 JAZZ
BAILEY /
RUTHERFORD / GUY - ISKRA 1903 /
CHAPTER ONE 1970-1972 (1970/1972)
DEREK BAILEY /
EVAN PARKER - THE LONDON CONCERT (1975)
BAILEY / LEWIS /
PARKER / RUTHERFORD / SCHIAFFINI etc. - PISA
1980 IMPROVISORS SYMPOSIUM (1980)
DEREK BAILEY - DOMESTIC
& PUBLIC PIECES (1975/1977)
DEREK BAILEY - LACE
(1989)
CHET BAKER - THE
COMPLETE PACIFIC JAZZ STUDIO RECORDINGS
OF THE CHET BAKER QUARTET WITH RUSS FREEMAN (1953/1956) 
CHET BAKER - CHET
(1961)
CHET BAKER - MISTER
B. (1983)
Il più riuscito
degli ottimi album incisi da Baker per la Timeless contiene solo
brani strumentali. La scelta del materiale è
accuratissima: Dolphin Dance di Herbie Hancock, Beatrice
di Sam
Rivers, In Your Own Sweet Way di Dave
Brubeck, Strollin di Horace Silver e altre
eccellenti composizioni. Chet è coadiuvato da Michel
Graillier (piano) e Riccardo Del Fra (contrabbasso): il
trio produce un morbido tessuto armonico, su cui gli
assoli di tromba si adagiano delicatamente, sfruttando il
ridotto attrito ritmico dovuto allassenza della
batteria. - B.A.
CHET BAKER - BLUES
FOR A REASON (1984)
CHET BAKER &
ART PEPPER - THE ROUTE
(1956)
CHET BAKER &
ART PEPPER - PLAYBOYS (1956)

IAIN BALLAMY
- BALLOON MAN (1988)

IAIN BALLAMY
- ALL MEN AMEN (1993)

 This
band shows that four players can equal more than the sum
of their parts. Welcome to the British jazz
quartet, re-defined. - Anonymous
Entrambi scovati da Bill
Bruford nellindustriosa fucina dei Loose
Tubes, orchestra cooperativa britannica che suonava jazz in TV negli anni Ottanta (da non
credere
), poi assunti dal grande batterista nei
primi Earthworks, Iain
Ballamy e Django
Bates si imposero come i più brillanti
improvvisatori post-progressive
attivi nel Regno Unito in quei giorni grami. Anticipando
limminente svolta dello stesso Bruford, Ballamy
convoca Bates per un progetto a proprio nome volto al
recupero della dimensione acustica. Lesito si
traduce in due splendidi album incisi nellarco di
cinque anni con la medesima, superba formazione.
Balloon Man - Lincipit dinamico ed elegante
di Mode Forbode denota subito la cifra espressiva
del quartetto, che sfoggia fraseggi avvincenti, finezze
tecniche, melodie ispirate. Se Bates sciorina una
disinvoltura che gli consente di eccellere con strumenti
diversi come pianoforte (Balloon Man), fisarmonica
(Rahsaan), bombardino
(Albert), Ballamy sa trasmettere emozioni genuine
e intense con sax tenore (Remember ...), alto (Strawberries),
soprano (Jumble Sale). La sezione ritmica [Steve
Watts (contrabbasso), Martin
France (batteria)] è uniformemente solida,
fantasiosa, duttile.
All Men Amen - Pochi mesi prima di lasciare gli Earthworks,
Ballamy e Bates tornano in studio per un secondo capitolo
con Watts e France: lintesa della coppia pare
addirittura affinata dal formativo tirocinio alla corte
di Bruford. Dalla solenne atmosfera cameristica
dellintroduttiva All Men Amen si passa
allincontenibile esuberanza di Serendipity,
poi alle suggestioni messicane di Oaxaca, fino al
ritratto dartista di Blennie (Michael
Jensen, scultore). Il lato più idilliaco di Iain affiora
sui tre pezzi conclusivi: Meadow, con lo stupendo
dialogo di fiati tra Bates e Ballamy, This World,
toccante dedica alla compianta Jess*, Further Away,
evocativo bozzetto eseguito (quasi) in completa
solitudine dal leader. Il tempo è stato galantuomo: dal
2010 Iain
Ballamy registra per la ECM. [P.S. - *Nel
1988 Iain abbandonò la tournée americana degli Earthworks
per raggiungere e sposare la compagna malata sul letto di
morte.] - B.A.
BILLY BANG - VALVE
N° 10 (1991)
BILLY BANG - BANG
ON! (1997)
BILLY BANG - VIETNAM: THE AFTERMATH (2001)

La musica come
catarsi per i traumi post-bellici. Questo, in estrema
sintesi, il progetto che Billy Bang
ha realizzato su suggerimento e con laiuto del
produttore Jean-Pierre Leduc. E se quella in questione è
la sporca guerra per antonomasia,
lintensità delle emozioni in gioco è assicurata.
Reduce dal Vietnam col grado di sergente, trentanni
dopo il congedo William Vincent Walker - vero nome del
violinista - concepisce un album insieme ad alcuni
colleghi/veterani per esorcizzare gli incubi di quella
comune, terribile esperienza. Il plotone dei
militari è composto dal leader insieme a Butch
Morris (direzione), Michael Carvin (batteria), Ted
Daniel (tromba), Frank Lowe (sax tenore), Ron Brown
(percussioni) - i dati riportano grado e numero di
matricola di ciascun soldato - assistiti dai
civili John Hicks (pianoforte), Curtis Lundy
(contrabbasso), Sonny Fortune (flauto). Gli estimatori
dello String Trio of New York riconosceranno il
caratteristico timbro strumentale di Bang, scuro e
slabbrato, qui immerso in una giungla di suggestioni,
reminiscenze, armonie che arrivano dallEstremo
Oriente: i suoi assoli si succedono ispiratissimi senza
posa. Yo! Ho Chi Minh Is In The House racconta la
minacciosa atmosfera dei luoghi con una melodia
inequivocabile. Lagguato swing di Tunnel Rat
(Flashlight And A 45) si svolge in un ambiente tanto
esotico quanto ostile. Moments For The KIAMIA e
Mistery Of The Mekong concedono preziosi attimi di
quiete dedicati ai caduti (killed in action), ai dispersi
(missing in action) e ai segreti del grande fiume. Tet
Offensive rievoca in chiave free il
formidabile attacco a sorpresa che i Viet Cong sferrarono
contro lesercito americano nel 1968. Bien Hoa
Blues manda in avanscoperta Daniel e Lowe, mentre
lambiguo tema di Fire In The Hole offre lo
spunto per i magnifici interventi di Fortune e Hicks.
Lascolto di Vietnam: The Aftermath ci ha
ricondotto alla visione di All
The Presidents Men, JFK,
Nixon e Frost/Nixon, per meglio
comprendere la mentalità di chi spedì allinferno
una generazione. - B.A.
COUNT BASIE -
BASIE (E=MC2
/ THE ATOMIC Mr. BASIE) (1957)

COUNT BASIE -
BASIE PLAYS HEFTI (1958)

Uno dei più bei
cofanetti Mosaic
raccoglie tutto il materiale inciso (in studio) da Count
Basie per la Roulette
dal 1957 al 1962: di quellimponente corpus musicale
fanno parte due capolavori interamente firmati da Neal Hefti
(Basie*, Basie Plays Hefti). Appena
lasciato Basie, Hefti approda alla corte di Frank Sinatra (Aprile 1962), per
dirigere le sedute di Sinatra
And Swingin Brass. Pochi mesi dopo (Ottobre
1962), arrangiatore e capobanda si ritrovano al servizio
del cantante per redigere il manifesto Sinatra-Basie.
Bisogna aggiungere altro? La penna dellautore,
sofisticata ma intrisa di blues, cesella letteralmente
ogni pagina scritta su misura per il committente. Sebbene
la peculiarità della seconda incarnazione
dellorchestra fosse quella di privilegiare le
partiture rispetto ai fuoriclasse - linverso della
prassi adottata da Basie negli anni Trenta e Quaranta -
pure in queste pagine spettacolari, attraverso continui
avvicendamenti di personale, alcuni virtuosi si stagliano
come indiscussi protagonisti di un suono che ha fatto
epoca: Eddie
Lockjaw Davis (sax tenore), col suo
tipico fraseggio grufolante e sguaiato, perfetta sponda
espressiva alla sobria sordina di Snooky
Young (tromba), cui fanno eco il tocco moderno di Thad Jones
(tromba), la turgida voce strumentale di Frank Foster
(sax tenore), i soavi contrappunti di Frank Wess
(sax alto, flauto), limpareggiabile metronomo
armonico di Freddie
Green (chitarra), linesausta spinta propulsiva
di Sonny
Payne (batteria), capace questi di tener testa a una
siffatta, spaventosa potenza sonora senza mai perdere un
colpo.  La
qualità del materiale lascia lascoltatore davanti
a un piacevole imbarazzo della scelta: la squassante
forza cinetica di The Kid From Red Bank (il fungo
atomico in copertina non fu scelto a caso
), le
placide passeggiate tra le scosse telluriche di Teddy
The Toad e Splanky, lo swing antiquato ma
irresistibile di Flight Of The Foo Birds, Double-O
e Whirly-Bird, la sensuale tenerezza di Midnite
Blue e Lil Darlin, le martellanti
stoccate della sezione fiati su A Little Tempo, Please
e Count Down, le suadenti melodie di Sloo Foot
e Late Date, la quintessenza della ballad
distillata su After Supper e Pensive Miss.
[P.S. - *Intitolato semplicemente Basie, noto
anche come E=MC2 (didascalia sotto
lintestazione), riproposto infine come The
Atomic Mr. Basie.] - B.A.
PIERO BASSINI
- NOSTALGIA (1988)
Sempre più spesso si
legge che la formula del trio piano/basso/batteria
sarebbe rischiosa perchè condurrebbe
inevitabilmente al confronto con gli inarrivabili modelli
di Bill Evans, McCoy Tyner, etc. - E che significa? Dopo
Hendrix nessuno può più toccare una Stratocaster? In
realtà, come per molte altre trovate della stampa
specializzata, la consistenza
dellaffermazione è inversamente proporzionale alla
sua ottusità. Oltretutto, se la Red
Records avesse preferito evitare gli azzardi,
tre anni prima non avrebbe affiancato a Bobby Watson un
trio tutto italiano. Viceversa, grazie a quella salutare
deviazione dalla norma, come lavrebbe
definita Frank Zappa, il nome di Bassini ha conquistato
un posto nella storia discografica del jazz, con le
magnifiche sedute del 1985 (Appointment
In Milano; Round
Trip). Nostalgia è
unavvincente conversazione a tre che poggia sulla
collaudata intesa tra Bassini, Giampiero Prina e il
poderoso contrabbasso di Furio Di Castri. Il moderatore
del dibattito è Prina che, con la sua inesausta
scansione ritmica, riesce ad aggirare i noiosi cliché di
genere (Steps Blues; Buds Time;
Autumn Waltz), confermandosi come uno dei migliori
specialisti italiani. Il fraseggio rutilante e inventivo
di Bassini e le accattivanti melodie dei brani (tutti
suoi eccetto Blues For Gwen, di Tyner) riservano
agli appassionati di questa combinazione strumentale una
manciata di sorprese tutte da scoprire. - B.A.
PIERO BASSINI
- INTENSITY
(1995)
Il
(relativo) successo di vendite riscosso da questo album
è una significativa conferma del fatto che la qualità
paga. Intensity ci propone un artista ormai in
possesso di un idioma personale, che sa coniugare
naturalezza dello svolgimento melodico e imprevedibilità
del fraseggio. Sostenuto da tre collaboratori (Luca
Garlaschelli, Massimo Pintori, Ettore Fioravanti) che si
buttano a capofitto nelle diverse situazioni, Piero
Bassini perlustra minuziosamente la struttura di ogni
brano con incessanti rielaborazioni tematiche.
Dallalto dei cieli, Miles e Bill benedicono la
commossa interpretazione di Blue In Green. - B.A.
GIANNI BASSO - HORO:
JAZZ A CONFRONTO 3 (1973)
RICHARD BEIRACH - EON
(1974)
RICHARD BEIRACH - ELM
(1979)
STEFANO BENINI - FUORI
SERVIZIO (2004)
STEFANO BENINI - GROOVIN
FLUTE (2006)
FLUT3IBE (BENINI /
GORI / LEONARDI) - MOIRÉ
(2006)
BERESFORD /
COOMBES / SMITH / DAY - THREE &
FOUR PULLOVERS (1978)
KARL BERGER / DAVE
HOLLAND - ALL KINDS OF TIME (1976)
BOB BERG - NEW
BIRTH (1978)
Le carriere di Bob Berg
e Tom
Harrell procedettero in parallelo per vari anni, fin
dai tempi del sodalizio nella band di Horace
Silver, nella quale sostituirono nientemeno che i Brecker
Brothers e per cui registrarono insieme alcuni
pregevoli album Blue
Note (Silver n Brass, Silver n
Wood, Silver n Percussion). Al momento
di spiccare il volo in autonomia - un attimo prima di
entrare nella storia col quintetto di Phil Woods
(Harrell) e di assurgere al rango di campione del
movimento post-fusion (Berg) - i
due amici decidono di collaborare ancora nei rispettivi
esordi discografici da leader [Aurora
(Total!), New Birth].
New Birth - Anche grazie alla presenza in
formazione del percussionista Sammy
Figueroa, lidioma latino appreso durante il
tirocinio alla corte di Silver risuona su un paio di
standard (Youre My Thrill, This
Masquerade) e sul finissimo acquerello sudamericano
condotto dal piano elettrico di Cedar
Walton (Pauletta). Altrove il dinamismo
ritmico di Neptune scatena lesuberante
vitalità della prima linea e del fuoriclasse Al Foster,
mentre su Magic Carpet il sanguigno slap di Mike Richmond
riconduce la comitiva degli improvvisatori a una
dimensione più terrena, in attesa che la conclusiva Shapes
doni lopportuno tocco modale
alla scaletta. Un altro prezioso volume del catalogo Xanadu.
- B.A.
JERRY BERGONZI - JERRY
ON RED (1988) 
JERRY BERGONZI -
INSIDE OUT (1989)
JERRY
BERGONZI - LINEAGE
(1989)
Molti addetti
ai lavori, sopraffatti dalla frenesia del
nuovo (spesso sinonimo di
palloso), finiscono per trascurare quanto di
valido si trova già sotto il proprio naso. Eppure, per
trascorrere una serata gustando del buon jazz basterebbe
infilare nel lettore questo CD, inciso dal vivo da Jerry Bergonzi
con una ritmica di sogno: Mulgrew Miller, elegante
pianista che pare trovarsi a proprio agio soprattutto
nelle formazioni in quartetto; Adam Nussbaum, uno dei
batteristi del momento, perfetto in ogni contesto e con
ogni partner (David
Liebman, Tom
Harrell, Jim McNeely, John Scofield
etc.); Dave Santoro, che col suo contrabbasso fornisce un
sostegno ritmico solidissimo. Dal funambolico fraseggio
di Inner Urge, allammaliante clima
coltraniano di Jones, Lineage offre ciò
che molti appassionati cercano, ma raramente riescono a
trovare in un album: perizia strumentale, arrangiamenti
architettati con cura, temi interessanti, assoli
ispirati. Le versioni in studio dei tre titoli originali
possono essere rintracciate, rispettivamente, su Inside
Out (Reds Blues) e su Tilt! (On
The Brink; Jones), mentre Inner Urge è
il classico di Joe Henderson contenuto nellomonimo
album Blue Note
del 1964. - B.A.
JERRY BERGONZI - TILT!
(1990)
JERRY
BERGONZI - ETC PLUS ONE (1991)

Nella
sezione FOREVER
YOUNG almeno un seggio spetta di
diritto a Jerry
Bergonzi, e per rappresentarlo è stato scelto ETC
Plus ONE. Tuttavia il disco potrebbe essere
sostituito in qualsiasi momento, perchè lo standard
qualitativo delle incisioni Red
Records di Jerry è costante ed elevatissimo.
In questo caso, il trio di Fred Hersch (ETC) si mette in
luce per il raffinato tocco del pianista, per il caldo e
morbido suono del contrabbasso di Steve La Spina -
derivante dal budello usato in luogo dellacciaio
per le due corde alte (SOL e RE) - e per il sobrio
accompagnamento di Jeff Hirshfield: il tenore plana
libero e felice su un pugno di splendidi temi originali,
alla scrittura dei quali partecipano anche Hersch e La
Spina. Bergonzi dedica un omaggio personale a Hank
Mobley, con unobliqua melodia (Hank)
chiaramente ispirata alle composizioni di Thelonius Monk
e di Andrew Hill. Un altro capolavoro. - B.A.
JERRY
BERGONZI - NAPOLI CONNECTION (1992) 
Durante i vivaci battibecchi che animano le
discussioni tra appassionati, emerge puntualmente un
consenso unanime sulla difficoltà di scorgere nuovi
validi compositori sulla scena jazz. Senza dimenticare Tom Harrell, Pat
Metheny e altri innovatori, una
rassicurante certezza è rappresentata da Jerry Bergonzi: i suoi album vanno custoditi come scrigni
preziosi, in virtù delle stupende melodie che
racchiudono. Con Napoli Connection, Jerry torna
alla formula vincente già adottata per lesordio Red
Records del 1988 (Jerry On
Red), avvalendosi di una sezione ritmica tutta
italiana, il Trio Idea. Con le due interpretazioni di Love
For Sale, il sassofonista riconferma le proprie
indiscusse qualità di improvvisatore viscerale e
fantasioso, ma i piatti più ghiotti del menù sono senza
dubbio i pezzi originali che, molto semplicemente,
possono conquistare chiunque ami la buona musica, a
prescindere dai generi. I tre paesani offrono un
solido punto di riferimento per il leader, e il fecondo
scambio di idee fra i quattro instaura un clima
assolutamente paritario. Lassolo del pianista
Valerio Silvestro calza come un guanto addosso alla
bellissima Grand Trine, con una scelta di note
oculata e ingegnosa. Il veloce tema di Napoli
Connection è caratterizzato da un brusco stop
ritmico che ne spezza la trama, conferendo grande forza
espressiva al brano, mentre la sostenutissima andatura
costringe i solisti a impegnarsi senza risparmio.
Assimilata la lezione di Wayne Shorter, Bergonzi la
rielabora con Neptunian Verses e Jab, due
ballad che stringeranno il cuore di chi ha trascorso la
vita ad ascoltare Teru (Adams Apple).
Un grazioso preambolo pianistico introduce Estate,
il maliconico evergreen di Bruno Martino, che Bergonzi e
il contrabbassista Tony Ronga utilizzano dapprima come
traccia per brevi e sofisticate improvvisazioni, per
convergere poi verso una disciplinata esposizione del
celebre motivo nelle battute finali. Il lavoro di
Salvatore Tranchini, un vero maestro dei piatti, è di
sopraffina eleganza su tutti i pezzi. Un originale
dipinto riprodotto sul CD (1927 Will Last Forever!
- David McDermott/Peter McGough) accresce il rimpianto
per le enormi possibilità grafiche offerte dalle
gloriose copertine dei Long Playing. - B.A.
JERRY BERGONZI - STANDARD
GONZ (1992)
JERRY BERGONZI - PEEK
A BOO (1992)
JERRY BERGONZI -
VERTICAL REALITY (1994)
SONORA ART
QUARTET - SONORA (1989)
SONORA ART
QUARTET - SONORA #2 MEET
JERRY BERGONZI (1994)
 Improvvisatore apprezzato da un collega
prestigioso come Michael
Brecker. Spesso attivo in Italia. Nome pregiato nel
catalogo delletichetta Red Records: dalla
proficua esperienza col Trio Idea [Valerio Silvestro
(pianoforte), Tony Ronga (contrabbasso), Salvatore
Tranchini (batteria)] sortirà il capolavoro Napoli Connection.
Poco prima di pubblicare quel disco, tuttavia, Jerry
Bergonzi aveva preso parte a un altro progetto con
musicisti campani: la prima fase concepita vicino a
Boston, il sequel ripreso quattro anni dopo a Napoli con
3/5 del personale ma formula identica. Il bilancio della
collaborazione col Sonora Art Quartet produrrà un paio
di album tanto ignoti quanto pregevoli.
Sonora - Il quartetto dialoga col fuoriclasse
italo-americano solo su due pezzi (Carlas Method*
Lupus*) e sul brevissimo preludio (Growing),
dispiegando il proprio potenziale sul resto della
scaletta per rifinire la reciproca intesa. Bruce Gertz
(contrabbasso) e Salvatore Tranchini (batteria)
compongono una solida sezione ritmica per la chitarra di Pietro
Condorelli e gli ottoni (tromba/flicorno) di Marco
Sannini. Oltre ai dinamici brani con Bergonzi, segnaliamo
lintenso lirismo che pervade Singing Chet, Whistling
Away The Darkness, Wild Cats.
Sonora #2 Meet Jerry Bergonzi - Dario Deidda e
Pietro Iodice sostituiscono, rispettivamente, Gertz e
Tranchini. La formazione diventa a tutti gli effetti un
classico quintetto hard-bop
modificato dallinnesto della poliedrica
ES-175
di Condorelli in luogo del tradizionale pianoforte (con
cui Bergonzi si cimenta estemporaneamente su Swing In
The Morning). Tuttavia, su questo secondo (e
migliore) capitolo diversi fattori concorrono ad
aggiornare uno stile che ci si aspetterebbe affine al
collaudato, rassicurante idioma Blue Note: il
mordente della semi-acustica, la pulsazione eterodossa
della batteria, le armonie quasi fusion,
lassiduo impiego del basso elettrico, la modernità
dei fraseggi. Gli ascoltatori più esigenti e sofisticati
apprezzeranno le frenetiche sequenze di assoli su Jacos
Love e Silver Surfer, le atmosfere notturne di
Commendatore, evocativa ballad shorteriana
condotta da sordina e tenore, il soave arrangiamento di Chiove,
standard partenopeo scritto da Evemero
Nardella e Libero
Bovio, le suggestioni free di
Up Trip, memori del messaggio colemaniano
di 80/81 e Song X.
Deliziosa la copertina, disegnata dal pittore Vincenzo
Faraldo. [P.S. - Alla scarsa notorietà di entrambi i CD
contribuisce una certa sciatteria delle etichette
editrici: 1) *invece dei titoli contrassegnati
dallasterisco, i credits di Sonora indicano
erroneamente Wild Cats; 2) la Via Veneto,
addirittura, non riporta nemmeno la data di
registrazione, indispensabile in ambito jazz.] - B.A.
JERRY
BERGONZI - ON AGAIN
(1996)
Sebbene intestati a
leader diversi, Sunscreams
e On Again sono album gemelli. Con ¾ del
personale identico su entrambe le session e una prima
linea che affianca maestri del calibro di Mick Goodrick e Jerry Bergonzi,
i due titoli prodotti da Raimondo Meli Lupi
per leffimera RAM
Records sono indispensabili per gli estimatori della
formula strumentale con sezione ritmica, chitarra e sax.
Lalchimia tra il turgido tenore di Bergonzi e la
fluida sei corde di Goodrick caratterizza la cifra
espressiva degli arrangiamenti, in perfetto equilibrio
tra parsimonia sonora e ricchezza armonica. Accanto a
Bruce Gertz (contrabbasso) si alternano i batteristi Gary Chaffee (Sunscreams)
e Adam Nussbaum
(On Again), per alimentare una spinta cinetica
duttile e potente.
On Again - Linconfondibile timbro
umano di Bergonzi filtra dai grovigli di note
intessuti attorno ai singoli temi. In funzione
complementare, i fraseggi di Goodrick allentano le spire
del sax dipanando i fitti intrecci con precisione
chirurgica. Jerry e Mick esibiscono, rispettivamente, il
legame ereditario con John Coltrane e
linfluenza esercitata su Pat Metheny.
Stupenda Out House, precipitosa fuga hard-bop che
proseguirà anche in trio con lorganista Dan Wall (Just
Within) e nella formazione all stars con Bobby Watson (Together
Again For The First Time). - B.A.
JERRY BERGONZI /
BOBBY WATSON - TOGETHER AGAIN FOR
THE FIRST TIME (1996)
JERRY BERGONZI - JUST
WITHIN (1996)
JERRY BERGONZI - LOST
IN THE SHUFFLE (1998)
JERRY BERGONZI - TENOR
OF THE TIMES (2005)
JERRY BERGONZI - TENORIST
(2006)
JERRY BERGONZI - TENOR
TALK (2008)
JERRY BERGONZI / JACEK KOCHAN / PIOTR
LEMANCZYK - THREE POINT SHOT
(2009)
JERRY BERGONZI - SIMPLY
PUT (2009)
JERRY BERGONZI - THREE
FOR ALL (2010)
JERRY BERGONZI - CONVERGENCE
(2010)
DAVID BERKMAN - HANDMADE
(1998)
DAVID BERKMAN - COMMUNICATION
THEORY (2000)
DAVID BERKMAN - LEAVING
HOME (2002)
DAVID BERKMAN - START
HERE ... FINISH THERE (2003)
TIM BERNE - THE
EMPIRE BOX (1979/1982)
TIM BERNE / BILL
FRISELL - ... THEORETICALLY (1983)
TIM BERNE - THE
ANCESTORS (1983)
TIM BERNE - MUTANT
VARIATIONS (1983)
TIM BERNE - FULTON
STREET MAUL (1986)
TIM BERNE - SANCTIFIED
DREAMS (1987)
 Incallito habitué delle auto-produzioni (Empire, Screwgun) e
delle etichette indipendenti (Soul Note, JMT),
nel corso della propria carriera Tim Berne
ha registrato anche per la CBS,
in forza della cui capacità distributiva ottenne una
prima, discreta reputazione. I due album incisi per la
multinazionale illustrano la maturità espressiva
raggiunta dal sassofonista/compositore, anticipando
altresì gli imminenti sviluppi stilistici della sua
musica.
Fulton Street Maul - Un quartetto
anticonvenzionale, in cui il sax alto del leader dialoga
con la chitarra psichedelica di Bill Frisell, con
la versatile batteria di Alex Cline
e col violoncello di Hank Roberts,
questultimo arruolato per evocare la presenza dello
strumento ad arco di Abdul Wadud nei dischi di Julius
Hemphill [Dogon A.D.,Coon
Bidness (Reflections), Raw
Materials And Residuals etc.], maestro e mentore
di Berne. Tre brani su cinque sono degni di
unantologia dellavanguardia post-free: 1)
lostinato
di Roberts e gli effetti di Frisell allestiscono la
drammatica entrata in scena di Berne che, a sua volta,
espone il sinistro, inquietante tema di Unknown
Disaster; 2) introdotta da una rullata sghemba di
Cline, Miniature procede a ritmo claudicante lungo
lintera sequenza degli assoli [darà il nome al
trio Berne/Roberts/Baron (Miniature; I
Cant Put My Finger On It)]; 3) dedicata dal
cinefilo Berne a Fellini, Federico potrebbe
piacere ai cultori del progressive
di Canterbury,
anche se il responsabile nega una qualsiasi familiarità
col genere.
Sanctified Dreams - Lorganico cambia e si
allarga con larrivo di Herb
Robertson (tromba, cornetta,
flicorno),
Mark
Dresser (contrabbasso) e Joey Baron
(batteria), il che consente al titolare di espandere le
possibilità timbriche degli arrangiamenti. Con un
instancabile impiego del violoncello Hank Roberts
compensa lassenza della chitarra, esibendosi anche
in stralunati vocalizzi nei passaggi più statici (Blue
Alpha), fino a evocare limmagine di un
pellerossa in preghiera (Terre Haute). Per
lascoltatore in cerca di jazz,
tuttavia, i pezzi forti sono Velcho Man, Hip
Doctor ed Elastic Lad. [P.S. - Nel 1988
assistemmo a un concerto del quintetto di Sanctified
Dreams a Ravenna. A quel festival, tra gli altri,
partecipò anche John Zorn
che, insieme allo stesso Tim Berne,
eseguiva il repertorio di Ornette Coleman
sotto linsegna Spy vs. Spy.
La foto scattata a Berne e Zorn
per le vie della città romagnola - si noti la scritta
Ornette sulla cartella degli spartiti - fu
pubblicata da Musica
Jazz nel numero di Novembre del 2004.] - B.A.
TIM BERNE - FRACTURED
FAIRY TALES (1989)
TIM BERNE - DIMINUTIVE
MYSTERIES (MOSTLY HEMPHILL) (1993)
TIM BERNE - THE
SEVENS (2001)
TIM BERNE /
MINIATURE - MINIATURE
(1988)
TIM BERNE /
MINIATURE - I CANT PUT MY
FINGER ON IT (1991)
TIM BERNE / CAOS
TOTALE - PACE YOURSELF (1991)
TIM BERNE / CAOS
TOTALE - NICE VIEW (1994)
TIM BERNE / BLOODCOUNT
- LOWLIFE
(1995)
TIM BERNE / BLOODCOUNT
- POISONED
MINDS (1995)
TIM BERNE / BLOODCOUNT
- MEMORY
SELECT (1995)
TIM BERNE / BLOODCOUNT
- UNWOUND
(1996)
TIM BERNE / BLOODCOUNT
- DISCRETION
(1997)
TIM BERNE / BLOODCOUNT
- SATURATION
POINT (1997)
BERNE
/ FORMANEK / HIRSHFIELD -
LOOSE CANNON (1992)
DINO BETTI VAN DER NOOT - HERE COMES
SPRINGTIME (1985)
DINO BETTI VAN DER NOOT - THEY CANNOT KNOW (1986)
DINO BETTI VAN DER NOOT - A CHANCE FOR A
DANCE (1987)
DINO BETTI VAN DER NOOT - SPACE BLOSSOMS (1989)
DINO BETTI VAN DER NOOT - ITHACA / ITHAKI (2005)
BIANCO / DUNMALL /
PICARD - UTOMA TRIO (1999)
TONY BIANCO / PAUL
DUNMALL - HOUR GLASS (2002)
ED BICKERT &
DON THOMPSON - AT THE GARDEN PARTY (1978)
ART BLAKEY &
THE JAZZ MESSENGERS - ART
BLAKEYS JAZZ MESSENGERS WITH THELONIUS MONK (1957)
ART BLAKEY &
THE JAZZ MESSENGERS - MOANIN (1958)
ART BLAKEY &
THE JAZZ MESSENGERS - DES FEMMES
DISPARAISSENT / LES TRICHEURS (1958)
ART BLAKEY &
THE JAZZ MESSENGERS - LES LIAISONS
DANGEREUSES (1960)
ART BLAKEY &
THE JAZZ MESSENGERS - THE BIG BEAT
(1960) 
ART BLAKEY &
THE JAZZ MESSENGERS - A NIGHT IN
TUNISIA (1960) 
ART BLAKEY &
THE JAZZ MESSENGERS - LIKE SOMEONE
IN LOVE (1960)
ART BLAKEY &
THE JAZZ MESSENGERS - ART BLAKEY
& THE JAZZ MESSENGERS (1961)
ART BLAKEY &
THE JAZZ MESSENGERS - THE FREEDOM
RIDER (1961) 
ART BLAKEY
& THE JAZZ MESSENGERS - MOSAIC
(1961) 
Con
Wayne Shorter (sax tenore) e Curtis Fuller (trombone) a
dividere la prima linea, Freddie Hubbard contribuì a
fare dei Jazz Messengers la migliore formazione che Art
Blakey avesse diretto dai tempi di Horace Silver e Kenny
Dorham: il solismo e la vena compositiva del giovane
trombettista vi trovarono ampio spazio per esprimersi (Mosaic;
Caravan; Free For All). Perfettamente a proprio agio
sopra il furioso accompagnamento del leader, Hubbard
richiama alla memoria il calore e la grazia di Clifford
Brown, suo primo idolo. Il vibrato e i suoni rauchi hanno
un ruolo episodico nelle sue improvvisazioni, spesso
dotate di una purezza classica. - E.I.J.
ART BLAKEY &
THE JAZZ MESSENGERS - BUHAINAS
DELIGHT (1961)
ART BLAKEY
& THE JAZZ MESSENGERS - CARAVAN
(1962)
La formula mutuata dal Jazztet di
Benny Golson e Art Farmer (sestetto con tre fiati) e
sorretta da eccezionali personalità della nuova
generazione [Freddie Hubbard (tromba); Wayne Shorter (sax
tenore); Cedar Walton (piano); Curtis Fuller (trombone);
Reggie Workman (contrabbasso)] univa la carica
dellhard-bop alle conquiste modali. Caravan
dà la misura delle enormi capacità del gruppo, tanto in
una ballad come Skylark, quanto nelle complesse
architetture ideate dai membri del gruppo. Grazie alla
qualità degli arrangiamenti, vi è un magistrale
equilibrio fra entusiasmo e disciplina: Blakey è in
posizione preminente e i suoi poliritmi tracciano una
regia esemplare. - Claudio Sessa
ART BLAKEY
& THE JAZZ MESSENGERS - FREE
FOR ALL (1964) 
Insieme a Max Roach,
Art Blakey ha fatto della batteria uno strumento di primo
piano. La storia ha dato loro ragione, ma in un primo
tempo, un simile ruolo di mattatori e il gusto del
dialogo alla pari con gli strumenti a fiato attirarono
sui due laccusa di invadenza. Uno dei più grandi
direttori di complesso di tutto il jazz,
Blakey ridusse lo stile batteristico bop agli elementi
essenziali. La carica furibonda che imprime al suo
accompagnamento costringe i solisti a dar fondo alle
proprie risorse senza cedimenti. Il morso dello hi-hat
pulsa nel silenzio prima che le figurazioni ritmiche
comincino a girare vorticosamente tra le pelli come bocce
tra i birilli; le pause improvvise sono seguite da
sprazzi di giochi di bacchette sul bordo del rullante,
prima del titanico crescendo finale. Al centro del suo
linguaggio strumentale è la rullata, un tenue sussurro
che cresce fino a proporzioni immani. I solisti deboli
rischiano di essere sopraffatti dal suo sostegno ritmico,
ma come prova del fuoco per giovani ambiziosi i gruppi di
Blakey non sono secondi a nessuno. Generazioni di giovani
hanno imparato il mestiere con Blakey e poi lhanno
lasciato per dirigere propri complessi, consentendogli di
pescare ancora nel mazzo delle promesse. Nel 1960 la
sezione dei solisti fu ulteriormente rafforzata
dallazione del tenorista Wayne Shorter. La
scrittura di Shorter dominò ben presto il repertorio, e
una sfilata di album eccellenti venne a ristabilire il
primato dei Messengers. Il trombettista Freddie Hubbard
prese il posto di Lee Morgan, conservandone tutta la
forza dimpatto. Cè davvero limbarazzo
della scelta tra Mosaic, Caravan, Free
For All e gli altri dischi del gruppo. - E.I.J.
ART BLAKEY &
THE JAZZ MESSENGERS - INDESTRUCTIBLE
(1964)
ART BLAKEY &
THE JAZZ MESSENGERS - LIVE AT
MONTREUX AND NORTHSEA (1981)
ART BLAKEY & THE JAZZ MESSENGERS - ALBUM
OF THE YEAR (1982)
Dopo aver scritto la
storia con i capolavori incisi per la Blue Note, nel 1982
Art Blakey ricompare in Olanda e a Parigi a capo di un
organico in cui si alternano future superstar come Wynton Marsalis,
Bobby Watson, Donald Harrison
e Terence
Blanchard. Il roboante titolo di album
dellanno è fedele al carattere del grande
batterista, mattatore indomito e maestro ineguagliabile
nellarte di erudire prima e spronare poi i talenti
più ambiziosi. Accanto a un nucleo stabile guidato dal
leader [Bill Pierce (sax tenore), Charles Fambrough
(contrabbasso)], sfilano a turno i pianisti James
Williams e Johnny ONeal affiancati,
rispettivamente, dai formidabili tandem tromba/alto
Marsalis/Watson e Blanchard/Harrison. Ormai imperituro,
il classico stile dei Jazz Messengers non ha bisogno di
aggiornamenti e queste sedute europee si distinguono dal
glorioso passato solo per linevitabile evoluzione
dellalta fedeltà: nel nuovo repertorio rimangono
intatte carica espressiva, finezze strumentali e
consistenza melodica. La scaletta comprende alcuni
pregevoli pezzi originali firmati Fambrough (Little
Man), Williams (Soulful Mister Timmons),
Watson (In Case You Missed It), Blanchard (Oh -
By The Way), Harrison (Duck Soup), oltre a uno
standard parkeriano (Cheryl) e a una fenomenale
versione di Witch Hunt, assolutamente degna della
prima registrata da Wayne Shorter durante la
vigilia di Natale del 1964 (Speak
No Evil). - B.A.
CARLA BLEY / PAUL
HAINES - ESCALATOR OVER THE HILL (1971)
CARLA BLEY - DINNER
MUSIC (1976)
CARLA BLEY - MUSIQUE
MECANIQUE (1978)
CARLA BLEY - SOCIAL
STUDIES (1981)
PAUL BLEY - CLOSER
(1965)
PAUL BLEY - RAMBLIN
(1966)
PAUL BLEY - BALLADS
(1970)
PAUL BLEY - OPEN,
TO LOVE (1972)
PAUL BLEY - ALONE
AGAIN (1974)
PAUL BLEY - AXIS
(1977)
PAUL BLEY - THE
PAUL BLEY QUARTET (1987)
PAUL BLEY - SOLO
(1987)
PAUL BLEY - BLUES
FOR RED (1990)
PAUL BLEY - CHANGING
HANDS (1991)
PAUL BLEY - SWEET
TIME (1993)
PAUL BLEY - BASICS
(2000)
BLEY / GILMORE /
PEACOCK / MOTIAN - TURNING POINT (1964/1968)
PAUL BLEY / GARY
PEACOCK / BARRY ALTSCHUL - VIRTUOSI (1967)
PAUL BLEY / BILL
CONNORS / JIMMY GIUFFRE - QUIET SONG
(1974)
PAUL BLEY / EVAN
PARKER / BARRE PHILLIPS - TIME WILL
TELL (1994)
BLEY / MOTIAN - NOTES
(1987)
PAUL BLEY / KENNY
WHEELER - TOUCHÉ
(1996)
ARTHUR
BLYTHE - THE GRIP (1977)
ARTHUR
BLYTHE - METAMORPHOSIS
(1977)
ARTHUR
BLYTHE - IN THE TRADITION
(1978) 
ARTHUR BLYTHE
- LENOX AVENUE BREAKDOWN
(1978) 
Un riuscito connubio
tra latipica formula strumentale e
leccellenza della formazione per celebrare lo
spirito di Harlem
e, in senso lato, la cultura afro-americana. La sezione
fiati a tre voci schiera Arthur Blythe
(sax alto), James
Newton (flauto), Bob Stewart
(tuba), il che dona una spiccata varietà cromatica al
tessuto sonoro. A sua volta, linconsueto reparto
propulsivo affianca gli irregolari James
Blood Ulmer (chitarra) e Guillermo Franco
(percussioni) accanto ai veterani Cecil
McBee (contrabbasso) e Jack DeJohnette
(batteria). I quattro lunghi pezzi dispiegano,
rispettivamente, una festosa marcia per le vie della
città dorigine di Blythe (Down San Diego Way),
unassorta ballata dagli echi levantini (Odessa),
due maestosi affreschi jazz in cui
gli accordi grattati di Ulmer e il volume
sonoro del collettivo donano una sorprendente dimensione
orchestrale agli arrangiamenti (Lenox Avenue Breakdown,
Slidin Through). Straordinari tutti gli
assoli. Allepoca, un progetto analogo per stile,
originalità e consistenza fu proposto da Woody Shaw coi suoi
splendidi album CBS (Rosewood,
Woody III, For Sure!). - B.A.
ARTHUR
BLYTHE - LIGHT BLUE: ARTHUR BLYTHE
PLAYS THELONIOUS MONK (1983)
ARTHUR BLYTHE - EXHALE
(2002)
FIORENZO BODRATO -
ACT NO STRANGE (2008)
FIORENZO BODRATO -
MAINSCREAM FIVE (2009)
FLAVIO BOLTRO
- FLABULA (1992)
Gli amanti della
musica per tromba e sezione ritmica aprano le orecchie:
nel piccolo scrigno in cui custodiamo i classici della
categoria [Quartet (Chet Baker / Russ Freeman), Candy
(Lee Morgan), Portrait
Of Art Farmer (Art Farmer), Live In
Tokyo (Charles Tolliver),
Gnu High (Kenny Wheeler), Ah
(Enrico Rava), Tribute To The Trumpet Masters
(Brian Lynch)]
vanno aggiunti due album stilisticamente analoghi, anche
se diversi per origine, retroterra e fama dei rispettivi
titolari: Flabula e J
Mood.
Flabula - Non sapremmo dire se Flavio Boltro sia
il miglior trombettista italiano: al momento è
certamente il nostro preferito, lautentico erede
spirituale di Enrico
Rava, oltre che uno dei più quotati solisti
internazionali. Anni fa lo ascoltammo dal vivo in un pub
di Ascoli Piceno, mentre insieme a una formazione locale,
raccolta in fretta ma più che valida, eseguiva una
superba versione della davisiana Nardis: concerto
straordinario. Questo raro volume della defunta Pentaflowers
precede il prestigioso approdo alla Blue Note (forse
propiziato da cotanto esordio). Sorretto da Massimo
Faraò (pianoforte), Aldo Zunino (contrabbasso) e
dallindimenticabile Giulio
Capiozzo (batteria), Boltro sciorina il proprio
disinvolto fraseggio attraverso una manciata di
arrangiamenti fluidi e misurati, tra cui spiccano
Flabula, Woody, Blues Brau e la soave
ballad Valery. - B.A.
FLAVIO BOLTRO - ROAD
RUNNER (1999)
FLAVIO BOLTRO - 40°
(2003)
BOLTRO / BASSINI /
PRINA - INTO THE BLUE (1987)
SALVATORE BONAFEDE
- ACTOR-ACTRESS (1990)
SALVATORE BONAFEDE
- NOBODYS PERFECT (1992)
SALVATORE BONAFEDE
- JOURNEY TO DONNAFUGATA (2003)
SALVATORE BONAFEDE
- FOR THE TIME BEING (2005)
MICHELE BOZZA
- AROUND
(1996)
La scelta di due raffinati standard
hard-bop qualifica il tenorista Michele Bozza come
autentico intenditore. Lelegante interpretazione
del classico di Benny Golson (Along Came Betty)
consente di riassaporare una splendida melodia, e
suggerisce allascoltatore insaziabile il recupero
della storica incisione dei Jazz Messengers (Moanin).
Beatrice è una languida ballad che Sam
Rivers compose per il suo sensazionale esordio
Blue Note (Fuchsia Swing Song):
nella loro versione, Bozza e Ambrosetti confessano una
sincera passione per il brano, con assoli ispirati e
stilisticamente pregevoli. Convincente la prestazione del
solito Massimo Manzi, che ormai nellarea
marchigiana è unistituzione e che si sta
affermando anche a livello nazionale come uno dei
batteristi più misurati e affidabili. - B.A.
JOANNE BRACKEEN - SNOOZE
(SIX ATE) (1975)
JOANNE BRACKEEN /
CLINT HOUSTON - NEW TRUE ILLUSION (1976)
JOANNE BRACKEEN
featuring MICHAEL BRECKER - TRING-A-LING
(1977)
JOANNE BRACKEEN
with EDDIE GOMEZ - PRISM (1978)
JOANNE BRACKEEN - KEYED
IN (1979) 
JOANNE BRACKEEN - MYTHICAL
MAGIC (1979) 
JOANNE BRACKEEN - ANCIENT
DYNASTY (1980) 
One night we were playing in
Atlanta, Georgia, and this guy hollered up at me: «Hey there, boy, how come you got a
white girl up there on the piano?». I just looked
him straight in the eye and said: «Sorry, sir, I thought I just had a pianist
». - Art
Blakey
Veterana
ad appena quarantanni grazie a un curriculum
impressionante (Art Blakey,
Joe
Henderson, Stan Getz),
raccomandata a Bob
James da Michael
Brecker - luno fondatore e responsabile della Tappan Zee,
laltro prestigioso partner su Tring-A-Ling -
con Ancient Dynasty Joanne Brackeen
pubblica il disco della vita. Per la pregiata etichetta fusion, la pianista califrniana
aveva già inciso leccellente Keyed In, in
trio* con Eddie
Gomez (contrabbasso) e Jack DeJohnette
(batteria). Forte della fiducia confermata da James, la
Brackeen recluta ancora i due fuoriclasse - forse la
miglior sezione ritmica allora disponibile, già
ascoltata con McCoy
Tyner sul secondo volume di Supertrios -
ampliando lorganico allautorevole presenza
del suo ex-capo Joe
Henderson
quando si dice dream
team. Non sappiamo se con titolo suggestivo e
copertina icastica Joanne intendesse
alludere a un qualche debito o legame col passato, ma
linfluenza formale dei più evoluti quartetti di
scuola Blue Note (Black Fire, Inner
Urge, Fuchsia
Swing Song, Ju Ju, The Real McCoy
etc.) è palese e si dispiega in una splendida codifica
di quello stile. Gli arrangiamenti dei quattro lunghi
pezzi originali lasciano il necessario spazio espressivo
a ciascun virtuoso, generando altresì un flusso continuo
di assoli spettacolari, invenzioni fulminee, nessi
telepatici. Liniziale Ancient Dynasty
possiede uno spiccato retrogusto latino che evoca alcune
pagine del repertorio di Chick Corea e consente a Joe
Henderson di rivivere le atmosfere dei memorabili
duetti con Kenny
Dorham (Blue Bossa, Recorda Me, Una
Mas, Sao Paulo, Trompeta Toccata,
Mamacita). Limpetuosa indole dellautrice
è evidenziata dal taglio decisamente percussivo che
distingue anche gli altri pezzi: Remembering, in
cui si alternano fughe e ralenti ciclici, Beagles
Boogie, bizzoso tema a tempo dispari, Pin Drum
Song / Celebration, staffetta di velocità in cui
vincono tutti. Ovunque, gli esplosivi fraseggi di
Brackeen, linclinazione modale di
Henderson, i saggi di bravura di Gomez e De Johnette
concorrono a definire un classico per tutte le stagioni.
Indispensabile. Capolavoro. Forever
Young. [P.S. - 1) *Brackeen, Gomez e De Johnette si
ritroveranno insieme prima su Special Identity,
poi su Where Legends Dwell, entrambi magnifici. 2)
Design: Paula
Scher. Foto: John
Paul Buddy Endress.] - B.A.
JOANNE BRACKEEN - SPECIAL
IDENTITY (1982) 
JOANNE BRACKEEN - HAVIN
FUN (1985)
JOANNE BRACKEEN - IS
IT REALLY TRUE (1991)
JOANNE BRACKEEN - WHERE
LEGENDS DWELL (1991)
DON BRADEN - THE
TIME IS NOW (1991)
DON BRADEN - WISH
LIST (1991)
DON BRADEN - AFTER
DARK (1993)
BRASSERIE TRIO - MUSIQUE
MÈCANIQUE
(1998)
ANTHONY BRAXTON - 3
COMPOSITIONS OF NEW JAZZ (1968)
ANTHONY BRAXTON - FOR
ALTO (1968)
ANTHONY BRAXTON - NEW
YORK FALL 1974 (1974)
ANTHONY BRAXTON - TRIO
AND DUET (1974)
ANTHONY
BRAXTON - FIVE PIECES 1975 (1975)

 Coi
suoi vezzi professorali (pipa, occhialini, scacchi) Anthony
Braxton aveva messo a soqquadro un ambiente per
tradizione avverso allaccademia, imponendo la
scomoda figura dellartista afro-americano
intellettuale e filoeuropeo. Eppure, riascoltando questa
musica col senno di poi, si stenta a credere che
allepoca abbia suscitato tanto clamore. Al netto
degli orpelli mediatici, infatti, il polistrumentista di
Chicago è soprattutto un virtuoso superlativo, oltre che
un compositore lucido e rigoroso, forse il più credibile
erede di Eric
Dolphy. Five Pieces 1975 coglie il personaggio
in stato di grazia, sorretto da partner congeniali e
motivati (¾ dellorganico di Conference Of The Birds
o, se preferite, ¾ dei Circle di Paris Concert): Kenny
Wheeler (tromba, flicorno), Dave Holland
(contrabbasso), Barry Altschul (batteria). Lalbum
si apre con uno strepitoso dialogo Braxton/Holland (sax
alto/contrabbasso) sulle variazioni armoniche di You
Stepped Out Of A Dream, per ribadire, a scanso di
equivoci, leccezionale caratura tecnica dei due
fuoriclasse. Il sinistro tema di Opus
23H è esposto da flauto e sordina che, durante
lintermezzo, svaniscono nel labirinto percussivo
eretto da Altschul. Dedicata ad Albert
Ayler, Opus 23E inizia
con una solenne fanfara cui segue la convulsa sequenza di
improvisazioni alternate (clarinetto, tromba, flauto,
batteria), lunga oltre diciassette minuti. Strutture
relativamente intelligibili consentono una più immediata
fruizione degli assoli di sax alto su Opus
23G e Opus 40M. A
noi, menti semplicette, pare assurdo che uno dei feticci
del jazz anni Settanta sia ancora
fuori catalogo e, al momento, risulti disponibile solo
nelledizione integrale della Mosaic (The
Complete Arista Recordings Of Anthony Braxton). Un
modo per sollecitare la ristampa CD potrebbe essere
quello di scrivere agli attuali proprietari del marchio Arista
(SONY) e dir loro che
sono degli stronzi. [P.S. - Per recuperare gli enigmatici
titoli originali e leggere una dotta analisi di tutte le
registrazioni di Anthony
Braxton, raccomandiamo lottimo sito Restructures.]
- B.A.
ANTHONY BRAXTON - SEVEN
COMPOSITIONS 1978 (1978)
ANTHONY BRAXTON - ALTO
SAXOPHONE IMPROVISATIONS 1979 (1979)
ANTHONY BRAXTON - SIX
COMPOSITIONS (QUARTET) 1984 (1984)
ANTHONY BRAXTON - QUARTET
(LONDON) 1985 (1985)
ANTHONY BRAXTON - QUARTET
(BIRMINGHAM) 1985 (1985)
ANTHONY BRAXTON - QUARTET
(COVENTRY) 1985 (1985)
ANTHONY BRAXTON - SIX
MONKS COMPOSITIONS (1987)
(1987) 
BRAXTON / BAILEY -
FIRST DUO CONCERT (1974)
BRAXTON / PARKER -
DUO (LONDON) 1993 (1993)
BRAXTON / PARKER /
RUTHERFORD - TRIO (LONDON) 1993
(1993)
MICHAEL
BRECKER - MICHAEL BRECKER (1987) 
 La genesi dellalbum prese forma
durante le sedute di registrazione di 80/81: la band allestita
per quel progetto amalgamava brillantemente la chitarra
visionaria di Pat
Metheny, leredità free di
Charlie
Haden, la batteria davisiana di Jack
DeJohnette, il sax meta-stilistico di Michael
Brecker*. Confuso dalla stampa
specializzata per un disco qualsiasi, seppure di
buon livello, e trascurato come autentico manifesto
musicale post-idelogico, 80/81
proponeva alcune intuizioni geniali: 1) lessenza
del jazz è
limprovvisazione, non il parlarsi addosso di
qualche pseudo-intellettuale con la pipa e la erre
moscia; 2) dopo un quarto di secolo, il rock - Beatles
e Steely Dan, un
nome per ciascun decennio - è una realtà sociale e
artistica con cui chiunque suoni uno strumento deve fare
i conti; 3) punk e febbre
hanno minacciato lesistenza stessa del genere
umano, ma una misteriosa confraternita di ascoltatori
saggi e schivi riuscì a sopravvivere semplicemente
pulendosi il culo con entrambe le mode; 4) nessuna
persona per bene prenderebbe sul serio gli anni Ottanta
in quanto tali, 80 e 81 erano
solo i numeri di catalogo consecutivi del doppio vinile di Metheny.
Lesperienza al Talent
Studio di Oslo segnò in modo profondo Michael
Brecker che, per il proprio attesissimo esordio
individuale, riconvocò lo stesso gruppo - tranne Dewey
Redman, anchegli sax tenore - aggiungendo al
tessuto strumentale le tastiere metropolitane di Kenny
Kirkland. Scelte con cura alcune preziose
composizioni proprie e altrui, Brecker le elabora secondo
lo spirito dei memorabili arrangiamenti di 80/81 [Everyday (I
Thank You), The Bat, Open, Pretty
Scattered, 80/81]: dalla ieratica solennità
di Sea Glass, al pregevole inedito di Mike Stern
(Choices), passando per le due pagine scritte da Don
Grolnick (anche produttore), poi riprese dal pianista
sui suoi splendidi volumi Blue Note [Nothing
Personal (Weaver Of
Dreams), The Cost Of Living (Nighttown)], al
suggestivo connubio di tema folk e
sonorità sintetiche su Original Rays, fino agli
echi siderali di Sizygy, forse il pezzo più bello
del CD, col frenetico duetto sax/batteria e
lemozionante entrata in scena della chitarra. *Dopo
le storiche collaborazioni con James Taylor, Michael Franks, Frank Zappa, Kenny
Loggins, Steve
Khan, Chick Corea, Donald Fagen, il
timbro stentoreo e i fraseggi funambolici di Brecker
trovano qui una sintesi estetica definitiva. - B.A.
MICHAEL BRECKER - DONT
TRY THIS AT HOME (1988)
MICHAEL BRECKER - NOW
YOU SEE IT ... (NOW YOU DONT) (1990)
MICHAEL BRECKER - TALES
FROM THE HUDSON (1996)
MICHAEL BRECKER - TWO
BLOCKS FROM THE EDGE (1997)
MICHAEL BRECKER - TIME
IS OF THE ESSENCE (1999)
RANDY BRECKER - SCORE
(1969)
RANDY BRECKER
- IN THE IDIOM (1986)

Suoni acustici.
Niente fronzoli. Si torna alle origini. Dopo essersi
imposto come artefice, pioniere e caposcuola del
linguaggio fusion, Randy
Brecker riaccende una passione mai sopita grazie
allinteressamento della corporation giapponese Denon.
Letà delloro (Blue Note, Miles
Davis) cui da sempre si ispira il trombettista rivive
grazie alla presenza di maestri come Joe
Henderson (sax tenore) e Ron Carter
(contrabbasso), affiancati allaltro davisiano di
lungo corso Al Foster
(batteria) e al brillante David
Kikoski (pianoforte). Nel contesto formale del
classico quintetto hard-bop,
peraltro di livello eccelso, la rinomata penna di Randy,
della quale si è giovato con profitto anche Steve Khan (Tightrope; The Blue Man; Evidence), trova lo
spazio giusto per esporre una scrittura complessa,
intrisa di melodia ma armonicamente evoluta. La
sensibilità espressiva di Henderson risalta tanto sulle
ballad (Forever Young; Youre In My Heart)
quanto sui brani più dinamici (Hit Or Miss;
Sang; Theres A Mingus A Monk Us; Little
Miss P), in cui il dialogo col retroterra post-rock del leader evoca gli infuocati
duelli dei Brecker
Brothers. Entrambi pilastri di due diverse, storiche
formazioni condotte dal divino, Carter e
Foster offrono un sostegno ritmico duttile, raffinato,
preciso, evidente sullarchitettura metrica di No
Scratch e sul pensoso clima modale di Moontide.
Prevista, ma non superflua, la consueta alta fedeltà
audio garantita dalla Denon
che, nel proprio catalogo, vanta anche The Art Of The Saxophone,
capolavoro di Bennie
Wallace. - B.A.
RANDY BRECKER - LIVE
AT SWEET BASIL (1988)
NICK BRIGNOLA - THIS
IS IT (1967)
NICK BRIGNOLA / PEPPER ADAMS - BARITONE
MADNESS (1977)
NICK BRIGNOLA - NEW
YORK BOUND
(1978)
NICK BRIGNOLA / CECIL PAYNE / RONNIE
CUBER - BURN BRIGADE
(1979)
NICK BRIGNOLA - L.A.
BOUND (1979)
NICK BRIGNOLA - SIGNALS
... IN FROM SOMEWHERE (1983)
NICK BRIGNOLA - NORTHERN
LIGHTS (1984)
NICK BRIGNOLA - RAINCHECK
(1988)
NICK BRIGNOLA
- ON A DIFFERENT LEVEL
(1989) 
Seguendo le orme di
Harry Carney (suo mentore), Serge Chaloff, Gerry Mulligan
e Pepper Adams, il paesano Nick Brignola
ripropone lantico charme del sax baritono in piena
era digitale, registrando un pugno di ottimi album per la
dinamica Reservoir.
Tra i vari titoli degni di nota, On A Different Level
si distingue per lassoluta fedeltà di Nick al suo
primo strumento e per la presenza di una sezione ritmica
lussuosa, composta da Kenny Barron
(piano), Dave
Holland (contrabbasso) e Jack DeJohnette
(batteria). Il repertorio sopraffino garantisce la
caratura dellartista. Tears Inside è un
blues anticonvenzionale di Ornette
Coleman, già inciso dal padre del free
nel 1959 (Tomorrow Is The Question!), che serve al
quartetto per scaldare i muscoli: Brignola espone il tema
accompagnato dal solo Holland, per poi scattare in avanti
non appena Barron e DeJohnette si lanciano
allinseguimento. La tradizione è celebrata con le
commosse, meravigliose dediche a Tadd Dameron (Hot
House) e Duke Ellington (Sophisticated Lady),
e culmina nellarrangiamento di Duke
Ellingtons Sound Of Love, sublime ballad di
Charles Mingus (Changes
One) ripresa più volte anche da Joe Lovano (Village
Rhythm; Quartets). Scritta da Holland per il
progetto ECM con
Abercrombie e DeJohnette, Back-Woods Song risale
allo splendido esordio di quel trio (Gateway):
ridisegnando la melodia col sassofono, Brignola
conferisce tutta unaltra atmosfera
alloriginale falsariga folk tracciata dalla
chitarra. Lestrema dimestichezza con gli standard
è sottintesa, ma Nick esibisce una voce incisiva e
duttile anche nelle situazioni apparentemente più
prevedibili (All The Things You Are; Softly As
In A Morning Sunrise). - B.A.
NICK BRIGNOLA - WHAT
IT TAKES (1990)
NICK BRIGNOLA - ITS
TIME (1991)
NICK BRIGNOLA - THE
FLIGHT OF THE EAGLE (1996)
NICK BRIGNOLA - LIKE
OLD TIMES (1994)
NICK BRIGNOLA - POINCIANA
(1997)
NICK BRIGNOLA - ALL
BUSINESS (1999)
ROY BROOKS - BEAT
(1964)
ROY BROOKS - THE
FREE SLAVE (1970)
TINA BROOKS - TRUE
BLUE (1960) 
PETER BRÖTZMANN - MACHINE
GUN (1968)
BRÖTZMANN / VAN HOVE /
BENNINK - BRÖTZMANN / VAN HOVE / BENNINK
(1973)
MARION BROWN - MARION
BROWN QUARTET (1965)
MARION BROWN - WHY
NOT? (1966)
MARION BROWN - PORTO NOVO (1967)

 Nel
1967 il movimento free aveva già partorito
una seconda, prolifica generazione della quale Marion
Brown era alfiere insieme a improvvisatori radicali come
Frank Lowe, Sam Rivers, Milford Graves. Il sassofonista
dallo sguardo triste incide il suo album più bello nei
Paesi Bassi, immettendo nel proprio stile nuovi elementi
espressivi (fischi, gemiti, dissonanze) grazie agli
stimoli prodotti dai due egregi partner olandesi, Maarten
Van Regteren Altena (contrabbasso) e Han Bennink
(batteria, percussioni). Lintesa del trio risalta
sulla spossante fuga collettiva di Similar Limits,
sulle audaci esplorazioni timbriche di Sound Structure,
sullimboscata tesa dalla sezione ritmica al solista
durante lo svolgimento di Improvisation. Il
ribollente magma sonoro di QBIC genera un superbo
assolo di Bennink che, in appena un minuto, si impone
come visionario fuoriclasse dello strumento. Le sue tabla
introducono la lunga title-track, anticipando un
confronto senza inibizioni fra virtuosi. Pubblicato prima
dalla Polydor, poi dalla Arista, Porto Novo rimane
un classico dellepoca, indispensabile per i cultori
delle etichette ESP
e FMP. Tre anni
dopo Brown approderà alla neonata ECM, per registrare
il bucolico Afternoon Of A Georgia Faun. - B.A.
MARION BROWN - AFTERNOON
OF A GEORGIA FAUN (1970)
MARION BROWN - MARION
BROWN SOLO SAXOPHONE (1977)
DAVE BRUBECK - DAVE
DIGS DISNEY (1957)
DAVE BRUBECK - GONE
WITH THE WIND (1959)
DAVE BRUBECK
- TIME
OUT
(1959) 
Pianista e
compositore dalla ferrea preparazione accademica, Dave
Brubeck costituì un raffinato quartetto in cui
spiccava laltosassofonista Paul Desmond, per
sonorità e inventiva uno dei più godibili solisti
moderni. Ma vanno sottolineate anche labilità del
bassista Gene Wright e la precisione del batterista Joe
Morello, doti indispensabili per questo specifico
progetto. Time Out è infatti una spericolata
esplorazione al di fuori del 4/4. Proprio Desmond scrisse
il brano che avrebbe cementato la fama del complessino: Take
Five, brioso tema in 5/4 su cui il delizioso
volo del sax è guidato dallenergia del batterista.
Non meno famoso Blue Rondo À La Turk, scritto
da Brubeck in 9/8, e ancor più fine Three To Get
Ready, basato sul susseguirsi di due battute in 3/4 e
due in 4/4. E così via. La dottrina ritmica e le
interpunzioni accentuate di Brubeck non sono freno per
uno swing vivo e rigoglioso. - Gian Mario Maletto
DAVE BRUBECK - TIME
FURTHER OUT: MIRÓ REFLECTIONS
(1961)
DAVE BRUBECK - COUNTDOWN:
TIME IN OUTER SPACE (1962)
DAVE BRUBECK - ...
WEST SIDE STORY ...
(1960/1962/1965)
DAVE BRUBECK - ALL
THE THINGS WE ARE (1974)
DAVE BRUBECK &
PAUL DESMOND - THE DUETS / 1975 (1975)
GREG BURK - CARPE
MOMENTUM (2002)
KENNY BURRELL - ALL
NIGHT LONG (1956)
KENNY BURRELL
& JOHN COLTRANE - KENNY BURRELL
& JOHN COLTRANE (1958)
KENNY BURRELL - MIDNIGHT
BLUE (1963)
KENNY BURRELL
/ GIL EVANS - GUITAR FORMS (1965)
 Fatevi
un regalo: staccate la spina per un giorno
nessuno
sentirà la vostra mancanza
in fondo sono solo
poche ore
dalla sera prima alla tarda mattinata
successiva
per riscoprire il significato
dellespressione ars
gratia artis bastano un paio di CD
infilate nello zainetto The
Individualism Of Gil Evans e Guitar Forms
salite in moto
guidate verso la costa
rintanatevi nellappartamento sul lungomare
la bassa stagione vi accorderà il lusso di un
condominio deserto
per cena trancio di pizza e
birra
il fedele impianto stereo
delladolescenza relegato nella seconda casa vi sta
aspettando
lo spettacolo può iniziare
Guitar Forms - La supervisione di Creed
Taylor è già una garanzia, ma accanto ad alcune
performance in quartetto - con Roger
Kellaway, Joe
Benjamin, Grady Tate
- in cui il fluido fraseggio di Kenny
Burrell tonifica luniforme corredo timbrico
pianoforte/chitarra (Downstairs, Terrace Theme,
Breadwinner), la scaletta squaderna cinque superbe
partiture orchestrate da Gil Evans
attraverso cui si susseguono stili e influenze diversi: Lotus Land diffonde seducenti
aromi flamenco, sebbene rechi la firma del britannico Cyril
Meir Scott; Moon And Sand e Loie
seguono la direzione appena intrapresa da Stan Getz
con Jazz Samba; già interpretato da John
Coltrane (Africa/Brass), lo standard folk Greensleeves si conferma
inesauribile fonte di ispirazione per gli improvvisatori;
Last Night When We Were Young segna il vertice del
disco, ma il primato di questa splendida cover durerà
appena fino al 13 Aprile 1965, quando Frank
Sinatra e Gordon
Jenkins consegneranno alleternità la loro
versione dellevergreen di Harold
Arlen e Yip
Harburg (September
Of My Years). - B.A.
KENNY BURRELL - GOD
BLESS THE CHILD (1971)
KENNY BURRELL - ELLINGTON
IS FOREVER VOL. 1 (1975)
KENNY BURRELL - ELLINGTON
IS FOREVER VOL. 2 (1977)
GARY BURTON - SEVEN
SONGS FOR QUARTET AND CHAMBER ORCHESTRA (1973)
GARY BURTON - THE
NEW QUARTET (1973)
GARY BURTON - RING
(1974)
GARY BURTON - DREAMS
SO REAL (1975)
GARY BURTON
with EBERHARD WEBER - PASSENGERS (1976)
I collezionisti più
attenti già lo sanno. Per gli altri sarà una piacevole
sorpresa scoprire che, oltre a That
Summer Something, gioiello sepolto
nellomonimo, raro album della Ross-Levine Band, il
repertorio di Pat
Metheny annovera anche due pezzi originali scritti
apposta per Gary
Burton e incisi dallautore solo sotto le
insegne del vibrafonista. Oggi fa impressione osservare
come, nonostante la sua presenza, tra i titolari
ufficiali di Passengers manchi il nome di Metheny,
allepoca non ancora big planetario, anche se già
sotto contratto con lECM - le sedute di Bright
Size Life sono di pochi mesi precedenti a queste -
peraltro raccomandato dallo stesso Burton. Il quintetto
(4+1) schiera unelegante sezione ritmica - Steve
Swallow, Danny
Gottlieb - ideale per sostenere con la necessaria
duttilità gli idiofoni
di Burton, la chitarra di Metheny e lallora
inconsueto contrabbasso elettrico di Weber, qui in veste
di terzo solista. Il raffinato impasto strumentale
caratterizza gli arrangiamenti di Sea Journey,
pagina firmata da Chick Corea per lesordio
discografico di Stanley
Clarke (Children Of Forever), e di Yellow
Fields, standard delletichetta tedesca ripreso
dal catalogo di Eberhard
Weber (Yellow Fields). Le partiture di Metheny
- una ballad (Nacada), un simil-samba (The
Whopper), un ostinato
[B & G (Midwestern Nights Dream)] ripreso dal
suo esordio - sono altrettante lezioni di gusto e
ingegno. Il fuoriclasse di Lees
Summit vi esibisce già le doti che lo renderanno
famoso e che, a questi livelli di eccellenza, si
rinvengono raramente in uno stesso artista:
unimpareggiabile attitudine a comporre temi di
struggente bellezza e la capacità di improvvisare
mantenendo sempre un prodigioso senso della melodia. - B.A.
GARY BURTON - PICTURE
THIS (1982)
GARY BURTON /
CHICK COREA - CRYSTAL SILENCE: THE
ECM RECORDINGS 1972-1979
JOHN BUTCHER -
THIRTEEN FRIENDLY NUMBERS (1991)
JOHN BUTCHER - FIXATIONS
(14) (2001)
BUTCHER / BAILEY /
DAVIES - VORTICES AND ANGELS (2000)
BUTCHER / BURN /
DAVIES / EDWARDS - THE FIRST TWO
GIGS (2000)
IGOR BUTMAN - FALLING
OUT (1993)
BUTMAN / KONDAKOV
/ GOMEZ / WHITE - BLUES FOR 4 (1996)
IGOR BUTMAN - PROPHECY
(2003)
IGOR BUTMAN - MAGIC
LAND (2007)
A giudicare dal
corposo curriculum pubblicato sul suo sito, Igor Butman è il
più illustre sassofonista (tenore / soprano) russo. Si
dirà: embè? Gli scettici diano unocchiata al
gruppo di accompagnamento di Magic Land:
Chick Corea, John
Patitucci, Jack
DeJohnette, Randy
Brecker, Stefon
Harris, gente che non si scomoda per lultimo
arrivato, men che mai in comitiva. In realtà, Butman è
un solista in grado di competere con chiunque al mondo
per tecnica, fantasia e finezza. Con lintento di
rileggere in chiave jazz le
colonne sonore di film per linfanzia e cartoni
animati dellera sovietica - una variante
oltre cortina del classico Dave Digs Disney di Dave
Brubeck - il prestigioso sestetto cava meraviglie da
(apparentemente) innocue canzoncine per bambini. Il
contrasto tra leco fanciullesca dei temi e la
preziosa caratura degli arrangiamenti funziona, calando i
convenuti in un clima di serena, spontanea ispirazione.
Ciascuno dei celebri virtuosi dà il meglio di sé in un
repertorio di qualità omogenea ed elevata. Nostre
personali predilezioni: la dolente ballad Amazing Far,
con la tromba di Brecker che graffia il cuore, e
lirresistibile ritmo di Chunga-Changa, con
Patitucci, DeJohnette e Harris rapiti dallevocativo
swing cosacco. Divertente lo stupore dei cinque americani
che, nelle note di copertina, ammettono la sostanza
musicale delle melodie comuniste. Prodotto da
Jack DeJohnette.
Registrato a New York da James Farber. 4½ stellette per Down Beat. - B.A.
IGOR BUTMAN - MOSCOW
@ 3 A.M. (2009) 
DONALD BYRD - OFF
TO THE RACES (1958)
DONALD BYRD - BYRD
IN HAND (1959)
DONALD BYRD - FUEGO
(1959)
DONALD BYRD - BYRD
IN FLIGHT (1960)
DONALD BYRD - THE
CAT WALK (1961)
DONALD BYRD -
ROYAL FLUSH
(1961)
Esemplare seduta Blue Note che
consolida il legame artistico tra Donald Byrd e Pepper
Adams, già al quarto appuntamento dopo Off To The
Races, Byrd In Hand, The Cat Walk. In
seguito, Byrd otterrà un enorme successo personale con
la svolta fusion degli anni
Settanta, viceversa Adams non riceverà i riconoscimenti
dovuti a un talento del suo rango. Sebbene egli godesse
della considerazione di maestri come Charles Mingus e
Thad Jones, infatti, nessuna grande etichetta gli permise
di incidere con regolarità in veste di titolare: per
questo vale la pena di soffermarsi ovunque sia presente
il suo acuminato sax baritono. Con Herbie Hancock al
pianoforte e una sezione ritmica d.o.c.
[Butch Warren (contrabbasso); Billy Higgins (batteria)],
i due solisti possono dedicarsi allapprofondimento
del blues, colore dominante lungo tutto lalbum.
Hush introduce il discorso con un classico giro in Do
vivacizzato da intervalli, scatti e rimbalzi. Jorgies
e Shangri-La esibiscono strutture armoniche più
evolute, mentre su 6 Ms risuonano,
inequivocabili, echi dellimmortale All Blues
di Miles Davis (Kind Of Blue).
- B.A.
DONALD BYRD - FREE
FORM (1962)
DONALD BYRD - BLACKJACK
(1963/1967)
DONALD BYRD - MUSTANG!
(1966)
GARY BURTON - PASSENGERS
(1976)

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