JAZZ
DAVE SANTORO - STANDARDS BAND (1999) DAVE SANTORO - STANDARDS BAND II (2000) DIETER SCHERF - INSIDE-OUTSIDE REFLECTIONS (1974) GIANCARLO SCHIAFFINI - ABOUT MONK (1992) Anche più dello stesso From G To G di Gianluigi Trovesi (cinque stelle su Down Beat) o dellacclamato Urban Shout dei Nexus, entrambi presenti a queste sedute, About Monk di Giancarlo Schiaffini è uno dei capolavori del moderno jazz italiano e, dunque, mondiale. Nel 1992 la benemerita Pentaflowers offre a Schiaffini - dottore in biofisica, esperto gourmet, apprezzato virtuoso del trombone, nonché collaboratore di maestri dellavanguardia come John Cage e Luigi Nono - loccasione per incidere uno dei suoi rari, preziosi album da titolare. Detto fatto, egli recluta una formazione impressionante, sistemando la rinomata coppia Tiziano Tononi (batteria) e Daniele Cavallanti (sax tenore) accanto a solisti prestigiosi come lo stesso Gianluigi Trovesi (sax alto, clarinetti), Eugenio Colombo (sax soprano, flauto), Rudy Migliardi (tuba), Pasquale Innarella (corno francese), Piero Leveratto (contrabbasso), Fulvio Maras (percussioni). Lassemblaggio delle voci strumentali denota gusto e sagacia in egual misura. Il riferimento a Thelonius Monk mira a evocare lo spirito del grande pianista, più che a interpretarne le composizioni, in effetti tutte firmate da Schiaffini. E tuttavia, leggendo fra le righe, almeno a nostro parere viene fuori che dietro Per Nulla Chiaro potrebbe esserci il tema sghembo di Misterioso, mentre senza dubbio Round Twilight, Mercoledì 17, Ottusangoli e NDK (Nica De Koenigwarter) citano, rispettivamente, Round Midnight, Friday The 13th, Brilliant Corners e Pannonica. Lasciamo allascoltatore il piacere di scoprire altri indizi più o meno occulti. Con improvvisatori di questo calibro tutti gli assoli, inevitabilmente, sono degni di nota. In particolare, segnaliamo la fuga di Trovesi sul tempo in 4/4 di Potenza dellAnacoluto (sax) e il suo fraseggio dal retrogusto levantino su Blookan (clarinetto), il virile impeto di Cavallanti su Ottusangoli, la dolente processione polifonica di Interballad, gli effetti sonori in stile giungla di Indigo Owl e Trocheo Reale. Ovunque, gli impeccabili interventi e la salda direzione di Schiaffini mantengono costantemente alto il livello dellattenzione. - B.A. GIANCARLO SCHIAFFINI / PETER FRAIZE TRIO - DECONSTRUCTION! (2000) LOUIS SCLAVIS / DOMINIQUE PIFARÉLY - ACOUSTIC QUARTET (1993) JOHN SCOFIELD - JOHN SCOFIELD (EAST MEETS WEST) (1977) JOHN SCOFIELD - ROUGH HOUSE (1978) SOLAL / SCOFIELD / KONITZ / ØRSTED PEDERSEN - FOUR KEYS (1979) JOHN SCOFIELD - BAR TALK (1980) JOHN SCOFIELD - OUT LIKE A LIGHT (1981) JOHN SCOFIELD - SHINOLA (1981) JOHN SCOFIELD - TIME ON MY HANDS (1989) JOHN SCOFIELD - MEANT TO BE (1990) JOHN SCOFIELD - WHAT WE DO (1992) Roba seria. Gente con le palle. Niente
trucchi. Musica di sostanza. E, in una discografia di
valore assoluto, i due album più belli di John Scofield.
Nel corso degli anni, il quartetto senza piano diventerà
un tramite ideale per il linguaggio fluido e
imprevedibile del nostro, intento a dialogare, di volta
in volta, con un sax (Joe
Henderson*, Chris Potter,
Michael Brecker§)
o unaltra chitarra [Bill Frisell (Grace
Under Pressure), Pat
Metheny (I Can See Your
House From Here). JOHN SCOFIELD - GRACE UNDER PRESSURE (1991) JOHN SCOFIELD - HAND JIVE (1993) JOHN SCOFIELD & PAT METHENY - I CAN SEE YOUR HOUSE FROM HERE (1993) Dispiace ricordarlo, ma anche la critica più autorevole liquidò con sufficienza limpresa discografica del 1994, archiviandola sbrigativamente nella pattumiera delle occasioni mancate. In realtà, il clamoroso summit tra Pat Metheny e John Scofield, al di là di un ovvio valore simbolico, produsse ragguardevoli, duraturi, sostanziosi contenuti musicali. Grazie allaccorta regia di Lee Townsend, il progetto parte subito bene, con la sezione ritmica affidata a Steve Swallow (basso) e Bill Stewart (batteria), la stessa coppia che Scofield impiegherà sullo splendido EnRoute. Linterplay tra solisti e accompagnatori è sublime: laggressivo stile blues-bop-funk di Scofield ispira I Can See Your House From Here, Everybodys Party e One Way To Be, legandosi spontaneamente allimpareggiabile senso melodico di Metheny su Message To My Friend e Say The Brothers Name, due ballad degne della sua stagione ECM. Entrambi i leader alternano i rispettivi strumenti elettrici (Ibanez AS200; Gibson ES-175; Roland GR300) alle chitarre acustiche, tingendo gli arrangiamenti di innumerevoli nuance sonore. A conferma di un istintivo temperamento di improvvisatori, Pat e John si esaltano luno nei pezzi dellaltro: Metheny su No Matter What e No Way Jose, Scofield su S.C.O. e Quiet Rising. Apponendo il proprio sigillo allevento, la Blue Note continua a scrivere la storia del jazz. - B.A. JOHN SCOFIELD - GROOVE ELATION! (1995) JOHN SCOFIELD - QUIET (1996) JOHN SCOFIELD - A GO GO (1998) Poter raccontare ai figli di aver suonato con Miles Davis. Aver contribuito alla resurrezione artistica e al rilancio commerciale della Blue Note. Esibire un catalogo che annovera gioielli come Still Warm, Time On My Hands, Meant To Be, Grace Under Pressure, What We Do, I Can See Your House From Here, EnRoute. Appartenere al corpo dèlite che salvò il mondo dagli anni Ottanta (Pat Metheny, John Abercrombie, Ralph Towner, Steve Khan, Joe Lovano, Bennie Wallace, Jerry Bergonzi). Per John Scofield non era ancora abbastanza. E dunque, appena trasferito alla Verve, dopo linteressante Quiet, il chitarrista registra un altro disco memorabile. La scelta dellorganico si rivela ispirata e decisiva, eppure chi cavolo sono Medeski, Martin & Wood? Scofield aveva sentito parlare di un dinamico trio che, proponendo un pot-pourri strumentale di jazz, funk e rhythm n blues, stava spopolando nei campus universitari: lidea di una collaborazione si concretizza sotto laccorta regia di Lee Townsend. Sintonizzati telepaticamente grazie alle comuni radici stilistiche, il veterano fusion e i tre giovani improvvisatori creano una musica che fa scintille dappertutto: impianto a valvole, cuffia hi-fi, autoradio esoterica, party fichetto. I fraseggi di Scofield e Medeski affiorano dal denso amalgama tra sezione ritmica [Martin (batteria); Wood (basso elettrico, contrabbasso)] e splendidi suoni vintage (semi-acustica Ibanez, piano Wurlitzer, organo Hammond), per poi inabissarsi ancora nel vortice gorgogliante del groove. Tra titoli inequivocabili come A Go Go, Chank, Boozer, Southern Pacific, Hottentot, Chicken Dog, Jeep On 35 cè solo limbarazzo della scelta. Straordinaria la dedica a Stanley Kubrick (Kubrick): due minuti di pura atmosfera che ai cinefili ricorderanno, secondo le rispettive sensibilità, la brama perversa di Humbert Humbert (Lolita), la rieducazione coatta di Alex DeLarge (A Clockwork Orange), la lenta agonia di HAL 9000 (2001: A Space Odyssey), il cruento delirio di Gomer Pyle/Palla di Lardo (Full Metal Jacket). Raccomandabile anche il secondo capitolo (Out Louder), pubblicato dallo stesso quartetto nel 2006. - B.A. JOHN SCOFIELD - BUMP (2000) JOHN SCOFIELD - WORKS FOR ME (2001) JOHN SCOFIELD - ÜBERJAM (2002) JOHN SCOFIELD - UP ALL NIGHT (2003) JOHN SCOFIELD - EnROUTE (2003) SCOFIELD / LOVANO / HOLLAND / FOSTER - OH! (2003) SCOFIELD, MEDESKI, MARTIN & WOOD - OUT LOUDER (2006) JOHN SCOFIELD - THIS MEETS THAT (2007) JOHN SCOFIELD / VINCE MENDOZA - 54 (2010) JOHN SCOFIELD - A MOMENTS PEACE (2011) JOHN SCOFIELD - ÜBERJAM DEUX (2013) SCOFIELD, MEDESKI, MARTIN & WOOD - JUICE (2014) JOHN SCOFIELD - PAST PRESENT (2015) JOHN SCOFIELD - COUNTRY FOR OLD MEN (2016) SCOFIELD / DeJOHNETTE / MEDESKI / GRENADIER - HUDSON (2017) JOHN SCOFIELD - COMBO 66 (2018) JOHN SCOFIELD - SWALLOW TALES (2020) BUD SHANK - THE BUD SHANK QUARTET (1956) BUD SHANK - BUD SHANK QUARTET FEATURING CLAUDE WILLIAMSON (1956) BUD SHANK - BUD SHANK PLAYS TENOR (1957) BUD SHANK / BILL PERKINS - BUD SHANK / BILL PERKINS (1955/1958) BUD SHANK - NEW GROOVE (1961) BUD SHANK - THE PACIFIC JAZZ BUD SHANK STUDIO SESSIONS (1956-61) WOODY SHAW - BLACKSTONE LEGACY (1970) WOODY SHAW - SONG OF SONGS (1972) WOODY SHAW - THE MOONTRANE (1974) Pepper Adams, Al Cohn, Phil Woods, Mark Murphy: sono solo alcuni dei fuoriclasse che, rimasti in braghe di tela negli anni '70 ed emarginati dallavvento del rock, continuarono a registrare la propria musica grazie alletichetta indipendente di Joe Fields. In particolare, sotto le benemerite insegne della Muse, Woody Shaw compilò il suo manifesto estetico, intitolato a una composizione - tra le più belle della storia del jazz - che il trombettista aveva inciso per la prima volta insieme a Larry Young nel 1965 (Unity). Adottando una formula strumentale prediletta ed efficiente (tromba, trombone, sax tenore/soprano, sezione ritmica, percussioni), Shaw ripropone il meraviglioso tema di The Moontrane valorizzandone le sontuose armonie in un sublime amalgama di ricercatezza e comunicativa. Assistito da improvvisatori del calibro di Azar Lawrence e Steve Turre, con Onaje Allan Gumbs al pianoforte (acustico/elettrico), Victor Lewis alla batteria, Guilherme Franco alle rifiniture e Cecil McBee o Buster Williams che si alternano al contrabbasso, il leader cavalca gli arrangiamenti con gagliarda autorevolezza, sparando raffiche di assoli al fulmicotone e issando lidioma hard-bop al suo stadio evolutivo più avanzato. Ciascun membro della prima linea partecipa alla scaletta con una propria composizione: gli aromi latini di Sanyas (Turre), la foga strumentale di Tapscotts Blues (Lawrence), il fascino onirico di Are They Only Dreams? (Gumbs). Woody torna protagonista con la splendida melodia di Katrina Ballerina, di cui offrirà una versione più sofisticata (e migliore) sul magnifico United. Lalbum fu dapprima ristampato su CD dalla 32 Jazz, per poi essere incluso nel prezioso cofanetto Mosaic The Complete Muse Sessions. - B.A. WOODY SHAW - LITTLE REDS FANTASY (1976) WOODY SHAW / ANTHONY BRAXTON - THE IRON MEN (1977) Due integerrimi fuoriclasse degli anni Settanta si alleano per tributare un omaggio (sottinteso) a Eric Dolphy, comune modello di riferimento. Linfluenza esercitata del fiatista californiano su entrambi consiste, rispettivamente, nellingaggio di Woody Shaw per le sedute prodotte da Alan Douglas nel 1963 (Conversations; Iron Man), e nel debito espressivo contratto da Anthony Braxton verso quel tipico fraseggio parlato. A capo di un superlativo sestetto che annovera Arthur Blythe (sax alto), Muhal Richard Abrams (pianoforte), Cecil McBee (contrabbasso), Joe Chambers e Victor Lewis (batteria), Shaw e Braxton celebrano i fasti della più creativa stagione del jazz col diligente recupero di Iron Man e Jittergbug Waltz dai suddetti album: le acrobazie dello sfortunato trombettista e gli assoli dellintellettuale afro-americano squassano la disciplina degli arrangiamenti, mantenendone lo sviluppo in bilico tra isteria e controllo. Laltra interpretazione di rilevo è Symmetry, intricata partitura ripresa da uno dei capolavori Blue Note di Andrew Hill (Andrew!!!), in cui Abrams plasma il proprio intervento ispirandosi allo spigoloso stile dellautore. - B.A. WOODY SHAW - LIVE VOLUME ONE / TWO / THREE / FOUR (1977) WOODY SHAW - THE
COMPLETE CBS STUDIO WOODY SHAW - WOODY III (1979) WOODY SHAW - FOR SURE! (1979/1980) WOODY SHAW - UNITED (1981) Come racconta Michael Cuscuna, curatore delle ristampe Blue Note, guru della Mosaic, responsabile editoriale di questo prezioso cofanetto ed estensore dellaustero booklet incluso, Woody Shaw raggiunse la maturità artistica nel momento sbagliato. Alla fine degli anni Settanta, infatti, il jazz era ormai ridotto a un organismo in putrefazione e se oggi la sacra fiamma arde ancora lo dobbiamo a incorruttibili templari come Phil Woods e Woody Shaw. Deciso a non salire sul traballante carrozzone fusion, ma non abbastanza fortunato da incidere per la ECM, Shaw strappò un contratto alla CBS grazie a una raccomandazione del produttore Bruce Lundvall. Lo scarso interesse delletichetta per quellinvestimento esiguo consentì a Woody unampia libertà espressiva. Da creativo autentico, egli seppe trarre profitto anche dai pochi soldi disponibili, organizzando prima folti organici strumentali per gli ambiziosi Rosewood, Woody III e For Sure!, poi un superlativo quintetto/sestetto di virtuosi per lo splendido United. Il suo linguaggio armonicamente evoluto, stilisticamente moderno e tecnicamente complesso era il risultato di un duro tirocinio alla corte di maestri come Eric Dolphy (Iron Man), Horace Silver (The Cape Verdean Blues) e Larry Young (Unity). Una sezione fiati a nove voci viene impiegata per elaborare gli arrangiamenti di The Legend Of Cheops, Rosewood e Sunshowers (Rosewood): lungo gli spaziosi corridoi del pentagramma si susseguono le spericolate fughe del leader rincorso da Joe Henderson (tenore) e Carter Jefferson (soprano). Le due ballad propongono letture assai diverse della medesima formula musicale: luso del piano elettrico su Everytime I See You è chiaramente ispirato al sound della scuola CTI, allora in auge; allopposto, una sobria dimensione acustica esalta il profilo melodico di Theme For Maxine. Spinta ad alta velocità dalla batteria di Victor Lewis, Rahsaans Run è una sentita dedica a Roland Kirk che verrà ripresa più volte dal leader, sia dal vivo che in studio: superbi gli interventi del trombettista e degli altri solisti. Lambiziosa suite in tre movimenti di Woody III celebra lenergia vitale della famiglia, rappresentata in copertina da altrettante generazioni di Shaw (patriarca, figlio, nipote). Laspro sax alto di James Spaulding balena lungo le iridescenti polifonie della trilogia, per poi lottare a colpi di assoli sullaffollato ring di To Kill A Brick. La splendida esecuzione in quartetto di Organ Grinder, scritta in memoria del compianto Larry Young, è contraddistinta da un ambiguo riff esposto allunisono dal contrabbasso (Buster Williams) e dalle note gravi del pianoforte (George Cables). Più disorganico a causa delle ridondanti parti cantate da Judi Singh (Time Is Right; Why) For Sure! trova i suoi momenti migliori nel clima amazzonico di Isabel The Liberator e nel raffinato mainstream di Ginseng People e OPEC. Alla fine del 1979 era entrato in formazione il formidabile Stafford James (contrabbasso) che, insieme al giovane Tony Reedus (batteria) e al fenomeno Mulgrew Miller (piano), formerà larchitrave ritmico di United e, lanno dopo, delleccellente Lotus Flower (Enja). Linedita front-line a due ottoni si giova della vulcanica inventiva di Steve Turre (trombone). Le doti del combo brillano soprattutto su quattro episodi: un geniale tema di Wayne Shorter (United) risalente alla militanza dellautore nei Jazz Messengers, un astratto collage metrico (Pressing The Issue) firmato da Miller, un incantevole valzer (Katrina Ballerina) già inciso da Woody sul classico The Moontrane, unelegante variazione sullimmortale partitura di On Green Dolphin Street (The Greene Street Caper), in cui la sordina evoca lo spirito di Miles Davis. Gli ultimi anni di Shaw saranno segnati da eventi drammatici, culminanti nel tragico incidente che lo porterà alla morte. Per chi avrà la gioia di ascoltarla, rimane la sua tromba. Non è poco. - B.A. WOODY SHAW - LOTUS FLOWER (1982) WOODY SHAW - TIME IS RIGHT (1983) Quando londata elettrica degli anni '70 travolse anche il jazz, il quintetto di Woody Shaw (insieme alla band di Phil Woods) tenne alto il vessillo del suono acustico con alcuni album che accanto a un'avanzatissima concezione musicale conservavano unimmacolata integrità artistica. Nel gruppo militavano i più creativi stilisti afro-americani del momento: la futura superstar del piano Mulgrew Miller, Steve Turre al trombone, Tony Reedus alla batteria, e uno dei più grandi contrabbassisti moderni, Stafford James. Questa eccellente registrazione live offre lo spunto per andare a riscoprire anche gli altri gioielli discografici di una splendida e sottovalutata formazione. - B.A. WOODY SHAW / TONE JANA - WOODY SHAW WITH TONE JANA QUARTET (1985) WOODY SHAW / TONE JANA - Dr. CHI (1986) A volte capita di scovare dischi che dietro una confezione anonima celano autentici tesori musicali. È il caso di questa gemma del catalogo Timeless: il titolare è Woody Shaw, ma autore e arrangiatore di tutto il materiale è il sassofonista Tone Jana, leader del formidabile quartetto europeo che affianca il trombettista americano: Renato Chicco (piano), Peter Herbert (contrabbasso) e Dragan Gajic (batteria), sensibile interprete di una scansione ritmica costruita sui piatti. Il primo indizio incoraggiante è lassenza di standard, espediente tipico della blowin session frettolosa. I brani originali di Jana offrono perlopiù brevi spunti tematici, semplici tracce modali finalizzate a creare un percorso ciclico per le fughe dei solisti: dotato di una sonorità che alterna limpidezza e raucedine, capace di un fraseggio torrenziale, a tratti grufolante, Jana è un autentico tornado al tenore e al soprano. Di Shaw sappiamo già tutto. Aggiungiamo solo che questo album è al livello dei suoi capolavori CBS degli anni Settanta. - B.A. Lo stesso discorso vale per leccellente Dr. Chi, inciso lanno dopo in Jugoslavia. Alexander Deutsch sostituisce Dragan Gajic alla batteria. - B.A. WOODY SHAW - THE COMPLETE MUSE SESSIONS (1965/1987) WAYNE SHORTER - INTRODUCING WAYNE SHORTER (1959) WAYNE SHORTER - SECOND GENESIS (1960) WAYNE SHORTER - WAYNING MOMENTS (1962) WAYNE SHORTER - NIGHTDREAMER (1964) WAYNE SHORTER - SPEAK NO EVIL (1964) Ancor prima di fondare i Weather Report, Wayne Shorter era già stato discepolo di Art Blakey, delfino di Miles Davis e titolare di una corposa, straordinaria discografia personale. In effetti, i suoi temi di bellezza metafisica e il caratteristico fraseggio ancheggiante del suo tenore - cardini estetici dei Jazz Messengers e del più evoluto combo acustico di Davis - si svilupparono proprio negli album incisi per la Blue Note. Non è dato sapere se e quanto Miles ascoltò questa musica, ma le intuizioni presenti su Speak No Evil diverranno componenti essenziali di capolavori come E.S.P., Miles Smiles e Nefertiti. Se da un lato Herbie Hancock, Ron Carter e lo stesso sassofonista anticipano la genesi del quintetto per eccellenza, dallaltro Freddie Hubbard si cala con disinvoltura nel ruolo che di lì a poco verrà requisito dal divino, mentre Elvin Jones ripristina laffannoso battito cardiaco delle sedute coltraniane. Protetti da quei numi tutelari (Davis/Coltrane), i solisti elaborano le suggestive melodie di Shorter ispirate a fiabe, leggende e arti occulte: Witch Hunt, incalzante caccia alle streghe condotta in un susseguirsi di inquietudine e frenesia; Dance Cadaverous, che a dispetto del titolo macabro mette in scena un fascinoso valzer carico di lirismo; Fee-Fi-Fo-Fum, col piano di Hancock intriso di funk e la pirotecnica tromba di Hubbard memore delle collaborazioni con Ornette Coleman (Free Jazz), Oliver Nelson (The Blues And The Abstract Truth) ed Eric Dolphy (Out To Lunch!); Speak No Evil, ossessivo riff modale che scatena una gara di improvvisazione tra i membri della prima linea (Shorter, Hubbard, Hancock); Infant Eyes, eterea ballad da tarda notte, di cui Steve Khan arrangiò una magistrale versione per chitarra (Evidence); Wild Flower, acquerello floreale in 6/4, dipinto accentuando il contrasto tra le tinte accese dei fiati e le morbide pennellate della batteria. Ignota lidentità della donna orientale ritratta in copertina (in assenza di dati certi, preferiamo non congetturare). - B.A. WAYNE SHORTER - THE SOOTHSAYER (1965) WAYNE SHORTER - ET CETERA (1965) WAYNE SHORTER - THE ALL SEEING EYE (1965) WAYNE SHORTER - ADAMS APPLE (1966) WAYNE SHORTER - SCHIZOPHRENIA (1967) WAYNE SHORTER - FOOTPRINTS LIVE! (2002) HORACE SILVER - HORACE SILVER & THE JAZZ MESSENGERS (1954) HORACE SILVER - SIX PIECES OF SILVER (1956) HORACE SILVER - FINGER POPPIN (1958) HORACE SILVER - BLOWIN THE BLUES AWAY (1959) HORACE SILVER - HORACE-SCOPE (1960) HORACE SILVER - SONG FOR MY FATHER (1964) HORACE SILVER - THE CAPE VERDEAN BLUES (1965) HORACE SILVER - IN PURSUIT OF THE 27th MAN (1972) HORACE SILVER - SILVER N BRASS (1975) HORACE SILVER - SILVER N WOOD (1976) HORACE SILVER - SILVER N PERCUSSION (1976) ZOOT SIMS - DOWN HOME (1960) ZOOT SIMS - ZOOT AT EASE (1973) ZOOT SIMS - ZOOT SIMS PARTY (1974) SIX SAX - HOMENAJE STEVE SLAGLE - OUR SOUND! (1995) JIMMY SMITH - HOUSE PARTY (1957) JIMMY SMITH - THE SERMON! (1958) JIMMY SMITH - MIDNIGHT SPECIAL (1960) JOHNNY SMITH - MOONLIGHT IN VERMONT (1953) MARVIN SMITTY SMITH - KEEPER OF THE DRUMS (1987) MARVIN SMITTY SMITH - THE ROAD LESS TRAVELED (1989) Modello di riferimento è il miglior Art Blakey, quello che registrò per Blue Note e Riverside (Buhainas Delight, Mosaic, Caravan, Free For All, Indesctructible), ma anche quello della maturità artistica trascorsa in Europa (Album Of The Year). Rispetto allinarrivabile archetipo, Marvin Smitty Smith si giova dei progressi hi-fi garantiti dalla Concord e adotta una sezione fiati a quattro voci invece che a tre, affidate su entrambe le session ai fuoriclasse Wallace Roney (tromba), Robin Eubanks (trombone), Steve Coleman (sax alto), Ralph Moore (sax tenore). La ricetta è semplice ma sempre appetitosa: jazz ad alto tasso calorico, spunti melodici concisi ma efficaci, fraseggi degni dei maestri a cui si ispirano i vari solisti, pari attenzione per forma e sostanza. I momenti più eccitanti sono quelli in cui limmane potenza della batteria alimenta gli unisoni di ance e ottoni (Just Have Fun, The Creeper, Miss Ann, The Neighborhood, Concerto In B.G.), creando un colossale volume sonoro e una travolgente forza cinetica. In effetti, il contrassegno stilistico di Smith consiste proprio nel coniugare la finezza dello swing con lenergia del rock. Lo stupendo arrangiamento di Gothic 17, memorabile pagina post-progressive di Bill Bruford (Gradually Going Tornado), dimostra unapertura mentale non comune, confermando il valore assoluto del grande batterista inglese e il gusto sopraffino del collega americano: il nitore della tromba di Roney esalta la bellezza del tema. Tra un album e laltro cambia solo il reparto propulsivo e, accanto a Smitty, si avvicendano Lonnie Plaxico e Robert Hurst (contrabbasso), Mulgrew Miller e James Williams (pianoforte): come è evidente, tra le due formazioni cè solo limbarazzo della scelta. [P.S. - Su The Road Less Traveled è presente anche il percussionista Kenyatte Abdur-Rahman.] - B.A. TOMMY SMITH - BLUE SMITH (2000) PAUL SMOKER TRIO / ANTHONY BRAXTON - QB (1984) GARY SMULYAN - THE LURE OF BEAUTY (1990) GARY SMULYAN - HOMAGE (1991) GARY SMULYAN - SAXOPHONE MOSAIC (1993) GARY SMULYAN - BLUE SUITE (1999) GARY SMULYAN - HIDDEN TREASURES (2006) GARY SMULYAN - SMULS PARADISE (2012) SPONTANEOUS MUSIC ENSEMBLE - CHALLENGE (1966/1967) STEPS - SMOKIN IN THE PIT (1979) STEPS - STEP BY STEP (1979) STEPS - PARADOX (1980) BILL STEWART - THINK BEFORE YOU THINK (1989) Insieme a Matt Wilson, Bill Stewart è il più interessante batterista jazz emerso tra la fine del secolo scorso e gli inizi del nuovo millennio. Applicandosi alla scienza ritmica in chiave tradizionale, cioè partendo da una delicata pulsazione swing, entrambi i colleghi di strumento ne aggiornano la sintassi per assecondare le riforme espressive proprie e altrui. In particolare, Stewart si metterà in luce alla corte di John Scofield, partecipando ad alcuni dei suoi album migliori (Meant To Be; What We Do; EnRoute), incluso il clamoroso summit con Pat Metheny (I Can See Your House From Here). Lo stile di Bill è fatto di morbidi, veloci rintocchi su timpano, rullante e piatto ride, alternati a improvvisi rimbombi esplosi dalla grancassa. Per lesordio da leader, egli può già permettersi una squadra di fuoriclasse [Joe Lovano (sax tenore), Dave Holland (contrabbasso), Marc Cohen (pianoforte)], cui affidare lo squisito repertorio composto di standard antichi e moderni. Think Before You Think intitola il disco con uno brioso arrangiamento in trio (senza piano) che, lanno successivo, ispirerà Lovano per lanalogo, splendido Sounds Of Joy. Lo stesso sassofonista porta in dote la vibrante energia di Dewey Said, già registrata a proprio nome sullo stupendo Village Rhythm. I due pezzi firmati da Holland (Faces; Processional) sprigionano una comune, evocativa atmosfera latina: poche settimane dopo, il bassista inglese inciderà la versione autografa del secondo brano, pubblicandola per lECM sullottimo Extensions. Lintramontabile esotismo di Little Niles, classico di Randy Weston, stimola le inesauste, poliedriche improvvisazioni di Cohen e Lovano. Il quartetto interpreta gli evergreen in crescendo, passando dalla formula ballad di Goodbye, al suadente tempo medio di When Youre Smiling, alla frenesia hard-bop di Im Getting Sentimental Over You. - B.A. BILL STEWART - SNIDE REMARKS (1995) BILL STEWART - TELEPATHY (1997) GRANT STEWART - DOWNTOWN SOUNDS (1992) GRANT STEWART - MORE URBAN TONES (1995) GRANT STEWART - GRANT STEWART + 4 (2004) STRING TRIO OF NEW YORK - FIRST STRING (1979) STRING TRIO OF NEW YORK - AREA CODE 212 (1980) STRING TRIO OF NEW YORK - COMMON GOAL (1981) STRING TRIO OF NEW YORK - REBIRTH OF A FEELING (1983) STRING TRIO OF NEW YORK - NATURAL BALANCE (1986) DAVE STRYKER - PASSAGE (1991) DAVE STRYKER - BLUE DEGREES (1992) DAVE STRYKER - FULL MOON (1994) DAVE STRYKER - BIG ROOM (1996) DAVE STRYKER - ALL THE WAY (1997) JOHN SURMAN / BARRE PHILLIPS / STU MARTIN - THE TRIO (1970) JOHN SURMAN - HOW MANY CLOUDS CAN YOU SEE? (1970) JOHN SURMAN / JOHN WARREN - TALES OF THE ALGONQUIN (1971) JOHN SURMAN - WESTERING HOME (1972) JOHN SURMAN - UPON REFLECTION (1979) Quel che sorprende, ascoltando Upon Reflection, è lolimpica noncuranza con cui da quasi mezzo secolo Manfred Eicher asfalta le mode: vivesse pure su un altro pianeta, egli continuerebbe a produrre la musica che ama senza curarsi di quel che accade nel resto della galassia insomma, una personalità forte Lesordio di John Surman per lECM è un altro grande classico delletichetta tedesca. Fin da subito, il fiatista inglese assurge al gotha del prestigioso catalogo. Prima di reclutare Surman, Eicher aveva probabilmente ascoltato e apprezzato il suo Westering Home, al punto che per il nuovo progetto discografico gli propose un album da registrare con la stessa formula: le ance e le tastiere del titolare sovraincise in completa solitudine. Il fattore ECM - qualità audio immacolata, lussuosa accuratezza editoriale - agevolò il successo artistico delloperazione. Impiegando tre strumenti più uno (sax soprano e baritono, clarinetto basso, sintetizzatori) per creare sezioni polifoniche e trame elettroacustiche, Surman ottiene un seducente, inedito ibrido espressivo in cui precipitano suggestioni folk (Caithness To Kerry, Prelude And Rustic Dance), echi accademici (Constellation), spunti seriali (Filigree, Following Behind) mai disgiunti da una rigorosa prassi jazz fondata sullimprovvisazione. Predilezioni personali: la sinistra sequenza armonica lacerata dal baritono su Beyond A Shadow, lo stupendo fraseggio del clarone su The Lamplighter, lonirico tema di Edges Of Illusion, la cui essenza artificiale convive con gli assoli biologici dei due sax. {P.S. - John Surman aveva già registrato per lECM, collaborando con lex-partner (The Trio) Barre Phillips (Mountainscapes), con Mick Goodrick [In Pas(s)ing] e, nello stesso mese delle sedute per Upon Reflection (Maggio 1979), con Miroslav Vitous (First Meeting)} - B.A. JOHN SURMAN - THE AMAZING ADVENTURES OF SIMON SIMON (1981) JOHN SURMAN - WITHHOLDONG PATTERN (1984) JOHN SURMAN - PRIVATE CITY (1987) JOHN SURMAN - ROAD TO SAINT IVES (1990) JOHN SURMAN - ADVENTURE PLAYGROUND (1991) JOHN SURMAN - STRANGER THAN FICTION (1993) JOHN SURMAN - A BIOGRAPHY OF REV. ABSALOM DAWE (1994) JOHN SURMAN - FREE AND EQUAL (2003) JOHN SURMAN - BREWSTERS ROOSTER (2006) STEVE SWALLOW - REAL BOOK (1993) Real Book rade al suolo tutte le fregnacce sulla presunta crisi del jazz tante volte profetizzata dagli addetti ai lavori per riempire le pagine dei loro screditati giornaletti finché solisti di questo calibro saranno in grado di cinguettare e tamburellare così, vorrà dire che il genere gode ancora di ottima salute. Forte di un prestigio che gli derivava da composizioni assurte al rango di standard (Eiderdown) e dalla partecipazione ad album storici (Fusion, Thesis, Basra), Steve Swallow assembla il quintetto perfetto - sicuramente il migliore possibile nel 1993 - facendosi affiancare da Tom Harrell, Joe Lovano, Mulgrew Miller, Jack DeJohnette. La prodigiosa sintonia in seno alla sezione ritmica è galvanizzata dallinnesco elettrico del basso, a tutto beneficio di una prima linea che esalta il proprio potenziale su Bite Your Grandmother e Muddy In The Bank, i due pezzi più dinamici della scaletta, per poi sprigionare un seducente aroma latino sul trittico Outfits, Thinking Out Loud, Lets Eat. Se Better Times e Ponytail privilegiano il versante cantabile della penna di Swallow, il blues Second Handy Motion e la ballad (in quartetto senza Lovano) Wrong Together colmano, rispettivamente, altrettanti spazi canonici della tipica blowing session. Willow è un elegante valzer in trio, ricamato dal leggiadro tocco di Miller. - B.A. STEVE SWALLOW - DECONSTRUCTED (1995) STEVE SWALLOW - ALWAYS PACK YOUR UNIFORM ON TOP (1999) STEVE SWALLOW / OHAD TALMOR - LHISTOIRE DU CLOCHARD (2002) JOHN SWANA - INTRODUCING JOHN SWANA (1990) JOHN SWANA - JOHN SWANA & FRIENDS (1991) JOHN SWANA - IN THE MOMENT (1995) JOHN SWANA - TUG OF WAR (1998) |
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