 JAZZ
HAL GALPER - REACH
OUT (1976)
HAL GALPER - CHILDREN
OF THE NIGHT (SPEAK WITH A SINGLE VOICE) (1978)
HAL GALPER - REDUX
'78 (1978)
HAL GALPER - JUST
US (1993)
HAL GALPER - REBOP
(1994)
HAL GALPER - LETS
CALL THIS THAT (1999)
JAN GARBAREK - AFRIC
PEPPERBIRD (1970)
JAN GARBAREK - SART
(1971)
GARBAREK /
ANDERSEN / VESALA - TRIPTYKON (1972)
JAN GARBAREK /
BOBO STENSON - WITCHI-TAI-TO (1973)

JAN GARBAREK /
BOBO STENSON - DANSERE (1975)
JAN GARBAREK /
RALPH TOWNER - DIS (1976)
JAN GARBAREK
- PLACES
(1977) 
JAN GARBAREK
- PHOTO WITH ... (1978)

 Col suo
sassofono algido e regale, Jan Garbarek ha contribuito a
definire il codice espressivo dellECM, diventandone
poi alfiere indiscusso. I suoi assoli solenni rapiscono
lascoltatore evocando scene oniriche e atmosfere
incantate. In una discografia ragguardevole per qualità
e quantità, Places e Photo With
vantano
un perfetto amalgama tra aderenza ai canoni estetici
delletichetta tedesca e spazio concesso
allimprovvisazione. Alle diverse sezioni ritmiche
impiegate - il solo Jack DeJohnette
(batteria) su Places, gli specialisti Eberhard
Weber (contrabbasso elettrico) e Jon Christensen
(batteria) su Photo With
- il leader
affianca due fuoriclasse presenti a entrambe le sedute:
il californiano Bill Connors (chitarra), di cui alcuni
collezionisti ricorderanno i tre splendidi album incisi a
Oslo (Theme To The Gaurdian; Of Mist And
Melting; Swimming With A Hole In My Body),
solista capace di un fraseggio fluido, legato,
elegantissimo, e linglese John Taylor (pianoforte /
organo), raffinato artigiano delle tastiere. In una
sequenza di brani di alto valore e livello omogeneo, le
differenze sostanziali tra gli arrangiamenti in quartetto
e quintetto risiedono nella trama strumentale ottenuta
con organo e chitarra acustica per Places, laddove
su Photo With
la prima linea è condotta da
sax (tenore / soprano), piano e 6 corde elettrica. Se
Garbarek è al culmine della sua fase creativa,
perfettamente in bilico tra echi coltraniani e
suggestioni scandinave, Connors si muove con originalità
lungo coordinate allora percorse anche da più illustri
colleghi di scuderia. - B.A.
JAN GARBAREK - PATHS,
PRINTS (1981)
JAN GARBAREK - WAYFARER
(1983)
JAN GARBAREK - ITS
OK TO LISTEN TO THE GRAY VOICE (1984)
GARBAREK / VITOUS
/ ERSKINE - STAR (1991)
KENNY GARRETT - INTRODUCING
KENNY GARRETT (1984)
KENNY GARRETT - TRILOGY
(1995)
KENNY GARRETT - PURSUANCE:
THE MUSIC OF JOHN COLTRANE (1996)
KENNY GARRETT - SONGBOOK
(1997)
GEORGE GARZONE - FOURS
AND TWOS (1995)
GEORGE GARZONE - THE
FRINGE IN NEW YORK (2000)
GIORGIO GASLINI - IL
FIUME FURORE (1968)
GIORGIO GASLINI /
JEAN-LUC PONTY - FABBRICA OCCUPATA (1973)
GIORGIO GASLINI - CONCERTO
DELLA LIBERTÀ / UNIVERSO DONNA (1975)
GIORGIO GASLINI - MURALES
(1976)
GIORGIO GASLINI - NEW
ORLEANS SUITE (1976)
GIORGIO GASLINI - FREE
ACTIONS (1977)
GIORGIO GASLINI - GRAFFITI
(1977)
GIORGIO GASLINI /
EDDIE GOMEZ - ECSTASY (1981)
GIORGIO GASLINI /
ANTHONY BRAXTON - FOUR PIECES (1981)
GIORGIO GASLINI - SKIES
OF CHINA (1985)
GIORGIO GASLINI - MULTIPLI
(1988)
BRUCE GERTZ - BLUEPRINT
(1991)
BRUCE GERTZ - THIRD
EYE (1992)
BRUCE GERTZ - DISCOVERY
ZONE (1994)
BRUCE GERTZ - RED
HANDED (1998)
STAN GETZ - THE
COMPLETE ROOST RECORDINGS (1950/1954)
STAN GETZ - NOBODY
ELSE BUT ME (1964)
STAN GETZ - THE
DOLPHIN (1981)
STAN GETZ - SPRING
IS HERE (1981)
STAN GETZ - PURE
GETZ (1982)
MAURIZIO GIAMMARCO
- PRECISIONE DELLA NOTTE (1982)
MAURIZIO GIAMMARCO - HORNITHOLOGY
(1988)
MAURIZIO
GIAMMARCO - SAURIAN LEXICON (1991)
MAURIZIO
GIAMMARCO - INSIDE (1993)

MAURIZIO
GIAMMARCO - IN OUR HANDS (1995)

MAURIZIO
GIAMMARCO - LOVE BALLADS (1999)
MAURIZIO
GIAMMARCO / PHIL MARKOWITZ - 7+8
(2001) 
Allestero già
lo sanno. In Italia, il concetto stenta ancora ad essere
assimilato. Eppure, è ormai tempo di intendere che, in
buona sostanza, abbiamo in casa molti tra i più grandi
artisti jazz del mondo. Maurizio
Giammarco si staglia dimperio tra i fuoriclasse
più autorevoli: cultori e collezionisti che custodiscono
gelosamente gli album di Jerry Bergonzi, Michael Brecker,
Joe Lovano, Chris Potter,
Bennie Wallace,
Ralph Lalama, Eric Alexander,
Joel Frahm,
dovrebbero lanciarsi senza indugio alla ricerca di questi
preziosi CD. Reduce
dallesaltante avventura con i Lingomania (Riverberi,
Grr ... Expanders, Camminando), Giammarco
prosegue la feconda collaborazione con letichetta
italiana Gala per tornare a incidere a proprio nome, dopo
un esordio ufficiale superbo ma non ben distribuito (Precisione
Della Notte).
Hornithology - Sorretto da Marc Johnson
(contrabbasso), Peter
Erskine (batteria) - il primo cresciuto alla corte di
Bill
Evans, entrambi presenti in due celebri sedute della ECM (Bass
Desires; Second Sight) - e dal versatile Danilo Rea
(tastiere), il sassofonista confeziona un disco maturo,
elegante, che si rende necessario per gli squisiti
fraseggi di contrabbasso, soprano e pianoforte su Sky
Walker, per limpetuosa fuga del tenore su
End Of A Bop Affair, per la sofisticata ballad Unexpected
Flight, in cui risuona uneco del miglior Wayne
Shorter, per un etereo arrangiamento di Você Vai
Ver, evergreen segreto di Antonio
Carlos Jobim, poi ripreso anche da Michael Franks
col titolo di Cinema (Abandoned Garden). Il
dipinto in copertina è di Daniel Humair.
Saurian Lexicon - La Gala si dimostra
lungimirante abbastanza da permettere a Giammarco di
registrare ancora col suo nuovo trio [Paolino Dalla Porta
(contrabbasso), Manhu Roche (batteria)], lasciandogli
peraltro la libertà di allargarlo a piacimento al
chitarrista Dario
Lapenna (Day After Band)
o al veterano Franco
DAndrea. Ne risulta uneterogenea scaletta
in cui si alternano la concisa orchestrazione di Pow
Line e Deep Pow, i bagliori elettrici di Fairplanes
e Roots, il raffinato mainstream di Dreaming
Apart e Pages. Uningegnosa struttura
metrica vale a Sconclusione linserimento del
relativo spartito in rete.
Superlativo linterplay nei diversi contesti
strumentali.
 Inside
- Approdando alla prestigiosa Soul Note, Giammarco
spariglia ancora le carte col fenomenale Heart Quartet, una gioiosa
macchina da musica in cui il leader è affiancato da Mauro Grossi
(pianoforte), Piero Leveratto (contrabbasso) e Andrea
Melani (batteria). Fin dal travolgente trittico iniziale
(Urgency, Inside News, Max Traces*),
lintenso dialogo tra tastiere e sassofoni
contrassegna la cifra espressiva della nuova formazione.
Le sobrie rifiniture del sintetizzatore si amalgamano
brillantemente al crepitio acustico di
unimpeccabile sezione ritmica. È proprio Melani a
innescare la deflagrazione percussiva di Spin, che
lancia la gara di assoli tra Grossi e Giammarco.
Lipnotica pulsazione di Milano Nights
stimola gli sfiancanti funambolismi coltraniani del sax
tenore. Con lemozionante interpretazione di E
Se Domani, Giammarco dimostra di aver colto fino
in fondo lessenza del grande standard, parole
comprese.
In Our Hands - A conferma di quanto suesposto, lo
straordinario combo italico attira le attenzioni della Blue Note
il
cerchio si chiude. Per un fiatista/improvvisatore, come
noto, non cè traguardo più ambito che incidere
per letichetta fondata da Alfred
Lion. Forte di una reciproca intesa rafforzata dalla
consuetudine, dispiegando lincedere marziale di Generation,
il complesso tema di Like A Fish (attraversato dal
fantasma di Stormy Weather), la souplesse latina
di One As A Pair, il quartetto realizza
unopera in cui inventiva, tecnica e affiatamento
convivono in mirabile equilibrio. Dotato di un tocco fine
e incisivo, Grossi passa con disinvoltura
dallintelligibile ricercatezza armonica di un Herbie Hancock (Autumn
Breed, Emanation, Falling In Love With Love)
agli abrasivi virtuosismi di un Cecil
Taylor (Fingers Of Fortune, El Gordo),
coprendo i vari stadi intermedi tra i (presunti) modelli
grazie allindiscussa originalità personale.
Magnifico limpiego del Fender
Rhodes su Outras Palavras e B Witch
(forse il pezzo migliore).
Love Ballads - Da
alcuni concerti tenuti in Italia col pianista americano Art Lande,
nasce lidea di un ritorno al passato. Anche alle
prese con un repertorio tradizionale,
Giammarco si conferma consumato padrone dellidioma
e in possesso della sensibilità necessaria per
rielaborare creativamente pagine così solenni. La
sintesi tra vincolo al pentagramma e libertà di
rileggerlo si compie nelle stupende variazioni
cool su The Man I Love - evocative
dello stile di Warne
Marsh - e nellirresistibile impeto swing di Stella
By Starlight. Interessante il diverso trattamento
riservato a Lover Man (Oh, Where Can You Be?),
ripresa distorcendone il tempo, e a Lover,
rallentata fin quasi al moto inerziale. Il doppio omaggio a Cole
Porter (I Love You, What Is This Thing
Called Love?) offre lo spunto per ulteriori prove di
estro e immaginazione. In Your Own Sweet Way,
gioiello di Dave
Brubeck, consente di rilevare analogie e contrasti
con la versione, pure eccellente, dellallora
collega di scuderia Jerry Bergonzi (Jerry
On Red). Determinante il contributo del reparto
propulsivo, in cui lassiduo Piero Leveratto
fa rima con Roberto Gatto.
Lode alla Red Records,
editrice di queste soavi ballate
damore.
7+8 - Il nuovo progetto mantiene e
sviluppa la prediletta formazione a quattro elementi col
decentramento delle responsabilità - Maurizio
Giammarco e Phil Markowitz
sono contitolari - e lingresso in organico del
sempre affidabile Fabrizio Sferra (batteria).
Latmosfera vira sul tenebroso/glaciale e
leffetto per lascoltatore è quello,
doppiamente coinvolgente, del brivido caldo.
Le contorte partiture firmate da Markowitz esaltano la
prontezza dei riflessi di Giammarco, che si produce in
spettacolari interventi al tenore e al soprano,
rispettivamente, su Semisphere e Shapes. Lo
stesso Giammarco si abbandona al suggestivo mood che
incombe siglando le crepuscolari Son, Sunset
City, Libra. Lesotica, eterna melodia di
Caravan conferisce unulteriore nota di
turbamento sensoriale allesperienza auditiva. Il
booklet contiene eloquenti raccomandazioni di
Paolo Fresu e David Liebman.
Ribadiamo il concetto: la scioltezza con cui i campioni
italiani si misurano coi maestri statunitensi, ormai, non
deve più sorprendere. [P.S. - *Dedicata a Massimo
Urbani.] - B.A.
MAURIZIO GIAMMARCO
/ TOM HARRELL - THE AUDITORIUM
SESSION (2005)
JIMMY GIUFFRE -
WESTERN SUITE (1958)
Western Suite e Freedom Suite: due
album rispettivamente contemporanei, indispensabili per
motivi diversissimi, entrambi occupati per metà del
vecchio formato LP da altrettante sinfonie -
omonime ed emblematiche di ciascuno dei volumi -
integrate sul lato B da pregevoli riempitivi.
- B.A.
La
Western Suite ha avuto una strana fortuna critica,
che non ci aiuta a capirne lo spessore. In apparenza
tutti gli studiosi ne parlano bene, in realtà i più la
liquidano con una pacca sulle spalle. Essa rimase
lontana dalle grandi correnti evolutive del jazz, che nel 1958 passavano per Charles
Mingus, Sonny
Rollins, John
Coltrane, Miles
Davis etc.
però allepoca Jimmy
Giuffre era considerato sul loro stesso piano e
lambiguità polimodale della Western Suite lo
collocava su posizioni persino più avanzate. Dopo aver
diretto un celebre trio in cui sopravviveva il
contrabbasso, Giuffre ne assembla un altro - con Bob
Brookmeyer (trombone) e Jim Hall
(chitarra) - senza più traccia della sezione ritmica.
Lopera trabocca di piccole idee, interconnesse e
saldate dalla grande forma. Non vi è alcuna
lungaggine, non un solo episodio arriva a quaranta
battute e poche sono le ripetizioni testuali. Si tratta
di un esercizio di scrittura teso al limite delle
possibilità: con tre soli strumenti e un tematismo così
semplice era improbabile che chiunque potesse andare
oltre i 18 minuti. La Western Suite profuma di
California. Se i bopper di New York hanno negli occhi la
città, luomo, i suoi manufatti artificiali, le sue
nevrosi, la sua violenza, i californiani contemplano il
deserto, il mare, le rocce, i cactus: un paesaggio vasto,
infinito, in cui luomo scompare, o quasi non si
vede. Larte californiana in genere è
naturalistica, oggettiva, e si nutre di forme semplici.
Tende allessenziale, alla linearità, alla
stilizzazione. Talora sfocia nellastratto.
Larmonia è ridotta a pochi accordi puri, accostati
come colori fondamentali in grandi campiture piatte. Le
melodie sono brevi, dirette, semplici. Vi sono immagini
pittoresche, indiani e cowboy in costume, danze tribali,
orizzonti lontani, richiami dalle colline, tramonti e
trenini, il tutto schizzato con brevi temi elementari. Ma
è un panorama che non conosce drammi, uno scenario
sereno, pacifico, in cui i nemici non si sparano:
ballano. La danza di guerra del secondo movimento (Apaches)
non fa paura a nessuno: gli indiani che battono il piede
in terra girando attorno al totem sono personaggi da
fumetto, minuscoli, caratteristici e inoffensivi. Tutta
la Western Suite non è che un album di amene
vignette, una lunga strip di fumetti sonori, che in pochi
tratti illustrano gli aspetti umani e ambientali del
West. Che strano West, però: giocoso, arcadico, imbelle.
Proprio come lo immaginano i bambini. Unallegra
frontiera della fantasia, che si direbbe attinta a
lontani ricordi dinfanzia, di figurine, di album
variopinti. Una frontiera abitata non dai personaggi di John Ford,
ma da quelli di Walt
Disney. - Marcello Piras
JIMMY GIUFFRE
- 1961 (FUSION / THESIS) (1961)

 Questo
doppio CD consacra la grandezza di un musicista e di un
produttore: a) Jimmy Giuffre, per lostinata
integrità artistica; ß) Manfred Eicher, per
lautonomia delle scelte editoriali. Con
lintuito del filologo, Eicher scorge gli embrioni
della propria estetica personale in due vecchi titoli di
Giuffre pubblicati nel 1961 dalla Verve. Ristampando in
una raffinata tiratura Fusion e Thesis, il
guru della ECM
si conferma come il più autentico custode
delleredità spirituale di Alfred Lion. Alternativa
alla ribollente energia dellhard-bop e alla rivolta
socio-culturale del free, la ricerca
stilistica condotta da Giuffre privilegiava
linvestigazione tematica e il dialogo pacato con i
partner. Entrambi futuri capiscuola nei rispettivi
strumenti, Paul Bley e Steve Swallow assecondano il
pudico fraseggio del leader con partecipe premura. Il
trio si aggira furtivo attorno alle angolose composizioni
di Giuffre, per poi esplorarne minuziosamente i più
reconditi meandri armonici. Dalle
spirali melodiche di Whirrrr, Sonic, Flight,
Scootin About, ai capricci blues di Emphasis,
Cry, Want, Thats True, Thats True,
Carla (dedica esplicita alla sacerdotessa del
jazz), passando per uno standard di Gordon Jenkins (Goodbye)
fino ai conflitti interiori di Brief Hesitation e Venture,
nessun anfratto del pentagramma resta inviolato. Lo
stesso repertorio di Carla Bley offre materia prima
ideale per unimprovvisazione centellinata con tanta
oculatezza: Jesus Maria, indolente e orecchiabile;
In The Mornings Out There misteriosa e ambigua; Ictus,
repentina e aggressiva come il letale colpo apoplettico.
Un certosino restauro eseguito sui nastri originali
rianima i suoni lignei del clarinetto (Giuffre), il
timbro scampanante del piano (Bley), la cavata elastica
del contrabbasso (Swallow), esaltando altresì la
dimensione cameristica delle sedute. - B.A.
JIMMY GIUFFRE -
FREE FALL (1962)
LARRY GOLDINGS - MOONBIRD
(1999)
LARRY GOLDINGS - AS
ONE (2000)
LARRY GOLDINGS - SWEET
SCIENCE (2002)
BENNY GOLSON
- NEW YORK SCENE
(1957)
Golson
si impose definitivamente all'attenzione con i Jazz
Messengers di Art Blakey, dei quali assunse la direzione
musicale e rinnovò il repertorio. Ai Messengers, Golson
diede una fisionomia scabra, servendosi di arrangiamenti
semplici, con ampio spazio per gli assoli del
trombettista Lee Morgan e del pianista Bobby Timmons. A
questo periodo (1958/1960) risalgono le prime versioni su
disco dei suoi celebri temi (Whisper Not; Along
Came Betty; Blues March; Stablemates; Are
You Real?), molti dei quali sono ormai entrati nel
repertorio corrente. Uscito dai Messengers, Golson fondò
il Jazztet, che diresse con il trombettista Art Farmer.
Come uomo di penna, Golson è un continuatore di Tadd
Dameron: ritmicamente più semplice, conserva qualcosa
della maestosa dolcezza del suo maestro. Come solista,
Golson era allepoca più discusso: in questa veste
molti critici lo sottovalutarono, anche quando come
compositore era ormai affermato. Il suo sax voluminoso,
scuro e greve, a volte è scosso da soprassalti sugli
acuti, che gli conferiscono una nota quasi isterica.
Oscurato, nella considerazione dei contemporanei, da
Rollins e Coltrane, Golson continuò a comporre e a
incidere fino agli anni '90. Lalbum Free,
del 1962, dimostra che Golson tentò di mantenersi, con
buoni esiti, al passo con levoluzione del
linguaggio (anche se Free qui non sta per
free jazz). - E.I.J.
BENNY GOLSON - THE
MODERN TOUCH (1957)
BENNY GOLSON - THE
OTHER SIDE OF BENNY GOLSON (1958)

BENNY GOLSON - GONE
WITH GOLSON (1959)
BENNY GOLSON - GROOVIN
WITH GOLSON (1959) 
BENNY GOLSON - GETTIN
WITH IT (1959)
BENNY GOLSON - TAKE
A NUMBER FROM 1 TO 10 (1960)
BENNY GOLSON - TURNING
POINT (1962)
BENNY GOLSON - FREE
(1962)
BENNY GOLSON - CALIFORNIA
MESSAGE (1980) 
BENNY GOLSON - TIME
SPEAKS (1981)
BENNY GOLSON - THIS
IS FOR YOU, JOHN (1983)
BENNY GOLSON /
FREDDIE HUBBARD - STARDUST (1987)
BENNY GOLSON - UP
JUMPED BENNY (1997)
MICK GOODRICK - IN
PAS(S)ING (1978)
MICK GOODRICK - BIORHYTHMS
(1990)
MICK GOODRICK
- SUNSCREAMS (1994)

Sebbene
intestati a leader diversi, Sunscreams e On Again sono album
gemelli. Con ¾ del personale identico su entrambe le
session e una prima linea che affianca maestri del
calibro di Mick
Goodrick e Jerry
Bergonzi, i due titoli prodotti da Raimondo Meli Lupi
per leffimera RAM
Records sono indispensabili per gli estimatori della
formula strumentale con sezione ritmica, chitarra e sax.
Lalchimia tra il turgido tenore di Bergonzi e la
fluida sei corde di Goodrick caratterizza la cifra
espressiva degli arrangiamenti, in perfetto equilibrio
tra parsimonia sonora e ricchezza armonica. Accanto a Bruce Gertz
(contrabbasso) si alternano i batteristi Gary Chaffee (Sunscreams)
e Adam Nussbaum
(On Again), per alimentare una spinta cinetica
duttile e potente.
Sunscreams - La presenza in veste di ospite di
riguardo consente al sassofonista di selezionare ben tre
titoli ricorrenti nel suo repertorio: In Your Own
Sweet Way, lo standard di Dave Brubeck già
interpretato sullesordio per la Red Records (Jerry
On Red); Jab, sofisticata ballad appena incisa
col Trio Idea (Napoli
Connection); Peek A Boo, articolata
composizione ripresa in quintetto sullomonimo CD Evidence / Label Bleu. La
dimestichezza con gli evergreen è confermata dalla
disinvolta rilettura di sacri testi come I Hear A
Rhapsody e Spring Is Here, in cui il dialogo
tra Goodrick e Bergonzi raggiunge straordinari livelli di
empatia. - B.A.
DEXTER GORDON - DEXTER
BLOWS HOT AND COOL (1955)
DEXTER GORDON - DADDY
PLAYS THE HORN (1955)
DEXTER GORDON - DEXTER
CALLING ... (1961)
DEXTERGORDON - DOIN
ALLRIGHT (1961)
DEXTER GORDON - GO!
(1962)
DEXTER GORDON - A
SWINGIN AFFAIR (1962)
DEXTER GORDON - OUR
MAN IN PARIS (1963)
DEXTER GORDON - GETTIN
AROUND (1965)
DEXTER GORDON - SOMETHING
DIFFERENT (1975)
JON GORDON - POSSIBILITIES
(2000)
MICHELE GORI - MY
JAZZ FLUTES (2008)
MICHELE GORI - FLUTE
STORIES (2010)
Il flauto nel jazz. Tema ponderoso, e poi la
sintesi giornalistica è sempre quella: Buddy
Collette, Herbie
Mann, Hubert
Laws, con menzioni dobbligo per Roland
Kirk ed Eric
Dolphy. Proviamo a metterla in un altro modo: E-Ray e Flute
Stories sono due magnifici album di musica
improvvisata a cura di altrettanti solisti italiani
visto? suona meglio, la questione si fa più
lieve, pipa in radica e velluto a coste diventano
orpelli, magari viene voglia di ascoltare qualche pezzo
persino in spider sul lungomare
Flute Stories - Sorretto da partner ispirati e
competenti, Michele
Gori si giova della genuina motivazione dei colleghi
per squadernare la propria estetica in bilico tra
mainstream e avventura. In un ambito strumentale tipico,
il flauto di Gori è lelemento eterodosso che dona
tenui sfumature bucoliche alla modernità del contesto.
La splendida, iniziale African Morning richiama le
suggestive atmosfere della ECM prima maniera,
disponendo lascoltatore in un stato danimo
assecondato anche dallevocativa copertina del CD. I
tempi sostenuti di Red & Blues e Après
Minuit consentono di apprezzare lagile tocco di
Roberto Olzer (pianoforte) e la disinvoltura ritmica di Nicola Stranieri
(batteria), rispettivamente impeccabili in fase di
fraseggio e scansione, con Roberto Mattei
(contrabbasso) nel ruolo di rifinitore armonico del
combo. Nel finale, lesuberante swing di The
Tuesday Party cede il passo al mood introspettivo di September
Song*, offrendo un duplice saggio di coesione
espressiva e qualità personali. Letichetta 12 Lune perpetua con
onore la nobile tradizione delle indipendenti
italiane. [P.S. - *Solo omonima dello standard di Kurt Weill
consegnato alleternità da Frank
Sinatra (Point Of No Return; September Of My Years).]
- B.A.
MICHELE GORI - JUST
FLUTES (2011)
MILFORD
GRAVES / SUNNY MORGAN - MILFORD
GRAVES PERCUSSION ENSEMBLE WITH SUNNY MORGAN (1965)

Maestro del
free jazz, Milford Graves è stato il primo a
intuire la possibilità di una musica non basata su un
ritmo regolare. Nellalbum inciso insieme a
Sunny Morgan egli reinventa la natura stessa della
percussione, liberandola dalla schiavitù metrica ed
esaltandone autonomia e compiutezza espressiva: alle
prese con tamburi, piatti, gong e campane, la coppia
esibisce unampia gamma
dinamica, riflessi balenanti e un ripensamento radicale
dei tradizionali ruoli degli elementi della batteria.
Emblematici i titoli dei brani (Nothing),
volti a indicare la totale assenza di forme e regole
prestabilite. Splendidamente riprodotto dalla ESP, Milford Graves
Percussion Ensemble With Sunny Morgan è un CD che
tutti i batteristi dovrebbero tenere sotto il cuscino.
[P.S. - In seguito, Andrea Centazzo,
Gerry Hemingway,
Pierre Favre e Bill Bruford
realizzeranno progetti affini nello spirito e negli
intenti (Dialogues; Tubworks; Singing
Drums; A Coat Of Many Colors)]. - E.I.J. / B.A.
MILFORD
GRAVES / ANDREW CYRILLE - DIALOGUE
OF THE DRUMS (1974)
In
seguito, Graves sembra essere tornato a prediligere il
contesto puramente percussivo e, con Andrew
Cyrille, ha riunito un
arsenale di percussioni comprendente tamburi, campane,
gong, più voce, fischio etc. (Dialogue Of The Drums).
- E.I.J.
JAY GRAYDON -
BEBOP (2001)
Nato come esperimento
di studio per testare un macchinario progettato da un
amico - per la cronaca: un registratore digitale ALESIS M20 ADAT,
disegnato da Marcus Ryle - Bebop è diventato un
vero e proprio album, pubblicato dalla defunta String
Jazz Recordings. Chi conosce Graydon solo
come session-man di lusso per Steely Dan, Al Jarreau o
Manhattan Transfer, resterà di stucco: Jay è un
improvvisatore con gli attributi e la band è
allaltezza del titolare [Brandon Fields
(tenore/alto); Bill Cantos (piano); Dave Carpenter
(basso); Dave Weckl (batteria)]. A dispetto del titolo,
alquanto roboante, la musica tende forse più a un
hard-bop di scuola Blue
Note, con qualche gustosa divagazione fusion. Un CD
divertente, godibile per lappassionato jazz,
indispensabile per chi apprezza il Graydon produttore dei
più raffinati dischi A.O.R.
- B.A.
GREAT JAZZ TRIO - MONKS
MOOD (1984)
BENNIE GREEN - BACK
ON THE SCENE (1958)
BENNIE GREEN - SOUL
STIRRIN (1958)
BENNY GREEN - PRELUDE
(1988)
BUNKY GREEN - VISIONS
(1978)
BUNKY GREEN - PLACES
WEVE NEVER BEEN (1979)

BUNKY GREEN -
HEALING THE PAIN (1989)

BUNKY GREEN -
ANOTHER PLACE (2004)

 Assegnando cinque stelle a Another Place,
lentusiasta recensore di Down Beat (Dicembre
2006) afferma a ragion veduta che Bunky Green CDs dont grow on trees.
Pertanto, quando si trovano, bisogna lanciarsi
allaccaparramento. Virtuoso del sax alto incline
alla volubilità emotiva e insofferente a una disciplina
armonica troppo severa, Green è uno di quei fuoriclasse
dello strumento - tipo Art Pepper,
Charles
McPherson, Frank Morgan - recuperati dal limbo
delloblio in età matura grazie al generoso
mecenatismo di qualche collega o ammiratore.
Places Weve Never Been -
Lorganico più consono al suo idioma è il
quartetto con pianoforte e sezione ritmica, sebbene sul
capolavoro Places Weve Never Been (ancora
scandalosamente recluso nel vinile) egli sia affiancato
in prima linea da Randy
Brecker. Magnifici esempi di questa attitudine
allambiguità espressiva si rinvengono sia sugli
arrangiamenti più dinamici (East & West, Command
Module, Tension & Release*), esaltati dal
contributo di una band solida e motivata [Albert
Dailey / Ronald Kubelik* (pianoforte), Eddie
Gomez (contrabbasso), Freddie
Waits (batteria)], che sulle ballad (April Green,
Only In Seasons - Places Weve Never Been),
in cui gli splendidi assoli di Green e Brecker
oltrepassano in continuazione il recinto dello spartito.
Healing The Pain - Ben dieci anni dopo, Green
conferma la propria cifra di improvvisatore rientrando in
studio con un altro combo maiuscolo [Billy
Childs (pianoforte), Art Davis
(contrabbasso), Ralph Penland (batteria)]. Addolorato
dalla recente scomparsa di entrambi i genitori, egli
elabora il lutto familiare interpretando una manciata di
standard scelti sullonda della nostalgia. Prediligere un titolo o laltro nella
struggente sequenza di torch song
dipende quanto mai da stato danimo e gusti
personali. Noi buttiamo lì i drammatici accordi di The
Thrill Is Gone, la disillusione sentimentale diffusa
da Who Can I Turn To? (chi si ricorda della
stupenda cover di Mark Murphy?), la maschia sensualità
esibita su Youve Changed, Everything I
Have Is Yours, Goodbye. Opportunamente, Bunky
si concede un paio di intermezzi ad alta velocità, con
la botta di vita di Wild Life e limpetuoso
swing di Seashells.
Another Place - Per lennesimo ritorno
bisogna attendere addirittura il 2004, quando grazie
allinteressamento di Steve
Coleman, vulcanico fondatore ed erudito ideologo di M-Base,
letichetta Label
Bleu mette a disposizione un superlativo trio [Jason
Moran (pianoforte), Lonnie
Plaxico (contrabbasso), Nasheet
Waits (batteria, figlio di Freddie)] pronto ad
assecondare lo stile del maestro. Il meticoloso
allestimento del progetto esalta le doti ancora intatte
di Green, producendo una scaletta mozzafiato: il
rutilante arrangiamento dellevergreen It Could
Happen To You, la frenesia percussiva di Tune X,
il bagaglio tecnico individuale al servizio
dellintesa reciproca che adorna Another Place,
With All My Love, Be. Limmortale Soul
Eyes, classico jazz di Mal
Waldron reso celebre dalla registrazione Impulse!
di John
Coltrane (Coltrane), mantiene la solennità
delloriginale Prestige
(Interplay For 2 Trumpets And 2 Tenors),
perpetuandosi in un tripudio di fraseggi vertiginosi,
semitoni gemebondi, frullar di spazzole, colpi
darchetto. - B.A.
RUDRESH
MAHANTHAPPA & BUNKY GREEN - APEX
(2010)
GRANT GREEN - GREEN
STREET (1961)
GRANT GREEN - SUNDAY
MORNIN (1961)
GRANT GREEN -
BORN TO BE BLUE (1962)
GRANT GREEN - IDLE
MOMENTS (1963)
GRANT GREEN - MATADOR
(1964)
GRANT GREEN -
SOLID (1964)
GRANT GREEN - TALKIN
ABOUT! (1964)

Dopo aver percorso la
storia a ritroso fino a Jim Hall e Wes Montgomery, è
tempo che i cultori di Pat Metheny e John Scofield
riscoprano anche Grant Green. In particolare, proprio
questo album. Green era il chitarrista della Blue Note, ancor più
di Kenny Burrell, che pure partecipò a diverse sedute
prodotte da Alfred Lion. Tra le numerose incisioni cui il
nostro uomo contribuì come leader o session-man, Talkin
About! risalta per la sublime empatia stabilita con i
due partner coinvolti: Larry Young, straordinario
organista che riformò luso della tastiera
elettrica ben prima che questa diventasse voce ufficiale
del progressive;
Elvin Jones, infaticabile propulsore dello storico
quartetto di John Coltrane, in grado di calarsi in un
contesto più convenzionale con misura ed
eleganza. Il disco si apre recapitando una dedica al
grande sassofonista - Talkin About J.C. -
lunga cavalcata modale sospinta dalle superbe
improvvisazioni di Grant e Larry: la presenza di Elvin
certifica il legame ideale con Trane. La
lettura riservata alle ballad - You Dont Know
What Love Is di Gene DePaul e Don Raye; People,
tratta dal musical di Jule Styne e Bob Merrill Funny
Girl - denota una spiccatissima sensibilità
interpretativa: il suono avvolgente del B3 carezza la
melodia esposta dalla Gibson semiacustica, per poi
fondersi con essa durante il fraseggio. Luny Tune
sdrammatizza latmosfera con un tema stralunato e
giocoso, su cui i solisti dapprima tergiversano, per poi
scattare in tandem allinseguimento della batteria. Im
An Old Cowhand, era unesangue canzoncina di
Johnny Mercer assurta al rango di standard
dopo la versione di Sonny Rollins (Way Out West): grazie a
unintesa telepatica e alla scelta ponderata di ogni
singola nota, anche Green e Young riescono a cavarne
meraviglie. Unanaloga formula strumentale verrà
ripresa in anni successivi da John
Abercrombie (While Were Young; Speak
Of The Devil; Tactics) e Larry Goldings (Moonbird;
As One; Sweet Science) che, con i
rispettivi trii, si ispireranno proprio a classici come Talkin
About!. - B.A.
GRANT GREEN - STREET
OF DREAMS (1964)
GRANT GREEN -
I WANT TO HOLD YOUR HAND
(1965)
Lennesima prova
della grandezza dei Beatles: un
brano firmato Lennon & McCartney dà il titolo a un
disco della Blue Note.
Anche questo fa di una canzone o di un autore un
classico. - B.A.
JOHNNY GRIFFIN - INTRODUCING
JOHNNY GRIFFIN (1956)
JOHNNY GRIFFIN - VOL.
2 / A BLOWING SESSION (1957)
JOHNNY
GRIFFIN - THE CONGREGATION
(1957)
Uno dei sax tenori
più veloci del jazz. La sua immaginazione sprizza dalle
sue agili dita, lanciando in aria, prodigalmente, idee a
manciate. Non è un maestro delle grandi forme: i suoi
assoli sono una collana di sorprese, di montanti
crescendo di intensità e di incisivi effetti
timbrici, tenuti insieme da una spaventosa energia
fisica. Johnny Griffin è il prototipo del solista
hard-bop. Pochi dei suoi primi album Blue Note sono
ancora in catalogo (Introducing Johnny Griffin; The
Congregation), ma vale la pena di cercarli, per la
giovanile irruenza che li anima. Lincontro in sala
di incisione con John Coltrane e Hank Mobley (A
Blowing Session) ritrae il giovanotto appena arrivato
a New York, smanioso di competere e deciso a imporre
andature velocissime e a sfoderare la sua sicura
superiorità. Griffin si dimostrò un elemento ideale per
i Jazz Messengers di Art Blakey, di cui contribuì ad
incrementare la carica esplosiva. Lalbum Art
Blakeys Jazz Messengers With Thelonious Monk è
eccellente, benché atipico. - E.I.J.
HENRY GRIMES - THE
CALL (1965)
DON GROLNICK - THE
COMPLETE BLUE NOTE RECORDINGS
(1989/1991) 
DON GROLNICK
- WEAVER OF DREAMS
(1989)
DON
GROLNICK - NIGHTTOWN
(1991)
These
are superb sessions, utilizing a starry personnel with
exemplary finesse. - Richard Cook / Brian Morton
Dopo unonorata carriera come
pioniere fusion e prezioso
collaboratore a fianco dei grandissimi (James Taylor, Steely Dan, Phoebe Snow, Steve Khan, John Scofield
etc.), Don Grolnick
decide di registrare il disco perfetto assecondando la
mai sopita passione per il jazz.
Assemblato un dream team a quattro fiati più
sezione ritmica, egli coronerà il sogno di vedersi
pubblicare addirittura due album dalla Blue Note, poi
raccolti in un doppio CD postumo.
Weaver Of Dreams - Difficile mancare il bersaglio
se hai a disposizione una prima linea condotta dai Brecker
Brothers, irrobustita da Bob Mintzer
(clarinetto basso) e Barry
Rogers (trombone), alimentata dalla propulsione di Dave Holland
(contrabbasso) e Peter
Erskine (batteria). A partire dal minaccioso riff
introduttivo di Nothing Personal*, ormai assurto
al rango di classico, passando per la sinistra fanfara di
Taglioni, ispirata a unopera dello scultore Joseph
Cornell (Taglionis
Jewel Casket), fino allenigmatica melodia
di Persimmons, già proposta con un titolo diverso
dagli Steps
nel 1979 [Six Persimmons (Step By Step)], il
gruppo dimostra di essere in forma smagliante. Suo
malgrado al centro dellattenzione, Michael Brecker
risulta particolarmente efficace sugli standard (I
Want To Be Happy, Or Come Fog),
nei quali sciorina assoli spaventosi.
NightTown - Indisponibili
per i troppi impegni personali Rogers, M. Brecker,
Mintzer ed Erskine, il pianista fa di necessità virtù e
recluta quattro sostituti eccellenti, poi decisivi per il
successo del progetto: Steve Turre
(trombone), Joe
Lovano (sax tenore), Marty Ehrlich
(clarinetto basso), Bill Stewart (batteria). Sia quel che
sia - un inconsapevole spirito competitivo con i
predecessori, lintrinseco valore dei pezzi, una
maggior cura negli arrangiamenti - qualcosa concorre a
ottimizzare lintesa. Non sembri una bestemmia ma,
almeno in questo contesto, Stewart riesce addirittura a
prevalere su Esrkine, instaurando una più proficua
sintonia con Holland. Il lato oscuro del leader affiora
nei tenebrosi temi di Heart Of Darkness e The
Cost Of Living*, irresistibili spunti espressivi per
i fraseggi di Lovano ed Ehrlich. Randy Brecker si
mette in mostra su What
Is This Thing Called Love, superba
interpretazione ad alta velocità del celebre evergreen. Nighttown
è una sofisticata ballad notturna che si rende
indispensabile per i cultori di Joe Lovano, mentre Blues
For Pop riepiloga la forza del collettivo lanciando a
briglia sciolta i vari solisti. [P.S. - 1) Concepita
sulle variazioni armoniche di Come
Rain Or Come Shine. 2) *Entrambe le composizioni
erano già state incise da Michael Brecker
sul suo splendido esordio (Michael
Brecker).] - B.A.
STEVE GROSSMAN - WAY
OUT EAST VOL. 1 (1984)
STEVE GROSSMAN - WAY
OUT EAST VOL. 2 (1984)
STEVE GROSSMAN - LOVE
IS THE THING (1985)
GIGI GRYCE - NICAS
TEMPO (1955)

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