKV TRIO (DRAKE / KESSLER / VANDERMARK) - BARAKA (1997)

DKV TRIO (DRAKE / KESSLER / VANDERMARK) - LIVE IN WELS & CHICAGO (1999)

DKV TRIO (DRAKE / KESSLER / VANDERMARK) - TRIGONOMETRY (2002)

VANGUARD JAZZ ORCHESTRA - CAN I PERSUADE YOU? (2001)

VANGUARD JAZZ ORCHESTRA - THE WAY / MUSIC OF SLIDE HAMPTON (2004)

TOM VARNER - TOM VARNER QUARTET (1980)

TOM VARNER - LONG NIGHT, BIG DAY (1985)

TOM VARNER - JAZZ FRENCH HORN (1985)

TOM VARNER - THE MYSTERY OF COMPASSION (1992)

TOM VARNER - MARTIAN HEARTACHE (1996)

TOM VARNER - SWIMMING (1999)

HAROLD VICK - STEPPINOUT! (1963)

LEROY VINNEGAR - LEROY WALKS! (1957)

LEROY VINNEGAR - LEROY WALKS AGAIN! (1962)

VIRTUOSI DI CAVE (COLOMBO / MANCINI / MARIANI / VITTORINI) - I VIRTUOSI DI CAVE (1977)

MIROSLAV VITOUS - FIRST MEETING (1979)

MIROSLAV VITOUS - MIROSLAV VITOUS GROUP (1980)

MIROSLAV VITOUS - JOURNEYS END (1982)

MIROSLAV VITOUS - UNIVERSAL SYNCOPATIONS (2003)

ALEXANDER VON SCHLIPPENBACH - PAKISTANI POMADE (1972)

ALEXANDER VON SCHLIPPENBACH - DETTO FRA DI NOI (1981)

ALEXANDER VON SCHLIPPENBACH - ELF BAGATELLEN (1990)

ALEXANDER VON SCHLIPPENBACH - PHYSICS (1991)

ALEXANDER VON SCHLIPPENBACH - BROOMRIDING (2002)

ALEXANDER VON SCHLIPPENBACH - WINTERREISE (2004/2005)

V.S.O.P. - THE QUINTET (1977)

V.S.O.P. - TEMPEST IN THE COLOSSEUM (1978)

COLLIN WALCOTT - CLOUD DANCE (1975) FOREVER YOUNG


MAL WALDRON with ERIC DOLPHY and BOOKER LITTLE - THE QUEST (1961) FOREVER YOUNG

Mal Waldron, Ron Carter e Charlie Persip, con l’aggiunta del tenore texano Booker Ervin, che fa da stimolante contrasto con le concezioni più avanzate di Eric Dolphy. Molte le perle: da un delicato omaggio a Duke Ellington (Duquility), all’azzardoso Thirteen, costruito quasi con tecnica seriale, al bluesistico Warp And Woof, al danzante Fire Waltz. - Pino Candini


BENNIE WALLACE - THE FOURTEEN BAR BLUES (1978)

BENNIE WALLACE - LIVE AT THE PUBLIC THEATER (1980)


BENNIE WALLACE - THE FREE WILL (1980) FOREVER YOUNG

Una specifica, forse ristretta cerchia di ascoltatori e collezionisti (chi scrive ne fa parte) nutre grande ammirazione per Bennie Wallace e Jerry Bergonzi: sotto le insegne di Enja e Red, rispettivamente, i due sax tenori coltivarono per qualche anno un jazz moderno, progredito, brillante, senza tuttavia recepire alcuna delle pur interessanti riforme espressive introdotte da fusion e avanguardia. In sostanza, pur prediligendo il contesto del classico quartetto acustico, entrambi riuscivano a distinguersi nella pletora di neo-conservatori allora in voga. Wallace, in particolare, fondava la propria originalità su una voce strumentale dalle accese tinte cromatiche e su una maestria tecnica che gli consentiva di misurarsi alla pari con qualsiasi fuoriclasse. In questa eccellente seduta prodotta dal tedesco Matthias Winckelmann, egli si avvale di un’impressionante sezione ritmica composta da Tommy Flanagan, Eddie Gomez e Dannie Richmond. Se le splendide interpretazioni di standard come Sophisticated Lady (un duetto Wallace/Flanagan) e Star Eyes [poi ripreso anche da Phil Woods (Birds Of A Feather)] evidenziano una padronanza assoluta dei rudimenti idiomatici, è sulle angolose, policrome pagine autografe (The Free Will, Back Door Beauty, Walter, Paslom) che Bennie svetta come solista: il perfetto amalgama tra l’impeccabile tocco di Flanagan, il suono liquido di Gomez, la rutilante scansione di Richmond contrasta efficacemente con lo stile di Wallace, un bizzarro ibrido tra gli urticanti strepiti di Eric Dolphy, la stentorea eloquenza di Eddie “Lockjaw” Davis e il sensuale “soffio” di Ben Webster. Suggeriamo di acquisire The Free Will insieme al superbo The Bennie Wallace Trio & Chick Corea (Mystic Bridge), altro magnifico album inciso per la stessa etichetta, con formula analoga e formazione quasi identica (Corea vi subentra a Flanagan). - B.A.


BENNIE WALLACE - BENNIE WALLACE PLAYS MONK (1981)


BENNIE WALLACE - THE BENNIE WALLACE TRIO & CHICK COREA
(MYSTIC BRIDGE) (1982)
FOREVER YOUNG

Era molto meglio il titolo originale del Long Playing*, che si limitava a enunciare la formazione del quartetto (The Bennie Wallace Trio & Chick Corea) ottenuto associando al trio stabile del leader un fuoriclasse della tastiera. E tuttavia è confortante che un album così bello continui a prosperare su CD, di recente riproposto dalla Enja in una lussuosa, seconda edizione digitale. Il combo schiera un tandem d’attacco al di sopra delle categorie [Bennie Wallace (sax tenore), Chick Corea (pianoforte)], mentre i due membri della sezione ritmica [Eddie Gomez (contrabbasso), Dannie Richmond (batteria)] sono depositari, rispettivamente, delle idee di Bill Evans e Charles Mingus. Scandito da una pulsazione potente ed elastica, l’amalgama tra il fraseggio bizzoso di Wallace e l’eclettico stile di Corea genera un suggestivo idioma strumentale. Erede ribelle di Coleman Hawkins, Ben Wester, Eddie “Lockjaw” Davis, il sassofonista coniuga il seducente timbro “soffiato” di quei maestri col gusto per la libertà armonica e financo tonale. Travolgente l’energia motoria trasmessa da The Bob Crosby Blues, Foxtrot, ‘Llowed / Head. Firmato da Chick Corea, il tema di Mystic Bridge rivela la penna melodica e ingegnosa dell’autore. Splendida l’interpretazione per soli piano e sax dello standard My One And Only Love. All’altezza degli altri brani l’inedito Outline. [P.S. - *Per motivi commerciali, la ristampa su vinile dell’etichetta “tedesca democratica” Amiga evidenziava il nome di Chick Corea in luogo del titolare effettivo Bennie Wallace.] - B.A.


BENNIE WALLACE - BIG JIMS TANGO (1982) FOREVER YOUNG

BENNIE WALLACE - SWEEPING THROUGH THE CITY (1982)

BENNIE WALLACE - TWILIGHT TIME


BENNIE WALLACE - THE ART OF THE SAXOPHONE (1987) FOREVER YOUNG

Dopo un’onorata carriera nella Enja, da poco arruolato nella resuscitata Blue Note, Bennie Wallace stipula un contratto “una tantum” con la Denon e se ne esce con un capolavoro da “isola deserta” che nemmeno la sparuta combriccola dei suoi ammiratori si aspettava. Il titolo del disco è impegnativo ma appropriato e il progetto è semplice: una sezione ritmica di sogno (John Scofield, Eddie Gomez, Dannie Richmond) e, in ogni brano, un duetto tra Bennie e un altro artista del sax ... appunto. I duellanti sfidati da Wallace sono Jerry Bergonzi, Oliver Lake, Harold Ashby e Lew Tabackin. Bergonzi suona su tre pezzi che, a nostro modesto parere, rivestono la stessa importanza che nel 1956 fu giustamente attribuita a Tenor Madness, l’unico incontro registrato tra Rollins e Coltrane. - B.A.


BENNIE WALLACE - THE TALK OF THE TOWN (1993)

BENNIE WALLACE - THE OLD SONGS (1993)

BENNIE WALLACE - BENNIE WALLACE (1998)

BENNIE WALLACE - SOMEONE TO WATCH OVER ME (1998)

BENNIE WALLACE - MOODSVILLE (2002)

BENNIE WALLACE - THE NEARNESS OF YOU (2004)

CEDAR WALTON / DAVID WILLIAMS - OFF MINOR (1990)

BOBBY WATSON - ADVANCE (1984)


BOBBY WATSON - APPOINTMENT IN MILANO (1985) FOREVER YOUNG

BOBBY WATSON - ROUND TRIP (1985) FOREVER YOUNG

Quella che sulla carta poteva apparire una combinazione improbabile è oggi unanimemente considerata una felicissima intuizione della Red Records: l’incontro tra uno degli alunni più promettenti di Art Blakey e l’Open Form Trio di Piero Bassini. Il successo di queste incisioni (i due album derivano da un’unica seduta) è dovuto all’alchimia tra il funambolico sax di Bobby Watson e la duttilità, tutta italiana, di una superba sezione ritmica [Piero Bassini (piano); Attilio Zanchi (contrabbasso); Giampiero Prina (batteria)]. Ancora una volta la stampa estera si dimostrò più pronta di noi a individuare le opere di valore: nel 1986 Appointment In Milano fu nominato miglior disco dell’anno dal New York Times. Dal brillante, cantabile tema della title-track, alla cavalcata solitaria di If Bird Could See Me Now, passando per il torneo di improvvisazione su Watson’s Blues, si arriva ai ritmi caraibici di Funcalypso, evidente tributo al Rollins di St. Thomas. I pezzi forti del secondo volume sono una sofisticata ballad di Piero Bassini (Sweet Dreams), che sembra uscita dalla penna di Wayne Shorter, e le magistrali interpretazioni di tre standard dell’era moderna: Round Trip di Ornette Coleman, Ceora di Lee Morgan, e l’immortale Blue In Green di Miles Davis e Bill Evans (ripresa anche da Bassini nel suo eccellente Nostalgia). Il rilancio del jazz italiano è partito anche da qui. - B.A.

Some experts might argue that there is no environment more likely to produce dramatic jazz than the live concert situation, where the drive to match the audience’s expectations prompts a rush of adrenalin to the head and a torrent of creativity to the fingertips. This is a studio recording, and contrary to the argument above, not only are inspiration and creativity left unimpaired, but the music benefits from flawless sound reproduction and balance. This is nowhere better evidenced than during the first few seconds of the album’s title-track, where the finger snapping accompaniment to Attilio Zanchi’s modal bass riff (a simple but effective substitution for hi-hat or cymbal) is reproduced with a crispness that might be difficult to capture in a live setting. - Mark Gilbert


BOBBY WATSON - LOVE REMAINS (1986)

BOBBY WATSON - QUIET AS ITS KEPT (1999)

BOBBY WATSON - LIVE & LEARN (2002)

BOBBY WATSON - HORIZON REASSEMBLED (2004)

EBERHARD WEBER - THE COLOURS OF CHLOË (1973)

EBERHARD WEBER - YELLOW FIELDS (1975)

EBERHARD WEBER - THE FOLLOWING MORNING (1976)

EBERHARD WEBER - SILENT FEET (1977)

EBERHARD WEBER - FLUID RUSTLE (1979)

EBERHARD WEBER - LITTLE MOVEMENTS (1980)

EBERHARD WEBER - LATER THAT EVENING (1982)

EBERHARD WEBER - CHORUS (1984)

EBERHARD WEBER - ORCHESTRA (1988)

EBERHARD WEBER - ENDLESS DAYS (2000)

WALT WEISKOPF - SIMPLICITY (1992)

WALT WEISKOPF - A WORLD AWAY (1993)

WALT WEISKOPF - SONG FOR MY MOTHER (1995)

WALT WEISKOPF - SLEEPLESS NIGHTS (1996)

WALT WEISKOPF - ANYTOWN (1997)

WALT WEISKOPF - SIREN (1999)

WALT WEISKOPF - MAN OF MANY COLORS (2001)

WALT WEISKOPF - SIGHT TO SOUND (2003)

WALT WEISKOPF / ANDY FUSCO - TEA FOR TWO (2004)

WALT WEISKOPF - DAY IN NIGHT OUT (2007)

WALT WEISKOPF - SEE THE PYRAMID (2010)

MICHAEL WEISS - PRESENTING MICHAEL WEISS (1986)

MICHAEL WEISS - POWER STATION (1996)

KENNY WHEELER - SONG FOR SOMEONE (1973)

KENNY WHEELER - GNU HIGH (1975)

KENNY WHEELER - DEER WAN (1977) FOREVER YOUNG

KENNY WHEELER - AROUND 6 (1979)

KENNY WHEELER - FLUTTER BY, BUTTERFLY (1987)

KENNY WHEELER - DOUBLE, DOUBLE YOU (1983)

KENNY WHEELER - THE WIDOW IN THE WINDOW (1990)

KENNY WHEELER - MUSIC FOR LARGE & SMALL ENSEMBLES (1990)

KENNY WHEELER - ALL THE MORE (1993)

KENNY WHEELER - ANGEL SONG (1995) FOREVER YOUNG

KENNY WHEELER - A LONG TIME AGO (1998)

KENNY WHEELER / JOHN TAYLOR / GABRIELE MIRABASSI - MOON (2001)

KENNY WHEELER - DREAM SEQUENCE (1995/2003)

KENNY WHEELER - WHAT NOW? (2004) FOREVER YOUNG

KENNY WHEELER - IT TAKES TWO! (2005)

BARNEY WILEN - AUTO JAZZ (TRAGIC DESTINY OF LORENZO BANDINI) (1968)

BARNEY WILEN - DEAR PROF. LEARY (1969)

BARNEY WILEN - LE NOTE BLEUE (1986)

BARNEY WILEN - FRENCH BALLADS (1987)

BARNEY WILEN - WILD DOGS OF THE RUWENZORI (1988)

BARNEY WILEN - SANCTUARY (1991)

BARNEY WILEN - TALISMAN (1993)

BABY FACE WILLETTE - FACE TO FACE (1961)

BABY FACE WILLETTE - STOP AND LISTEN (1961)

TOM WILLIAMS - INTRODUCING TOM WILLIAMS (1991)

TOM WILLIAMS - STRAIGHT STREET (1993)

TONY WILLIAMS - LIFE TIME (1964)

TONY WILLIAMS - SPRING (1965)


TONY WILLIAMS - EMERGENCY! (1969)

Registrati a cavallo di In A Silent Way, imperituro manifesto stilistico cui parteciparono entrambi i rispettivi titolari, Extrapolation (John McLaughlin) ed Emergency! (Tony Williams) segnano una svolta radicale per la musica improvvisata, pur senza vantare - né l’uno, né l’altro - alcun diritto all’evanescente titolo di “primo album fusion della storia”.
Emergency! - Se l’alchimia elaborata da Miles Davis consisteva in una sagace mescolanza di elementi formali del rock e contenuti intrinseci del jazz, il progetto LifeTime arricchiva l’amalgama con l’estro creativo delle simultanee sperimentazioni progressive d’oltremanica (In The Court Of The Crimson King, Ars Longa Vita Brevis, Ummagumma, Yes, The Aerosol Grey Machine etc.). All’organo acido/modale di Larry Young - protagonista di capolavori Blue Note come Unity e Talkin’ About!, audace riformatore dello strumento, schivo ma determinante membro di questo trio - si deve la rimarchevole densità della trama sonora: i suoi tappeti psichedelici offrono un burrascoso fondale all’effervescente scansione dispari di Williams e alle precipitose fughe di McLaughlin. La rassicurante immagine dell’organico (Jimmy Smith, Baby Face Wilette etc.) viene stravolta dalla frenesia elettrica degli arrangiamenti: Emergency, Beyond Games, Where, Vashkar (scritta da Carla Bley), Spectrum (già interpretata su Extrapolation) lasciano ampio spazio ai virtuosismi dei tre fuoriclasse. Gli estemporanei interventi vocali di Williams - innocue locuzioni di vago sapore predicatorio/lisergico - ci ricordano che correva l’anno 1969. Il doppio LP originale soffriva di un’eccessiva distorsione audio, a sua volta riconducibile agli effetti impiegati da McLaughlin e all’Hammond difettoso dello studio: facendo di necessità virtù, per l’edizione CD gli ingegneri Phil Schaap e Joseph M. Palmaccio hanno restaurato i nastri, ottimizzando le cifra tecnica di un’incisione grezza ma avvincente. Ispirandosi a questa formazione, nel 2004 Jack DeJohnette assemblerà il Trio Beyond insieme a John Scofield e Larry Goldings: pubblicato dall’ECM, per qualità e sostanza lo splendido live Saudades riuscirà addirittura a eguagliare l’originale. - B.A.


TONY WILLIAMS - TURN IT OVER (1970)


TONY WILLIAMS - BELIEVE IT (1975) FOREVER YOUNG

Dai preziosi archivi in bianco e nero degli anni Settanta affiorano due gioielli sepolti, reciprocamente analoghi per formula strumentale, retroterra inteso in senso lato (il jazz del decennio precedente), singolare simmetria dei ruoli di rinomato titolare (Tony Williams / Pat Martino) e comprimario principale (Allan Holdsworth / Kenwood Dennard): i collezionisti affetti da trauma radiofonico trarranno sicuro giovamento dall’ascolto regolare di Believe It e Joyous Lake.
Believe It - Classico quartetto con tastiere e chitarra in cui il magistero ritmico di Tony Williams - pioniere di E.S.P., Nefertiti, Out To Lunch!, Point Of Departure - trova un degno contraltare nell’erudito virtuosismo di Allan Holdsworth, astro nascente della scena underground inglese (Tempest, Soft Machine). Nella fattispecie, l’impatto tra il piano elettrico di Alan Pasqua, la solida pulsazione melodica del veterano Motown Tony Newton (basso) e i fuochi d’artificio esplosi da Williams e Holdsworth genera uno stupefacente amalgama progressive/fusion che riconcilia col mondo anche la più disillusa vittima dell’I.C.S. (Indottrinamento Collettivo Sistematico). Il contrasto tra le vibrazioni acustiche dei tamburi e il riverbero artificiale della “solid body” caratterizza la cifra espressiva degli arrangiamenti, esaltata da suoni definiti, nitidi, bellissimi. La frastornante alternanza di riff perentori e assoli spettacolari si sublima su titoli siglati da ciascun membro della band: Wildlife (Williams), Fred, Mr. Spock, Letsby* (Holdsworth), Proto-Cosmos (Pasqua), Red Alert, Snake Oil (Newton), Celebration*. (P.S. - *Inediti pubblicati solo su CD.) - B.A.


GERALD WILSON - YOU BETTER BELIEVE IT (1961)

GERALD WILSON - MOMENT OF TRUTH (1962)

GERALD WILSON - PORTRAITS (1963)

GERALD WILSON - THE GOLDEN SWORD (1966)

GERALD WILSON - EVERYWHERE (1967)

GERALD WILSON - CALIFORNIA SOUL (1968)

GERALD WILSON - ETERNAL EQUINOX (1968)

MATT WILSON - AS WAVE FOLLOWS WAVE (1996)

MATT WILSON - GOING ONCE, GOING TWICE (1997)


MATT WILSON - SMILE (1999)

Matt Wilson, Joel Frahm, Pete McCann, Ben Allison etc.Nel terzo album di Matt Wilson sfornato dalla Palmetto si ritrovano diversi elementi caratteristici, peraltro già emersi nei due capitoli precedenti: a) le saettanti linee melodiche dei brani, che evocano la stringente logica progettuale di Ornette Coleman; b) il clarinetto basso di Andrew D’Angelo, che richiama l’inesauribile facondia di Eric Dolphy, pur senza possederne l’isterica urgenza espressiva (i tempi cambiano); c) la compattezza del piccolo collettivo, determinato a sfruttare utilitaristicamente la concisione dei temi per improvvisare a tutto spiano; d) lo spiccato senso dell’ironia, tipico di Wilson, che si manifesta con un inaspettato inserto vocale su Making Babies o serpeggia attaverso la rilettura serissima di uno standard improbabile come Strangers In The Night. Il riferimento al jazz rivoluzionario dei primi anni '60 è evidente, e tuttavia inequivocabili squarci di "modernità" traspaiono dall’andatura slow-rock di Wooden Eye o dal ritmo simil-funk di Big Butt. La concretezza musicale è garantita dai magnifici fraseggi di D’Angelo (sax alto/clarone) e Joel Frahm (tenore/soprano). Un disco divertentissimo. - B.A.


MATT WILSON - THE OTHER SIDE OF ELLINGTON (1999)

MATT WILSON - ARTS AND CRAFTS (2001)

MATT WILSON - HUMIDITY (2003)

MATT WILSON - WAKE UP! (TO WHAT’S HAPPENING) (2003)

MATT WILSON - THAT’S GONNA LEAVE A MARK (2009)

STEVE WILSON - NEW YORK SUMMIT (1991)

STEVE WILSON - BLUES FOR MARCUS (1993)

STEVE WILSON - FOUR FOR TIME (1994)


PHIL WOODS - RIGHTS OF SWING (1960) FOREVER YOUNG

Woods ha diretto un gruppo di ampie dimensioni per una sua composizione piuttosto lunga (Rights Of Swing) in cui si ascoltano alcuni impasti pregevoli, dal chiaroscuro suggestivo, per sax baritono (Sahib Shihab), corno (Julius Watkins), tromba (Benny Bailey) e, naturalmente, lo svettante sax alto del leader. Fondamentalmente discepolo di Charlie Parker, Phil è un solista diretto, aggressivo, che esprime una carica emotiva intensa e sa dominare un complesso o un’orchestra grazie alla sua sonorità penetrante e al suo invidiabile senso della struttura. - E.I.J.


PHIL WOODS - ROUND TRIP (1969)

PHIL WOODS / MICHEL LEGRAND - IMAGES (1975)

Per cultori e collezionisti, la formula “sax e orchestra” contempla opzioni reciprocamente alternative: piace o no. Tra le storiche sedute di Charlie Parker per la Mercury (Charlie Parker With Strings) e gli exploit di Claus Ogerman con i campioni della fusion (Gate Of Dreams, Cityscape) si collocano due stupendi album* di Phil Woods registrati in circostanze occasionali occorse tra lo scioglimento dei Beatles e la pubblicazione di Katy Lied (indovinate chi suonava l’assolo su Doctor Wu …). Nelle intenzioni di Woods c’era il proposito di recuperare, riproporre, celebrare senza snobismo la melodia intesa come ode alla bellezza troppo spesso sacrificata sull’altare di mode effimere e inconcludenti. Le scalette intersecano i repertori di tre voci evidentemente care a Phil, immortalando sette versioni definitive di altrettanti evergreen: Frank Sinatra [Here’s That Rainy Day (No One Cares), This Is All I Ask (September Of My Years), The Summer Knows (Some Nice Things I’ve Missed)], Dusty Springfield [The Windmills Of Your Mind (Dusty In Memphis), How Can I Be Sure? (Love Songs)], Carpenters [A Song For You (A Song For You), We’ve Only Just Begun (Close To You)]. Composta da Woods, la stessa Round Trip è solo omonima dello standard di Ornette Coleman (New York Is Now!) appena inciso anche da Pat Metheny (Bright Size Life), mentre Love Song For A Dead Che è uno struggente motivo caraibico dedicato a Ernesto Guevara, il cui vile assassinio aveva suscitato impressione anche nel mondo del jazz. La band di virtuosi - Thad Jones, Jerry Dodgion, Herbie Hancock, Roland Hanna, Richard Davis, Grady Tate - condotta da Chris Swansen imperversa anche su alcune splendide pagine autografe di Phil arrangiate da Johnny Pate (Solitude, Flowers, Come Out With Me, Guess What). Con Michel Legrand responsabile della supervisione, brillantemente affiancato da un tandem propulsivo britannico (Kenny Clare, Ron Mathewson), la cernita dei brani per Images si tinge di pop, squadernando un poker di temi tratti da memorabili colonne sonore (The Thomas Crown Affair, Summer of ‘42) o siglati da autori prestigiosi (Leon Russell, Paul Williams). L’omonima suite conclusiva è una caleidoscopica rapsodia ad alto tasso tecnico-emotivo, in cui la maestria di Legrand nel cesellare le partiture si coniuga con l’impeto espressivo dei fraseggi di Woods. [P.S. - 1) Nel 1976 Images vinse un Grammy. 2) *Pochi anni dopo (1979/1984) Woods e Swansen replicheranno abbattendo gli esorbitanti costi della filarmonica di turno con l’impiego dei sintetizzatori per gli interessanti Crazy Horse e Piper At The Gates Of Dawn. 3) Ciascun titolo firmato da fuoriclasse disparati come Jimmy Van Heusen, Gordon Jenkins, Felix Cavaliere, Eddie Brigati etc.] - B.A.


PHIL WOODS - ALIVE AND WELL IN PARIS (1968) FOREVER YOUNG

PHIL WOODS - PHIL WOODS AND HIS EUROPEAN RHYTHM MACHINE (1970) FOREVER YOUNG

PHIL WOODS - AT THE MONTREUX JAZZ FESTIVAL (1969)

PHIL WOODS - AT THE FRANKFURT JAZZ FESTIVAL (1970)

PHIL WOODS - LIVE FROM MONTREUX (1972)

Non sappiamo cosa ci riservi il 2015, ma la stagione trascorsa ha alternato questioni irrisolte a dati incoraggianti: un esempio per tutti, la nociva (per le nostre tasche) permanenza in rete di Europa e Padania che stempera un pochino l’incontenibile gioia per l’interruzione delle rispettive tirature cartacee … due redazioni dismesse su decine di altre che ancora si abbuffano alle nostre spalle sono poca cosa, e tuttavia sognare non è proibito, nel senso che presto potrebbero chiudere anche altri carrozzoni finanziati con denaro pubblico (radio, quotidiani etc.) … perché, sia chiaro, se quei fondi li sprechiamo per mantenere servi di regime e fancazzisti vari, poi non resta un soldo per asili, parchi, ospedali, ma nemmeno per recuperare dal limbo e promuovere la musica di Phil Woods registrata in Europa dal 1968 al 1972. Disilluso dalle scarse opportunità di lavoro disponibili negli Stati Uniti, in cerca di nuovi stimoli il fuoriclasse americano si trasferisce a Parigi proprio alla vigilia del maggio francese, su invito di Jean-Pierre Binchet, editore di Jazz Magazine. Nel pieno della rivolta giovanile, Phil conosce Pierre Cardin, sarto appassionato di jazz che per il quartetto produrrà il secondo album in studio e il terzo dal vivo.
Alive And Well In Paris - La prima formazione della European Rhythm Machine comprende George Gruntz (pianoforte), Henri Texier (contrabbasso), Daniel Humair (batteria), questi unico membro stabile. Galvanizzato dalla nuova esperienza, Woods sublima in pura emozione le peculiari qualità del proprio stile: impeto vibrante, maestria ritmica, inventiva melodica, tecnica prodigiosa. I pezzi originali alternano il sentito trasporto per la dedica illustre [And When We Are Young (Dedicated To Bob Kennedy)] all’euforia per l’accoglienza ricevuta in Francia (Alive And Well). Il potenziale del collettivo si dispiega a pieno regime sui tre standard, storiche pagine di Eddie Harris (Freedom Jazz Dance), Oliver Nelson (Stolen Moments), Sonny Rollins (Doxy) che Woods riprenderà più volte nel corso degli anni: queste intense, rutilanti versioni si collocano al vertice della sua discografia.
Phil Woods And His European Rhythm Machine - Il prodigo mecenatismo di Pierre Cardin propizia il ritorno in sala d’incisione: Gordon Beck subentra alle tastiere, aumentando la tensione degli arrangiamenti col parziale impiego di piano elettrico e organo. Nonostante un breve passaggio quasi avanguardistico (A Look Back) e qualche squadratura metrica (Chromatic Banana, The Day When The World ...), lo svettante sax alto di Woods riconduce i passaggi più ortodossi (Ultimate Choice, The Last Page / Sans Melodie*) all’intima essenza dell’improvvisazione.
At The Montreux Jazz Festival / At The Frankfurt Jazz Festival / Live From Montreux - Con un paio di sostituzioni in corso d’opera - dopo l’avvicendamento Gruntz/Beck, al contrabbasso arriva Ron Mathewson, scozzese delle isole Shetland - il combo si esibirà in tutto il vecchio continente, raccogliendo una copiosa documentazione sonora della propria caratura artistica: tra titoli italiani storpiati (Capricci Cavaleschi), sfiancanti maratone strumentali (Ad Infinitum, The Executive Suite), splendide interpretazioni di classici d’autore (Riot, Joshua), l’ascoltatore ha ampia facoltà di cogliere la squisita cifra espressiva di un progetto che merita di essere riscoperto. [P.S. - *Nel 1974 Phil Woods rileggerà The Last Page con un altro quartetto, sul magnifico Musique Du Bois.] - B.A.


PHIL WOODS - MUSIQUE DU BOIS (1974) FOREVER YOUNG

PHIL WOODS - LIVE FROM THE SHOWBOAT (1976) FOREVER YOUNG


PHIL WOODS - SONG FOR SISYPHUS (1977) FOREVER YOUNG

Luglio 2008, ore 23.50, Riccardo Mei in viaggio verso Roma, d’impulso al cellulare, mentre in auto il lettore CD suona Song For Sisyphus: «... da allora non si è progredito di una spanna ...». - B.A.


PHIL WOODS - I REMEMBER ... (1978)

PHIL WOODS - ‘MORE’ LIVE (1979)

PHIL WOODS / CHRIS SWANSEN - CRAZY HORSE (1979)

PHIL WOODS - EUROPEAN TOUR LIVE (1980) FOREVER YOUNG

PHIL WOODS / LEW TABACKIN - PHIL WOODS / LEW TABACKIN (1980)

PHIL WOODS / TOMMY FLANAGAN / RED MITCHELL - THREE FOR ALL (1981)


PHIL WOODS - BIRDS OF A FEATHER (1982) FOREVER YOUNG

All’indomani del magnifico Song For Sisyphus, appena congedato il chitarrista Harry Leahey e ancora in attesa dell’arrivo di Tom Harrell, il gruppo stabile di Phil Woods si ridimensiona a quartetto acustico, insediandosi definitivamente al vertice della categoria. L’intesa tra il sassofonista e la sezione ritmica [Hal Galper (pianoforte), Steve Gilmore (contrabbasso), Bill Goodwin (batteria)] rasenta la telepatia, consacrando una vicenda umana e artistica ormai entrata nella storia del jazz. Incredibilmente privo di contratto discografico, nel 1981 Woods ottiene fiducia dalla Antilles, sussidiaria della Island che vanta in catalogo anche capolavori di Steve Khan (Eyewitness; Casa Loco) e Ben Sidran (Old Songs For The New Depression; Bop City). Nemmeno a dirlo, anche Birds Of A Feather è un album superlativo. Se la spumeggiante esuberanza del combo risalta sui tempi più dinamici (Star Eyes, Petite Chanson, Summer Night, Nica’s Dream), la caratura del prodigioso sax alto emerge sulla passionale interpretazione di My Old Flame. Nostra personalissima preferenza: Goodbye Mr. Evans, struggente epitaffio scritto da Woods per il grande pianista appena scomparso - Bill Evans - inciso dall’autore anche in trio con Tommy Flanagan e Red Mitchell (Three For All) e col mago dei sintetizzatori Chris Swansen (Piper At The Gates Of Dawn). - B.A.


PHIL WOODS / CHRIS SWANSEN - PIPER AT THE GATES OF DAWN (1984)

PHIL WOODS - HEAVEN (1984)


PHIL WOODS - INTEGRITY (1984) FOREVER YOUNG

Mai titolo fu più calzante. L’incredibile resurrezione di Phil Woods, iniziata verso la fine degli anni '70, è frutto di una serie di sbalorditive incisioni live e in studio, pazientemente accumulate una dopo l’altra, caratterizzate da un’ammirevole integrità stilistica (un gruppo acustico opposto all’offensiva fusion) e da una sapiente scelta del repertorio. Piuttosto che riciclare fino alla nausea i soliti abusatissimi standard, Woods si è creato un ‘songbook’ personale, fatto di composizioni poco conosciute ma splendide, selezionate con cura e buon gusto, prese a prestito da grandi jazz-men: Neal Hefti, Bud Powell, Sam Rivers, Wayne Shorter, Charlie Mariano, Randy Weston, Tom Garvin, Duke Ellington (altrove Phil ha attinto anche ai cataloghi di Oliver Nelson, Joe Henderson, Dave Brubeck, Miles Davis etc.). In queste registrazioni, effettuate durante il tour italiano del 1984, il quintetto, ormai meritevole dell’appellativo “storico”, affronta con stupefacente coesione il materiale, elaborando la sofisticata musicalità dei temi con un’indefessa energia espressiva: la guizzante Repetition di Hefti, Blue Walls, Mitch, Little Niles, l’elegante 222 di Rivers, Azure di Ellington e la classica Infant Eyes di Wayne Shorter vengono dilatate da assoli intensi e coerenti. La frenesia bop di Webb City risveglia l’indole parkeriana di Phil, ribadendo l’assoluta superiorità dell’altoista nei confronti dei numerosi pretendenti alla successione di Bird. Woods poteva contare su due preziose risorse: una sezione ritmica che già nel 1984 aveva alle spalle un rodaggio pluriennale (Hal Galper; Steve Gilmore; Bill Goodwin) e un virtuoso della tromba che, più avanti, si sarebbe rivelato anche autore dal talento straordinario (Tom Harrell). Doppio CD. - B.A.


PHIL WOODS - GRATITUDE (1986) FOREVER YOUNG


PHIL WOODS - EVOLUTION (1988) FOREVER YOUNG

[…] as the greatest living alto player he’s got nothing to prove […] - Donald Fagen

Se un personaggio come Donald Fagen si scomoda per recensire un disco, è il caso di prestare attenzione. Il genio degli Steely Dan aveva già scritto qualche riga per l’amico Steve Khan (Arrows), in piena ‘aurea aetas’ del fenomeno fusion. Dieci anni dopo, in veste di semplice ammiratore, quasi a ricambiare lo storico assolo del sassofonista su Doctor Wu (Katy Lied), Donald celebra l’arte incontaminata di Phil Woods firmando le note di copertina per Evolution: la sua prosa vivida, colorita, ricca di ricordi personali e osservazioni brillanti, procura un piacere non meno intenso della musica in esame, pure straordinaria. Aumentando il quintetto stabile a otto elementi con l’ingaggio di Hal Crook (trombone), Nick Brignola (baritono) e Nelson Hill (tenore), Woods guadagna in varietà cromatica senza perdere in compattezza: in questo senso, l’arrangiamento di Hal Mallet illustra la ricchezza delle sfumature a disposizione. Alvin G. (dedicata al compianto Al Cohn), Black Flag e Rain Go Away ribadiscono l’abilità di Phil nel concepire melodie armonicamente complesse, eppure sempre cantabili. Miles Ahead, il capolavoro di Miles Davis e Gil Evans tratto dall’album omonimo, fa da tramite per la meravigliosa “composizione istantanea” di Tom Harrell, un’autentica poesia improvvisata al flicorno. La galleria di campioni del jazz prosegue con un commosso ritratto di Thad Jones dipinto sul pentagramma da Jerry Dodgion: Thaddeus si ispira allo stile sofisticato e solenne dell’indimenticabile direttore d’orchestra. Introdotta da un’elegante prefazione in trio, cui succede la serrata polifonia del tema, Which Way Is Uptown? mette in mostra le doti di ciascun solista. Song For Sisyphus era la title-track di uno splendido Long Playing inciso per la Gryphon, che Woods riarrangia affidandone il motivo conduttore al cavernoso timbro di Brignola (di quest’ultimo si raccomandano caldamente i CD su etichetta Reservoir). Indispensabile. - B.A.


PHIL WOODS - HERES TO MY LADY (1988)

PHIL WOODS - FLASH (1990) FOREVER YOUNG

PHIL WOODS - REAL LIFE (1991)

PHIL WOODS - DAMERONIA (2000)

PHIL WOODS - THE SOLO ALBUM (2000)

PHIL WOODS - WOODS PLAYS WOODS (2000)

PHIL WOODS - WOODS PLAYS DANDREA (2000)

PHIL WOODS - AMERICAN SONGBOOK (2006)

PHIL WOODS / BILL MAYS - WOODS & MAYS (2010)

WORLD SAXOPHONE QUARTET - POINT OF NO RETURN (1977)

WORLD SAXOPHONE QUARTET - STEPPIN’ WITH THE WORLD SAXOPHONE QUARTET (1978)

WORLD SAXOPHONE QUARTET - W.S.Q. (1980)

WORLD SAXOPHONE QUARTET - REVUE (1980)

WORLD SAXOPHONE QUARTET - LIVE IN ZURICH (1981)

WORLD SAXOPHONE QUARTET - LIVE AT BROOKLYN ACADEMY OF MUSIC (1985)

WORLD SAXOPHONE QUARTET - WORLD SAXOPHONE QUARTET PLAYS THE MUSIC OF DUKE ELLINGTON (1986)

WORLD SAXOPHONE QUARTET - DANCES AND BALLADS (1987)

WORLD SAXOPHONE QUARTET - REQUIEM FOR JULIUS (1999)

WORLD SAXOPHONE QUARTET - STEPPENWOLF (2002)

FRANK WRIGHT - FRANK WRIGHT TRIO (1965)

LARRY YOUNG - INTO SOMETHIN(1964)


LARRY YOUNG - UNITY (1965) FOREVER YOUNG

Oscurato in vita dall’ingombrante reputazione di Jimmy Smith e dal look giovanile di Baby Face Willette, entrambi suoi coevi, Larry Young rimane il più lucido, radicale innovatore dell’organo elettrico. Egli applicò le intuizioni di Coltrane (Giant Steps) alla tastiera del B3, cambiando per sempre l’immagine edulcorata dello strumento e passando il testimone, di lì a poco, agli avanguardisti del progressive europeo. Per giudizio unanime di tutti gli estimatori, Unity è il suo capolavoro. Membro stabile della scuderia Blue Note, Joe Henderson (sax tenore) divide la sezione fiati con un imberbe Woody Shaw (tromba), mentre Elvin Jones (batteria) si incarica di fornire la spinta ritmica con la consueta energia. L’antitesi tra il fraseggio ruminante di Henderson e gli spericolati acuti di Shaw trova un punto di equilibrio nelle ingegnose, meditabonde improvvisazioni di Young: in esse si avverte chiaramente l’influenza esercitata su artisti come Peter Robinson, Vincent Crane, Keith Emerson, Rick Wakeman, Dave Stewart. A soli venti anni Shaw dimostra già la stoffa del fuoriclasse e le sue composizioni sono tanto brillanti quanto diverse l’una dall’altra: a) Zoltan si apre con una citazione dalla Hary Janos Suite di Kodaly, per poi lanciare i solisti lungo l’impervia corsia del modo “Lidio”; b) aderente all’ecumenismo cosmico del personaggio cui è dedicata, The Moontrane darà il titolo all’album più famoso del trombettista; c) irta di ostacoli tecnici, una volta esposta la melodia di Beyond All Limits concede, paradossalmente, grande libertà espressiva al quartetto. Alterando la struttura del blues con l’innesto di avanzate soluzioni armoniche, Henderson firma If, splendido tema che egli stesso riprenderà in un suo disco per la Milestone (The Kicker). Sulla geniale asimmetria ritmica di Monk’s Dream, Young e Jones edificano una delle più belle interpretazioni del classico di Thelonius Monk: in un confronto di rara finezza dialogica, la batteria sprona incessantemente l’organo senza mai prevaricarlo. Softly, As In A Morning Sunrise è lo standard di rito, ideale per un tonificante sfogo collettivo sulle note del musical di Sigmund Romberg e Oscar Hammerstein II (The New Moon). Un CD meraviglioso. - B.A.


DENNY ZEITLIN - CATHEXIS (1964)

DENNY ZEITLIN - CARNIVAL (1964)

DENNY ZEITLIN - LIVE AT THE TRIDENT (1965)

DENNY ZEITLIN - ZEITGEIST (1967)

ATTILA ZOLLER - COMMON CAUSE (1979)

JOHN ZORN / TIM BERNE - SPY VS. SPY: THE MUSIC OF ORNETTE COLEMAN (1988)

 

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