FUSION
HORACEE ARNOLD - TRIBE (1973) HORACEE ARNOLD - TALES OF THE EXONERATED FLEA (1974) Immaginate di scoprire per caso un paio di
oscuri album del biennio 1973/1974 a cui partecipino come
ospiti Ralph Towner
e John
Abercrombie
sconcerto, smarrimento,
trepidazione
infine sollievo, grazie alla
splendida ristampa CD della MIG. Batterista dalle
molteplici e disparate esperienze (Rahsaan
Roland Kirk, Charles
Mingus etc.), in possesso di tecnica impeccabile e
gusto sopraffino, Arnold approda allesordio
individuale grazie a un contratto con la Columbia
(allepoca finanziavano questa roba
): i due
dischi prodotti sono oggi considerati parte integrante
della vicenda fusion*. BURT BACHARACH - REACH OUT (1967) BURT BACHARACH - MAKE IT EASY ON YOURSELF (1969) BURT BACHARACH - BURT BACHARACH (1971) BURT BACHARACH - LIVING TOGETHER (1973) BURT BACHARACH - FUTURES (1977) BURT BACHARACH - WOMAN (1979) JEFF BECK - BLOW BY BLOW (1975) JEFF BECK - WIRED (1976) Nellera degli unplugged fatti su misura per questumanità decerebrata ed esangue, cosa cè di più sovversivo e fuori moda di un album strumentale ed elettrico, aperto allimprovvisazione e inciso con la regia del produttore dei Beatles? In una scaletta più che pregevole, almeno due brani valgono lacquisto di Wired. Intramontabile classico fusion scritto da Max Middleton, il feroce riff di Led Boots aizza laggressività di Jeff Beck e Jan Hammer che, con la solid body e il sintetizzatore, sparano micidiali traccianti addosso alla coppia ritmica [Wilbur Bascomb (basso); Narada Michael Walden (batteria)]. Con Goodbye Pork Pie Hat, il lamento funebre dedicato da Charles Mingus a Lester Young diventa un blues elettrico in cui la chitarra espone diligentemente la bellissima, straziante melodia, per poi abbandonarsi al rito pagano del feedback: insieme alla stupenda versione di Ralph Towner e Gary Burton (Matchbook), è forse la più riuscita lettura quellimmortale pagina jazz. - B.A. GEORGE BENSON - THE OTHER SIDE OF ABBEY ROAD (1969) GEORGE BENSON - SHAPE OF THINGS TO COME (1969) GEORGE BENSON - BEYOND THE BLUE HORIZON (1971) GEORGE BENSON - WHITE RABBIT (1971) GEORGE BENSON - BODY TALK (1973) GEORGE BENSON - BAD BENSON (1974) GEORGE BENSON - GOOD KING BAD (1974) GEORGE BENSON - BREEZIN (1976) Da qui
riusciamo a vedervi
maniere cordiali, indole
altruista, pollice verde, i CD Blue Note ed ECM gelosamente
custoditi nello scaffale
eppure il mosaico appare
incompleto
cosa vi manca ancora per debellare il
virus del Gioca
Jouer? ma certo, è chiaro, il catalogo dei
tesori CTI!
Appena scomparso (prematuramente) Wes
Montgomery, il mai troppo acclamato Creed
Taylor avvertì subito la necessità di reclutare un
nuovo messia della chitarra
col suo inarrivabile
fiuto di talent scout egli capì che George
Benson era luomo giusto
appena cresimato
alla corte di Miles
Davis (Miles In The Sky), Benson riformava lo
stile di Montgomery adattando quei funambolici fraseggi
bop - di cui era altrettanto padrone - alle
armonizzazioni introdotte dalla fusion
i titoli incisi dal 1968 al 1976 sono tutti
capolavori. GEORGE BENSON - IN FLIGHT (1976) GEORGE BENSON - LIVIN INSIDE YOU LOVE (1977) GEORGE BENSON / EARL KLUGH - COLLABORATION (1987) Chi altri, se non quel volpone di Tommy LiPuma, poteva concepire un progetto a prima vista scontato eppure talmente logico da apparire persino ineluttabile? Già lungimirante regista della svolta di Breezin, exploit in classifica di George Benson, nonché autorevole padrino di Livin Inside Your Love*, rendezvous al vertice con Earl Klugh, LiPuma fiuta il momento giusto per riunire in studio i due virtuosi: la stagione doro della fusion era ormai al tramonto, eppure il mondo aveva ancora bisogno di quei suoni. Assemblata la sezione ritmica perfetta - Greg Phillinganes, Marcus Miller, Harvey Mason - il produttore dispensa a Benson e Klugh pochi, saggi consigli: se la vita spesso fa pena ma larte può riscattare luomo, allora che siano melodia, serenità e improvvisazione a go go. Detto fatto. Lintroduttiva Mt. Airy Road evoca le atmosfere dellindimenticabile Livin Inside Your Love, restituendoci il piacere di ascoltare due talenti puri colti in stato di grazia: il suadente tema esposto allunisono, lo scat che doppia la chitarra semi-acustica e le corde di nylon come fattore sorpresa. Il lungo assolo di George su Mimosa è da antologia, un capolavoro di tecnica prodigiosa e fantasia inesauribile. Jamaica (A Little Island Of Calm) reca la prestigiosa firma di Randy Goodrum e sarà ripresa anche da Mark Murphy sul magnifico What A Way To Go. Lincantevole connubio tra il tocco di Klugh e i guizzi di Benson è ancora in evidenza su Brazilian Stomp, Dreamin, Collaboration e Since Youve Gone. Di fronte a tale cornucopia, la stampa specializzata ebbe la stessa reazione stitica con cui sei anni dopo accoglierà il superbo I Can See Your House From Here di John Scofield e Pat Metheny aveva ragione Frank Zappa, per certa gente «substance is a bore». [P.S. - *Living Inside Your Love, splendido instant classic del secondo album di Earl Klugh, da questi composto con Dave Grusin, piacque a George Benson, che lo riprese in pompa magna registrandolo insieme al collega in un doppio Long Playing quasi omonimo (Livin Inside Your Love) e facendone un successo internazionale.] - B.A. BRECKER BROS. - THE BRECKER BROS. COLLECTION / VOLUME ONE (1975/1981) BRECKER BROS. - THE BRECKER BROS. COLLECTION / VOLUME TWO (1975/1981) Se ancora disponibili, vale la pena di cercare entrambi i volumi, perché contengono una selezione accurata ed esaustiva dei brani strumentali sparsi qua e là nei primi sei album: a parte il materiale estratto da Straphangin - disco di cui non va scartato nulla - sono particolarmente rimarchevoli Skunk Funk, Sponge (Brecker Brothers), Squids, Funky Sea, Funky Dew (Dont Stop The Music), le versioni 'live' degli stessi brani tratte da Heavy Metal Be-Bop - incluso per intero - un formidabile blues rivisitato (Inside Out), una lussuosa ballad di Michael Brecker (Dream Theme) e quattro super-produzioni fusion (Squish; I Dont Know Either; Baffled; Teed Off) recuperate filtrando il discontinuo Detente. - B.A. Listening to these performances, I suspect that the influence and impact that the Brecker Brothers had on all sorts of music will finally come into focus. The fact is that any of this material could easily have been recorded yesterday. It is that valid and that fresh. - Michael Cuscuna BRECKER BROS. - HEAVY METAL BE-BOP (1978) BRECKER BROS. - STRAPHANGIN (1981) Poco tempo dopo la sua genesi, lenta e travagliata, la musica fusion era già ridotta a una parata di fenomeni da baraccone ed emuli di Fausto Papetti. Fortunatamente, alcuni CD eccezionali sovrastano ancora oggi la marea di prodotti mediocri, ricordando a chi non cera i fasti di quella stagione breve ma influente. Un posto nellalbo doro dei capolavori - Eyewitness, Wishful Thinking, YellowJackets, Heavy Weather, Mountain Dance, Still Warm, Elegant Gypsy etc. - spetta di diritto a Straphangin, gioiello ignorato allepoca della pubblicazione e tuttora sepolto sotto le macerie degli anni '80. Lalbum confermava la teoria di Zappa - sempre sia lodato - secondo cui un solista si esprime tanto meglio quanto più valido è il gruppo che lo accompagna. In questo caso, accanto ai due titolari (tromba/tenore) troviamo una super-band riunita apposta per il progetto: Richie Morales, batterista dotato di sprint bruciante ed estrema precisione [poco dopo lo ritroveremo negli Spyro Gyra, con cui rimarrà dal 1985 (Alternating Currents) al 1989 (Point Of View)]; Mark Gray, padrone del Fender Rhodes e artefice di un ottimo assolo di sintetizzatore su Bathsheba; Barry Finnerty (chitarra) - valoroso reduce del live Heavy Metal Be-Bop - che su Spreadeagle esegue una libera traduzione del linguaggio blues; Marcus Miller - profeta dello 'slap', virtuoso stilisticamente agli antipodi rispetto a Jaco Pastorius ma, insieme a questi, massimo riformista del basso elettrico - che con un fulmineo intervento su Not Ethiopia ribadisce dimperio il suo primato. Le composizioni di Randy Brecker confermano un indiscusso talento di autore: Threesome è una geniale melodia scritta lanno prima per Steve Khan (Evidence); Why Cant I Be There, cantabile tema che sembra uscito dalla penna di Bob James, si sviluppa su uno straordinario fraseggio del flicorno; solo omonima del classico di Jackie McLean, Jacknife incorona il trombettista erede naturale di Lee Morgan, Charles Tolliver e Kenny Dorham. Memorabile lintroduzione della title-track, una specie di minuetto seicentesco che evolve in un portentoso arrangiamento funk. Fino ad allora, lunico limite dei Brecker Brothers erano i pezzi cantati, non sempre allaltezza della loro classe: Straphangin è un disco esclusivamente strumentale, intrinsecamente jazz, votato allimprovvisazione, colmo di assoli stupendi e sospinto da una ritmica infallibile che non indulge mai in beceri esibizionismi. - B.A. LARRY CARLTON - SLEEPWALK (1981) LARRY CARLTON - EIGHT TIMES UP (1982) LARRY CARLTON - FRIENDS (1983) LARRY CARLTON - ALONE / BUT NEVER ALONE (1986) LARRY CARLTON / LEE RITENOUR - LARRY & LEE (1995) CLARK / JACKSON / WAGNON - CONJUNCTION (2001) BILLY COBHAM - SPECTRUM (1973) Chi erano quegli uomini malvagi che, per denigrare Billy Cobham, usavano termini come invadenza, ostentazione, esibizionismo? Che fine hanno fatto? Per caso dispongono ancora di una tribuna da cui sparare cazzate? Soprattutto, esistono recapiti dove sia possibile rintracciarli? Ovviamente no, perché se la musica è rimasta, lor signori sono spariti, mimetizzandosi come gli ultracorpi di Don Siegel. La verità è che nei garage riconvertiti a palcoscenici intere generazioni si sono misurate con limpegnativo riff di Red Baron, non appena le stucchevoli nenie dei cantautori o gli inconcludenti schiamazzi heavy-metal venivano a noia. Certo, tra il dire e il fare ma almeno ci si provava e, oltre al valore intrinseco, Spectrum ha avuto il merito di raffinare i gusti di tanti adolescenti, avvicinandoli al jazz. Reduce dalla personale affermazione con la Mahavishnu Orchestra di John McLaughlin, per lesordio da titolare il batterista davisiano mette piatti e tamburi al centro della scena, avvalendosi del contributo di virtuosi tra cui spiccano il ceco Jan Hammer (tastiere) e il compianto Tommy Bolin (chitarra): sfilze di loro assoli si possono apprezzare su Quadrant 4 e Stratus. La frenesia funk di Taurian Matador suscitò linteresse dei Mark/Almond, che avrebbero convocato Cobham per lo splendido To The Heart - memorabile la sua prestazione su Busy On The Line. In un paio di pezzi - Spectrum, Le Lis - la presenza di Stanley Clarke (contrabbasso) e Joe Farrell (flauto / sax) dona unelegante sfumatura acustica alle esecuzioni. Inutile soffermarsi sul livello tecnico dei vari arrangiamenti: fanno paura. Album indispensabile per chiunque ami larte del ritmo. - B.A. BILLY COBHAM - CROSSWINDS (1974) BILLY COBHAM - TOTAL ECLIPSE (1974) BILLY COBHAM - SHABAZZ (1975) COBHAM / KHAN / JOHNSON / SCOTT - ALIVEMUTHERFORYA (1978) MARK COLBY - SERPENTINE FIRE (1978) MARK COLBY - ONE GOOD TURN (1979) Introdotti dalle memorabili copertine concepite da Paula Scher*, Serpentine Fire e One Good Turn sono capolavori fusion che, per il semplice fatto di recare il marchio Tappan Zee, meritano anche la qualifica di classici, configurando altresì un corpus discografico da non frazionare in capitoli distinti (nel senso che bisogna procurarseli entrambi). La scaletta amalgama in uno stile sofisticato e originale spartiti di varia provenienza: due preziosi inediti di Steve Khan [Rainbow Wings, Macbeth (For Folon)], altrettanti di Bob James (King Tut, Song For My Daughter) - entrambi gli autori sono coinvolti come ospiti di lusso - un brillante arrangiamento di Serpentine Fire degli Earth Wind & Fire (All n All), uninterpretazione in chiave reggae dello standard di Stephen Bishop On And On (Careless), un saggio scat per voce e chitarra del compianto Hiram Bullock (Renegade), una suggestiva ballad dagli echi onirici (Daydreamer), pregevoli lezioni di calligrafia a cura di Gary King (Skat Talk) e Mike Mainieri (Peace Of Mind). Lo squisito impasto tra gli stupendi assoli di Mark Colby (sax tenore / soprano), gli archi e i fiati diretti da Jay Chattaway, la metronomica pulsazione di Steve Gadd - presente in dieci pezzi su dodici - affina lo sfarzoso stile orchestrale reso celebre dalle produzioni CTI e sprigiona quel suono denso e avvolgente che ha contraddistinto il meglio del genere. - B.A. P.S. - *«Bob James was my first ideal client. He wanted album covers to have a series look but not a specific format. His was the only approval necessary in the creation of these album covers. The Tappan Zee covers were all composed of smallish objects - simple American icons blown up so they were out of scale. The approach was successful on the 12-by-12 inch format, particularly because the albums opened up and the whole 25-inch surface could be used. Most of the covers were photographed by John Paul Buddy Endress. The most successful Tappan Zee cover was One On One, for which the matchbook became the entire package.» - Paula Scher (Make It Bigger) MICHEL COLOMBIER - MICHEL COLOMBIER (1979) COME TOGETHER - GUITAR TRIBUTE TO THE BEATLES (1993) COME TOGETHER - GUITAR TRIBUTE TO THE BEATLES VOL. 2 (1995) CHICK COREA - MY SPANISH HEART (1976) Sebbene già impelagato nel letamaio Scientology, nel 1976 Chick Corea concepì e incise uno dei più originali capolavori del fecondo ma effimero evo fusion. Forte di un curriculum che annoverava la partecipazione alla svolta elettrica di Miles Davis (In A Silent Way), lo sviluppo del trio acustico post-evansiano (Now He Sings, Now He Sobs; The Song Of Singing; A.R.C.), lingresso nel prestigioso club ECM (Piano Improvisations Vol. 1/2) e il primo tentativo di amalgama tra jazz e rock (Return To Forever), il pianista sciorina lungo un sublime doppio album* la passione già manifestata con classici come La Fiesta (Return To Forever) e Spain (Light As A Feather). Assistito da alcuni fedelissimi [Stanley Clarke (contrabbasso), Steve Gadd (batteria), Gayle Moran (voce, moglie)], da una sezione fiati e da un quartetto darchi, Corea esplora luniverso musicale flamenco, rivisitandolo con la sensibilità dellimprovvisatore. I sinuosi vocalizzi della Moran adornano le coreografie nuziali di Love Castle e Wind Danse e il solenne adagio latino di My Spanish Heart. Nelloasi botanica di The Gardens, il violoncello miete le armonie da cui germogliano i magnifici arzigogoli dellArriaga Quartet su Day Danse. Lesuberanza ritmica di Night Streets coinvolge Gadd in un serrato dialogo con gli ottoni. Armandos Rhumba scatena lestro del virtuoso Jean-Luc Ponty (violino): un memorabile mosaico di cliché ispanici scanditi da percussioni, battimani e passi di danza. Le due suite offrono altrettante rassegne di maestria tecnica, ispirazione e arte dellarrangiamento: a) gli splendidi suoni vintage del sintetizzatore su El Bozo, Part II evocano lo spirito progressive dei colleghi inglesi Kerry Minnear (Gentle Giant) e Dave Stewart (Hatfield And The North; National Health); ß) il celeberrimo duetto pianoforte/batteria su Spanish Fantasy, Part II contribuirà a lanciare il fenomeno Steve Gadd. [P.S. - *Una prima edizione digitale ridotta - per motivi di spazio mancava The Sky - fu pubblicata dalla Polydor negli anni Ottanta. Nel 2000 la Verve ha rimediato con una ristampa CD integra e lussuosa.] - B.A. CHICK COREA - THE CHICK COREA ELEKTRIC BAND (1986) CHICK COREA - LIGHT YEARS (1987) LARRY CORYELL - BAREFOOT BOY (1971) LARRY CORYELL - OFFERING (1972) LARRY CORYELL - THE REAL GREAT ESCAPE (1973) LARRY CORYELL - SPACES (1974) LARRY CORYELL - PLANET END (1975) LARRY CORYELL / OREGON - THE RESTFUL MIND (1975) LARRY CORYELL - LARRY CORYELL & THE ELEVENTH HOUSE AT MONTREUX (1978) LARRY CORYELL - DIFFERENCE (1978) HANK CRAWFORD - Mr. BLUES PLAYS LADY SOUL (1972) HANK CRAWFORD - WE GOT A GOOD THING GOING (1972) HANK CRAWFORD - HELP ME MAKE IT THROUGH THE NIGHT (1972) HANK CRAWFORD - WILDFLOWER (1973) Il 1973
segna un momento fecondo e cruciale per la CTI:
entrambi incisi a Giugno di quellanno nello studio
di Rudy
Van Gelder, oltre a rappresentare i rispettivi
manifesti estetici di Hank
Crawford e Stanley
Turrentine, Wildflower e Dont Mess With
Mister T. definiscono lidioma che condurrà
la fusion ai fasti di fine
decennio. HANK CRAWFORD - DONT YOU WORRY BOUT A THING (1974) EUMIR DEODATO - PRELUDE (1973) EUMIR DEODATO - DEODATO 2 (1973) AL DI MEOLA - LAND OF THE MIDNIGHT SUN (1976) AL DI MEOLA - ELEGANT GYPSY (1977) Col secondo disco a proprio nome, Al Di Meola passò dal rango di anonimo gregario per Chick Corea (Where Have I Known You Before; No Mystery; Romantic Warrior) allo status di idolatrato divo fusion. In seguito, egli assaporerà le gioie della fama internazionale e di una carriera appagante, ma questo album rimane linsuperato modello stilistico del linguaggio musicale che contribuì a definire. Coi suoi assoli fulminei ma raziocinanti, Al somministrava una flebo di adrenalina al genere la cui fine prematura sopraggiungerà a causa del virtuosismo fine a se stesso. In effetti, malgrado la perizia strumentale della band raggiunga livelli stratosferici, essa è sempre al servizio di una coerente idea melodica. Gli arrangiamenti orchestrati insieme a Jan Hammer (tastiere), Anthony Jackson (basso), Steve Gadd (batteria) e Mingo Lewis (percussioni) creano un incessante susseguirsi di sbalzi climatici: le suggestioni sudamericane di Flight Over Rio e Midnight Tango, le seducenti armonie latine di Lady Of Rome, Sister Of Brazil, la policroma rapsodia della splendida Elegant Gyspy Suite. Nel corso della precipitosa fuga di Race With The Devil On Spanish Highway i frenetici fraseggi del leader si alternano a cantabili aperture esaltate dal sustain della chitarra elettrica. Il leggendario duetto flamenco con Paco De Lucia - Mediterranean Sundance - consegnerà Di Meola alleternità, suggerendo altresì la fortunata idea del trio acustico con John McLaughlin (Friday Night In San Francisco). Bella la ragazza della copertina ma appunto, perché relegarla sullo sfondo? - B.A. AL DI MEOLA - CASINO (1978) Dr. STRUT - Dr. STRUT (1979) La gioia di suonare (bene) ... vi basta? Lesordio dei Dr. Strut, pubblicato sotto le prestigiose insegne Motown, ribadiva brillantemente i fondamenti estetici della dottrina fusion: limpatto cinetico del rock coniugato al codice espressivo del jazz. Per ottenere un amalgama omogeneo erano necessarie doti tecniche e creatività in egual misura. Reduce dallesperienza di assistente alle registrazioni di Cant Buy A Thrill e Countdown To Ecstasy, dunque testimone oculare della storia del Novecento, pochi anni dopo Tim Weston si ritrova leader di una band che nel primo album esibisce il prezioso fregio di un inedito firmato da Walter Becker e Donald Fagen: scritta durante le sofferte sedute di Gaucho, Canadian Star è unincantevole ballad in cui i suggestivi accordi degli Steely Dan si snodano fino allelegante cesello della chitarra elettrica. Il sestetto vanta una coesione mirabile, che risalta tanto sui break ritmici di Who Cares e Blow Top quanto sui briosi temi funk di Eddieism, Granite Palace, More Stuff, Chicken Strut. I tempi rallentati di Soul Sermonette e The Look In Your Eyes offrono ampio spazio ai gustosi fraseggi di Tim Weston (chitarre) e David Woodford (sax), mentre i sessanta secondi di No! You Came Here For An Argument condensano il potenziale collettivo in un superbo mini-saggio strumentale, che verrà ripreso e sviluppato nel disco successivo (Struttin). Un terzo, eccellente capitolo (Soul Surgery) chiuderà la breve esperienza dei Dr. Strut. Tim Weston riapparirà alla testa dei magnifici Wishful Thinking (Wishful Thinking). - B.A. Dr. STRUT - STRUTTIN (1980) Dr. STRUT - SOUL SURGERY (1982) JOE FARRELL - MOON GERMS (1972) JOE FARRELL - PENNY ARCADE (1973) JOE FARRELL - UPON THIS ROCK (1974) JOE FARRELL - CANNED FUNK (1975) Tra i meriti storici di un gigante come Creed Taylor cè sicuramente quello di aver concesso ampio spazio a Joe Farrell nel prezioso catalogo della CTI. Forse il fraseggio su Sexy Mama di Laura Nyro (Smile) vi dice qualcosa? Per caso vi è battuto il cuore sulle note di Under The Jamaican Moon di Leah Kunkel (Leah Kunkel)? O magari possedete ancora una copia dello splendido Friends di Chick Corea? In tutti i casi, il sax è quello di Joseph Carl Firrantello - suo vero nome - compianto eroe della fusion più onesta, lucida e coerente. In una discografia di valore omogeneo ed eccelso, Penny Arcade, Upon This Rock e Canned Funk sono tre album che, ancora oggi, non temono confronti su un buon impianto stereo. Condivisa una prima linea stabile col prodigioso Joe Beck alla chitarra, il fiatista la espande a una formazione comprendente Herbie Hancock alle tastiere, il roccioso Herb Bushler al basso elettrico, Jim Madison o Steve Gadd alla batteria, Don Alias o Ray Mantilla alle percussioni, al fine di iniettare nellorganismo jazz i germi ritmici del rock. Lantidoto gioverà alla buona musica in generale, ispirando a sua volta, nei decenni successivi, quartetti straordinari come quelli di Steve Khan (Eyewitness; Modern Times; Casa Loco; Public Access), Bill Bruford (All Heaven Broke Loose; A Part, And Yet Apart; The Sound Of Surprise; Footloose And Fancy Free; Random Acts Of Happiness), John Scofield (Time On My Hands; Meant To Be; What We Do). Forte di un magistero tecnico ed espressivo affinato nei ranghi della Thad Jones/Mel Lewis Orchestra, litalo-americano contribuì alla stesura del nuovo linguaggio col piglio dellimprovvisatore puro: sanguigno al tenore (Animal; Geo Blue; Spoken Silence), funky al soprano (Too High; Weathervane), lirico e suadente al flauto (Cloud Cream; I Wont Be Back; Suite Martinique). Farrell trovò in Beck un interlocutore ideale: gli assoli incrociati sassofono/chitarra affiorano di continuo dallamalgama sonoro, senza mai perdere aderenza rispetto agli arrangiamenti. I brani che intitolano ciascun album sono altrettanti capolavori: Penny Arcade parte a razzo con un tema di sapore progressive smembrato dal rullante di Gadd e poi liberamente ricomposto da Beck e Farrell lungo gli accordi; il placido beat che introduce Upon This Rock si ridesta sulle note distorte di Beck, per poi venir inghiottito dallossessivo saliscendi armonico su cui imperversano i solisti; la cavernosa voce che recita lo slogan tra un inciso e laltro conferisce a Canned Funk unoriginale atmosfera afro, esaltata da brucianti variazioni metriche. Hurricane Jane esibisce i primi formidabili exploit di Gadd, mentre Seven Seas è un twist-blues stravolto dagli interventi di Farrell e Beck. Le stupende foto delle copertine sono di Pete Turner. Un episodio extra-musicale dona ulteriore lustro al ricordo di Joe Farrell che, invitato da Chick Corea a entrare nella chiavica pseudo-religiosa di L. Ron Hubbard, rispose: «... dont lay that Scientology shit on me ...». Luomo se nè andato a soli 49 anni ... only the good die young. - B.A. JOE FARRELL / GEORGE BENSON - BENSON & FARRELL (1976) UMBERTO FIORENTINO - INSIDE COLORS (1988) Giova ricordarlo: negli anni Ottanta, il jazz italiano fornì una robusta profilassi alle chiappe tenerelle di tanti ascoltatori e collezionisti che, altrimenti, sarebbero state profanate senza scrupoli dai critici. Laffermazione appare indecifrabile? Diciamo meglio: unaudace combinazione di indipendenza, buongusto e passaparola consentì al pubblico di mantenere intatto il proprio candore auditivo-intellettuale e di ignorare le fregnacce scritte dai pretesi esperti della stampa specializzata (dossier I / II / III). Introdotto alla platea degli appassionati dai primi due album dei Lingomania (Riverberi, Grrr ... Expanders) - storica band fusion che, insieme al Perigeo, ha promosso limmagine del nostro paese nel mondo - Umberto Fiorentino approda allesordio personale con un disco che rispecchia una stagione (suoni) ma è ancora moderno (contenuti). Col versatile Stefano Sastro fisso alle tastiere, il prezioso sax tenore di Stefano DAnna su tre pezzi e alcuni rinomati specialisti - Luca Pirozzi / Enzo Pietropaoli (basso elettrico), Roberto Gatto / Alberto DAnna (batteria) - che si alternano nelle rispettive mansioni, gli arrangiamenti mescolano le algide sonorità dellepoca a fraseggi di indiscusso spessore musicale. Black Panther, Lost In A Mirror, Zone Di Confine, Half July: la funzionalità espressiva dei temi prevale sulla loro sostanza melodica, il che non va a detrimento del complessivo esito artistico. Linnegabile sfoggio di tecnica che ricorre su ogni brano non è superfluo e, in un eventuale raffronto coi maestri americani, serve proprio a scansare qualsiasi dubbio dettato dal pregiudizio esterofilo. In alcuni passaggi si colgono echi del periodo Gramavision di John Scofield, senza tuttavia avvertire mai nulla di derivativo, anche perché lo stile di Fiorentino si sottrae a similitudini e classificazioni. Questione di gusti: la nostra pagina preferita è Gum To Gum, una strepitosa fuga in quartetto che chiude lalbum lanciando a briglia sciolta Fiorentino, S. DAnna, Pietropaoli e Gatto. Le interessanti note di copertina recano la firma di Gianfranco Salvatore: esponente sui generis della sputtanatissima categoria degli addetti ai lavori, egli è un sincero cultore e un attento studioso del fenomeno che amalgamò improvvisazione ed elettricità. - B.A. UMBERTO FIORENTINO - ULISSE (1995) FOURPLAY - FOURPLAY (1991) FOURPLAY - BETWEEN THE SHEETS (1993) FOURPLAY - ELIXIR (1995) FOURPLAY - 4 (1998) FOURPLAY - YES, PLEASE! (2000) FOURPLAY - HEARTFELT (2002) FOURPLAY - JOURNEY (2004) FOURPLAY - X (2006) FOURPLAY - ENERGY (2008) ERIC GALE - FORECAST (1973) ERIC GALE - NEGRIL (1975) ERIC GALE - GINSENG WOMAN (1977) ERIC GALE - MULTIPLICATION (1978)) ERIC GALE - PART OF YOU (1979) ERIC GALE - TOUCH OF SILK (1980) ERIC GALE - BLUE HORIZON (1981) ERIC GALE - IN THE SHADOW OF A TREE (1982) ERIC GALE - ISLAND BREEZE (1983) ROBERTO GATTO featuring MICHAEL BRECKER - NOTES (1986) ROBERTO GATTO featuring JOHN SCOFIELD - ASK (1987) È bello gridare Forza Italia! senza alcun imbarazzo. Può accadere quando si scopre una ghiottoneria d.o.c. come Ask e se ne assapora limmarcescibile freschezza ventanni dopo la data di registrazione. Con la fusion ormai matura e quasi prossima al degrado, un gruppo di talenti nostrani riesce comunque a incidere album belli ed esportabili (!). Assistiti dagli amici Massimo Bottini e Battista Lena, gli ex-membri del Trio di Roma - Roberto Gatto, Danilo Rea, Enzo Pietropaoli - si ritrovano in studio per un proficuo meeting con Sua Altezza John Scofield: il fuoriclasse di Dayton proprio allora si imponeva come unico concorrente credibile di Pat Metheny, esibendo una tecnica e una fantasia pari solo alla duttilità dello stile. Lintroduttiva Ask diffonde echi davisiani (Star People; Decoy; Youre Under Arrest) amplificati dalla semi-acustica di Scofield, che procede sinuosa sopra un tempo lento e irto di ostacoli ritmici. Su There Will Never Be Another You va in scena un sensazionale duetto chitarra/batteria, degno di analoghi e più celebri summit [Piscean Dance (Ralph Towner, John Christensen); Unshielded Desire (John Abercrombie, Jack DeJohnette); Phenomenon: Compulsion (John McLaughlin, Billy Cobham)]. Voto: 10. Concepita apposta per esaltare il retroterra R&B di Scofield, Blue Christmas reca la firma di Pietropaoli*, mentre la seducente progressione armonica di Of What si deve a Bottini. Un encomio solenne alla Duck che, oltre a questo Ask e allottimo Orange Park*, ha pubblicato impeccabili ristampe CD di Enrico Rava, Umberto Fiorentino, Maurizio Giammarco e Lingomania. - B.A. DON GROLNICK featuring MICHAEL BRECKER - HEARTS AND NUMBERS (1985) Nel suo libro Storia della Fusion, Vincenzo Martorella dedica un intero, appassionante capitolo a Hearts And Numbers (al brano Pointing At The Moon in particolare), annoverando lalbum tra i capolavori fondativi del nuovo genere insieme a Heavy Weather dei Weather Report, Mirage à Trois degli YellowJackets, Modern Times degli Steps Ahead. Per lapprofondimento dei dettagli, dunque, vi rimandiamo alla lettura di quel volume indispensabile. Daltro canto, la vicenda della musica fusion è così complessa da rendere egualmente legittimi i diversi pareri relativi a genesi ed evoluzione del fenomeno. Qui ci limitiamo a segnalare un disco di cui, fino al 2003, neanche noi sapevamo nulla. Pubblicato su vinile prima dalla Hip Pocket, poi dalla veraBra, infine riedito su CD dalla Art of Life, lesordio individuale di Don Grolnick vanta in copertina una prestigiosa cointestazione a Michael Brecker, allepoca al culmine della sua eccezionale carriera. Sorretto da una doppia band di fuoriclasse - Steve Jordan e/o Peter Erskine (batteria), Will Lee o Marcus Miller (basso elettrico), Jeff Mironov o Hiram Bullock (chitarre) - il titolare esibisce squisite doti di compositore che lo accostano al talento di Randy Brecker, anchegli penna finissima e carattere schivo. Le varie fasi in cui si divide lintroduttiva Pointing At The Moon alternano una ricorrente andatura in levare scandita da Jordan a un rilascio melodico condotto da Mironov, sui quali Brecker deve continuamente riposizionarsi: il risultato è un pezzo strumentale dal fascino indefinibile, assolutamente sui generis, che mantiene saldo il legame col jazz grazie allo splendido assolo di sax. La cifra distintiva di Pools è data dal contrasto tra il cantabile tema esposto da Brecker e lelegante fraseggio di Grolnick, che si fa apprezzare anche per lo stupendo timbro perlato del piano acustico. The Four Sleepers è un ingegnoso gioco di atmosfere che chiude il cerchio nellincantevole motivo morriconiano decorato dallo slap di Miller e dallimprovvisazione di Brecker. I due batteristi agiscono in coppia sulle stoccate ritmiche di Human Bites, lacerando la trama luminescente intessuta da Bullock a beneficio dellimpetuoso intervento di Brecker. Cè ancora spazio per lipnotico battito di Act Natural, scosso dalle imprevedibili fibrillazioni del tenore. Davvero un gioiello per esperti, collezionisti e appassionati. - B.A. Consulenza: Massimo Magni / Vincenzo Martorella DAVE GRUSIN - DISCOVERED AGAIN! (1976) DAVE GRUSIN - ONE OF A KIND (1977) DAVE GRUSIN - MOUNTAIN DANCE (1980) Album splendido, Mountain Dance è anche un documento utile per operare una corretta ricostruzione storica di quel periodo. Mentre i ritardati punk sfasciavano gli strumenti sui palchi di Londra, nel grottesco tentativo di imitare gli Who, e al CBGB di New York una sedicente intellighenzia rock squadrava i ritmi impancandosi a guida delle nuove leve, altrove uno sparuto drappello di artisti snobbati dai media proponeva una terza via a tutela della musica: classe, sentimento, cura del dettaglio, ripudio del banale. Uno dei personaggi più autorevoli di quella minoranza illuminata era Dave Grusin, apprezzato autore di colonne sonore (Heaven Can Wait; Tootsie; Falling In Love; The Fabulous Baker Boys etc.), scaltro discografico (GRP) ed eccellente pianista. Assemblata una band forte di alcuni session-men in forma smagliante (Marcus Miller, Harvey Mason etc.), disposta una front-line a tre tastiere (il titolare più Ed Walsh e Ian Underwood ai sintetizzatori), Grusin si imbarca in un progetto ambizioso: registrare in uno studio digitale, in diretta e senza sovraincisioni. Lesecuzione e il missaggio effettuati in tempo reale richiedevano dosi supplementari di cuore e tecnica, che i convenuti certo non lesinarono: gli interventi del leader sono contraddistinti da un fraseggio sobrio e agilissimo; col suo basso, Miller puntella gli arrangiamenti sfoderando unincredibile campionario di note stirate e schiocchi 'slap'; finalmente restituito alla batteria, Mason si conferma stilista dal tocco raffinato e fantasioso. Liniziale Rag Bag è uno dei cinque classici fusion di sempre: gli accordi percossi da Grusin espongono il tema, per poi carambolare su un sensazionale assolo di Jeff Mironov, sublime inno alla chitarra elettrica. Scritta da tale Jeffrey Williams, Friends And Strangers è una leggiadra melodia che sembra uscita dalla penna di Bob James. City Lights, Captain Caribé e Mountain Dance proiettano nelliperuranio il connubio tra jazz e pop. Qualità audio superiore. - B.A. DAVE GRUSIN - OUT OF THE SHADOWS (1982) DAVE GRUSIN - NIGHTLINES (1983) DAVE GRUSIN / LEE RITENOUR - HARLEQUIN (1985) HERBIE HANCOCK / HEAD HUNTERS - HEAD HUNTERS (1973) HERBIE HANCOCK / HEAD HUNTERS - THRUST (1975) 1973 le cose stavano cambiando una confraternita di apostoli ispirati (Chick Corea, Joe Zawinul, Wayne Shorter, John McLaughlin, Tony Williams, Jack DeJohnette, Billy Cobham etc.) predicava in giro per il mondo la buona novella elettrica di Miles Davis (In A Silent Way, Bitches Brew, Jack Johnson, On The Corner) tra costoro, Herbie Hancock si distingueva per una peculiare caratura di spessore tecnico e intuito creativo. Limpressionante band assemblata per il progetto passerà alla storia, schierando accanto al leader Bennie Maupin [sax (tenore, soprano), clarinetto basso, flauto], Paul Jackson (basso elettrico), Bill Summers (percussioni), Harvey Mason (batteria), questultimo sostituito nel secondo disco da Mike Clark con esiti, se possibile, ancora migliori. La rivoluzione condotta da Davis con luso dei riff attorno a cui far ruotare arrangiamenti e fraseggi per gli HeadHunters diventa prassi: Chameleon e Watermelon Man (ripresa dopo loriginale versione acustica di Hancock che apriva Takin Off, suo esordio Blue Note) chiariscono subito il concetto, squadernando lirresistibile guilty pleasure di improvvisare sopra ritmi inequivocabilmente derivati da rock e soul la vivace scansione caraibica di Sly e la solenne rullata militare di Vein Melter aggiungono ulteriori diversivi metrici. Con larrivo di Clark (a fine decennio lo ritroveremo nei Brand X) il groove* si articola in complesse ramificazioni dispari - Palm Grease, Actual Proof - su cui Hancock dilaga con piano elettrico e sintetizzatori, braccato dai contrappunti di Maupin. La sofisticata melodia di Butterfly espone in vetrina la penna del compositore. Probabilmente concepita in occasione dellingaggio del nuovo batterista, Spank-A-Lee espande lintroduttiva struttura in trio a una spettacolare fuga funk: illuminanti le note scritte da Clark per la ristampa CD, in cui egli rievoca vividamente lentusiasmo di quei giorni e lincontenibile estro di quelle session. I raffinati cultori di questa musica troveranno letichetta di riferimento nella preziosa CTI di Creed Taylor. (P.S. - *Stronzissima espressione coniata dalla stampa specializzata di cui nessuno conosce lesatto significato, semplicemente perché non cè.) - B.A. BOB JAMES - ONE (1974) BOB JAMES - TWO (1974) BOB JAMES - THREE (1976) BOB JAMES - BJ4 (1977) BOB JAMES - HEADS (1977) BOB JAMES - TOUCHDOWN (1978) BOB JAMES - LUCKY SEVEN (1979) BOB JAMES - H (1980) BOB JAMES - SIGN OF THE TIMES (1981) BOB JAMES - HANDS DOWN (1982) BOB JAMES - FOXIE (1983) BOB JAMES - 12 (1984) BOB JAMES - THE SWAN (1984) BOB JAMES & EARL KLUGH - ONE ON ONE (1979) BOB JAMES & EARL KLUGH - TWO OF A KIND (1982) La critica ha sempre snobbato Bob James, imputandogli un supposto tradimento di non-si-sa-cosa. Con rispetto parlando, si tratta dellennesima sciocchezza commessa da persone ormai irrimediabilmente screditate. Scoperto nei primi anni Sessanta da Quincy Jones, il pianista è a tutti gli effetti un valente improvvisatore, come provano i dischi in trio incisi allora. Che poi, nel decennio successivo, egli abbia intuito le enormi possibilità espressive derivanti dalla mescolanza tra generi, è unulteriore prova della sua sagacia artistica. Dopo un pugno di album (Heads; Touchdown; Lucky Seven) che contribuirono a definire lo standard di eccellenza per il nuovo genere, Bob si allea con Earl Klugh, chitarrista fusion dedito esclusivamente allo strumento classico: il gusto per la melodia semplice ma ispirata, lindiscussa abilità tecnica e una miracolosa simbiosi intellettuale collocano la coppia nellèlite dello yin e yang (Duke Ellington e Billy Strayhorn, Al Cohn e Zoot Sims, Dave Brubeck e Paul Desmond, Art Farmer e Benny Golson, Joe Henderson e Kenny Dorham, Joe Zawinul e Wayne Shorter, Ralph Towner e John Abercrombie, Michael e Randy Brecker). Lapparente tenerezza dei temi nasconde in realtà una straordinaria consistenza armonica che affiora al momento decisivo, quando iniziano a susseguirsi gli assoli incrociati. Lamalgama tra il timbro perlato del piano Fender e il suono duttile delle corde di nylon crea unatmosfera ovattata ma carica di sensualità, cui la stronzissima qualifica di smooth jazz non rende giustizia. Gli accompagnatori - Harvey Mason (batteria), Gary King (basso) - garantiscono un sostegno ritmico improntato a discrezione ed eleganza, contribuendo a definire uno stile che rimarrà inimitabile. I due CD si equivalgono (nel 1992 ne seguirà un terzo, Cool, altrettanto bello), i brani sono tutti stupendi ed è appena il caso di segnalarne qualcuno, secondo un personalissimo criterio di scelta: Love Lips, Ill Never See You Smile Again, Wes. Entrambi caldamente raccomandati a chi ama la buona musica, senza se e senza ma. [P.S. - One On One ha vinto il Grammy nel 1980.] - B.A. BOB JAMES & DAVID SANBORN - DOUBLE VISION (1986) BOB JAMES & EARL KLUGH - COOL (1992) BOB JAMES & DAVID SANBORN - QUARTETTE HUMAINE (2013) QUINCY JONES - GULA MATARI (1970) QUINCY JONES - SMACKWATER JACK (1971) QUINCY JONES - YOUVE GOT IT BAD GIRL (1973) QUINCY JONES - BODY HEAT (1974) QUINCY JONES - MELLOW MADNESS (1975) QUINCY JONES - SOUNDS ... AND STUFF LIKE THAT!! (1978) QUINCY JONES - THE DUDE (1981) STEVE KHAN - TIGHTROPE (1977) STEVE KHAN - THE BLUE MAN (1978) STEVE KHAN - ARROWS (1979) La ricetta della musica fusion venne preparata accostando
sapientemente rock, Motown e Blue Note. Il fragile
equilibrio tra ingredienti si deteriorerà presto in un
pappone insipido, ma alcuni dischi incisi in quella
stagione - su tutti, la trilogia CBS di Steve Khan - conservano
ancora oggi una freschezza inalterata. STEVE KHAN - EYEWITNESS (1981) STEVE KHAN - MODERN TIMES (BLADES) (1982) Lennesima
dimostrazione di integrità artistica da parte di Steve Khan. Di fronte
ai primi segnali di stagnazione del fenomeno fusion, peraltro emersi molto
presto, Steve non esitò un attimo a percorrere nuove
strade, musicalmente più ardite, anche se meno
redditizie in termini di consenso. Alluopo, egli
organizza una compatta, insolita squadra finalizzata a
creare un fitto tappeto ritmico per le sinuose evoluzioni
della sua chitarra elettrica: Steve
Jordan alla batteria - un eccezionale talento in gran
parte dissipato - lex-percussionista dei Weather
Report, Manolo
Badrena, e lincredibile bassista Anthony
Jackson, conosciuto durante le sedute di registrazione di
Gaucho. STEVE KHAN - PUBLIC ACCESS (1990) STEVE KHAN - CROSSINGS (1994) STEVE KHAN - THE SUITCASE / LIVE IN KÖLN 94 (1994) STEVE KHAN - PARTING SHOT (2011) EARL KLUGH - EARL KLUGH (1976) EARL KLUGH - LIVING INSIDE YOUR LOVE (1976) EARL KLUGH - FINGER PAINTINGS (1977) EARL KLUGH - MAGIC IN YOUR EYES (1978) EARL KLUGH - HEART STRING (1979) EARL KLUGH - DREAM COME TRUE (1980) EARL KLUGH - CRAZY FOR YOU (1981) EARL KLUGH - LOW RIDE (1983) Anche a causa di
alcuni titoli ingenui e fuorvianti - Music For Lovers,
Late Night Guitar etc. - nella vulgata comune Earl Klugh è
considerato una specie di Fausto
Papetti delle 6 corde. Si tratta di unopinione
sballata perché, pur sedotto dalla melodia e, financo,
dalla cantabilità dei temi, Earl è un jazz-man con gli attributi. Dopo il
doppio* exploit planetario di Living
Inside Your Love / Livin
Inside Your Love, col superbo Heart String
Klugh assurge al rango di fuoriclasse. È a quel punto
che, quasi per inerzia, gli artisti ispirati riescono a
produrre serie ininterrotte di capolavori.
Leccellente ristampa 2x3
della BGO
consegna ai posteri un trittico davvero pregevole. EARL KLUGH - WISHFUL THINKING (1984) EARL KLUGH - NIGHTSONGS (1984) EARL KLUGH - SODA FOUNTAIN SHUFFLE (1990) NEIL LARSEN - JUNGLE FEVER (1978) NEIL LARSEN - HIGH GEAR (1979) Strenuo difensore dellorgano elettrico quando lo strumento era sospeso nelloblio e ben prima che il balordo trend acid ne rilanciasse le qualità espressive, Neil Larsen ha inciso un paio di classici fusion godibili ancora oggi. Prodotti dal guru Tommy LiPuma, entrambi gli album vantano la presenza di Michael Brecker (sax tenore) e del fedele Buzzy Feiten (chitarra), oltre che di due diverse, eleganti sezioni ritmiche: Willie Weeks (basso) e Andy Newmark (batteria) per Jungle Fever, Abraham Laboriel (basso) e Steve Gadd (batteria) su High Gear. Lintesa tra i tandem propulsivi e i solisti principali genera unavvincente sintesi stilistica in cui si colgono echi di Blue Note, CTI e Sud-America. I suoni di Hammond (Larsen) e Stratocaster (Feiten) dilagano sui raffinati arrangiamenti di Sudden Samba, This Time Tomorrow e Futurama, questultima da custodire in unideale crestomazia del genere accanto a Rag Bag di Dave Grusin, Double Margo dei Wishful Thinking, Were All Alone di Bob James, Airborne di David Spinozza, Rush Hour di David Sanborn, Sittin In It degli YellowJackets. In veste di ospite di lusso, Brecker si esibisce senza risparmio su Emerald City, Demonette, Nile Crescent e su una brillante versione dellimmortale Last Tango In Paris di Gato Barbieri. - B.A. HUBERT LAWS - THE LAWS OF JAZZ 1964) HUBERT LAWS - FLUTE BY-LAWS (1966) HUBERT LAWS - CRYING SONG (1969) HUBERT LAWS - AFRO-CLASSIC (1970) HUBERT LAWS - THE RITE OF SPRING (1971) HUBERT LAWS - WILD FLOWER (1972) HUBERT LAWS - MORNING STAR (1972) HUBERT LAWS - IN THE BEGINNING (1974) RAMSEY LEWIS - MOTHER NATURES SON (1968) RAMSEY LEWIS - MAIDEN VOYAGE (1968) RAMSEY LEWIS - BACK TO THE ROOTS (1971) RAMSEY LEWIS - THE GROOVER (1972) RAMSEY LEWIS - FUNKY SERENITY (1973) RAMSEY LEWIS - SOLAR WIND (1974) RAMSEY LEWIS - SUN GODDESS (1974) Cosa inventarsi per divulgare una forma darte autentica senza svilirne lintegrità? Questo, in sostanza, il rebus (apparentemente insolubile) che scatenò una vera e propria rivoluzione musicale. I dotti, molteplici, discordi pareri in merito attribuiscono la genesi dellidioma fusion a precise fasi stilistiche (il soul-jazz di Cannonball Adderley, la svolta elettrica di Miles Davis) o ai dettagli di album influenti (le 24 battute di The Sidewinder, i riff ipnotici di In A Silent Way, le innovazioni timbriche di Heavy Weather*). Non siamo in grado di pronunciarci con nettezza al riguardo, ma è certo che la temeraria formula espressiva concepita da Creed Taylor (sfarzo orchestrale, melodie cantabili, solisti eccelsi) fu determinante per la stesura del nuovo lessico. A partire dalle stesse coordinate della CTI, due ispirati capiscuola - Bob James e Ramsey Lewis - elaboravano una sintesi analoga: mantenendo a livelli altissimi lindispensabile componente dellimprovvisazione, essi attingono a un repertorio rock e soul così da sedurre lascoltatore più restio che, ingannato dal lussuoso arrangiamento di un ritornello familiare, introietta quasi senza accorgersene un assolo dopo laltro. Titolare di una pregiata discografia in cui spiccava Mothers Nature Son, visionaria parafrasi in tempo reale (1968) del Doppio Bianco dei Beatles, con Sun Goddess Ramsey Lewis definisce ulteriormente il concetto di contaminazione tra generi. I cori degli Earth, Wind & Fire - prossimi a registrare Thats The Way Of The World - espongono lamabile tema introduttivo, rincorsi dal sax tenore di Don Myrick e dallo stesso Lewis che imperversa al piano elettrico (capito il trucchetto?). La sontuosa cover strumentale di Living For The City trasforma lo scorcio di vita ai margini ritratto da Stevie Wonder (Innervisions) in una drammatica sonata funk. Laffiatato tandem ritmico - Cleveland Eaton (basso elettrico, contrabbasso), Morris Jennings (batteria, percussioni) - che completa il trio stabile del leader si esalta sulle sonorità spaziali di Tambura, tra gli echi africani di Jungle Strut (Obirin Aiye Mirelle Koso) e nelle sorprendenti suggestioni progressive di Gemini Rising. Lirresistibile leggiadria di Love Song illustra bene il crossover tra spensieratezza pop e fraseggi squisiti che, in seguito, farà la fortuna di Bob James. [P.S. - *A pagina 17 della sua fondamentale Storia della Fusion, Vincenzo Martorella individua proprio nel capolavoro dei Weather Report il manifesto di uninedita corrente estetica.] - B.A. RAMSEY LEWIS - SÃLONGO (1976) RAMSEY LEWIS - LOVE NOTES (1977) RAMSEY LEWIS - TEQUILA MOCKINGBIRD (1977) RAMSEY LEWIS - LEGACY (1978) RAMSEY LEWIS - RAMSEY (1979) RAMSEY LEWIS - ROUTES (1980) RAMSEY LEWIS - THREE PIECE SUITE (1981) RAMSEY LEWIS - CHANCE ENCOUNTER (1982) LINGOMANIA - RIVERBERI (1986) LINGOMANIA - GRRR ... EXPANDERS (1987) LINGOMANIA - CAMMINANDO (1988) WILBERT LONGMIRE - SUNNY SIDE UP (1978) WILBERT LONGMIRE - CHAMPAGNE (1979) WILBERT LONGMIRE - WITH ALL MY LOVE (1980) MAHAVISHNU ORCHESTRA - THE INNER MOUNTING FLAME (1971) MAHAVISHNU ORCHESTRA - BIRDS OF FIRE (1973) STEVE MARCUS - TOMORROW NEVER KNOWS (1968) STEVE MARCUS - COUNTS ROCK BAND (1968) STEVE MARCUS - THE LORDS PRAYER (1969) STEVE MARCUS - SOMETIME OTHER THAN NOW (1976) DAVID MATTHEWS - GRAND CROSS (1981) Forte di un curriculum che lo vide collaborare con Nina Simone (Baltimore) e Paul Simon (Still Crazy After All These Years), fine tastierista e aspirante lupo di mare, con lo stile, i ritmi e financo laspetto, David Matthews confessa una sincera passione per climi caldi e luoghi esotici, filtrata però attraverso la cura meticolosa degli arrangiamenti. Su questo spettacolare album fusion, il registro degli ospiti annovera, per ciascuno strumento, laristocrazia del genere: accanto al leader, tra gli altri, sfilano Marcus Miller (basso elettrico), Steve Gadd (batteria), Larry Carlton e John Tropea (chitarre), David Sanborn (sax alto), Randy Brecker (tromba/flicorno), Michael Brecker (sax tenore). I temi scritti da Matthews espongono spunti melodici orecchiabili ma non banali, sempre nobilitati da assoli e virtuosismi di livello stratosferico: limpetuoso unisono della sezione fiati su Grand Cross, i ricami elettrici sul tempo in levare di Kingston Connection, i duetti tenore/chitarra su Afro Sax e Movin Man, la pigrizia caraibica del flicorno su Pipe Dream, gli ispirati fraseggi dei due sassofoni su Sambafrique (tenore) e Star Island Drive (alto), limpeccabile affiatamento del prestigioso tandem propulsivo su tutti i brani. Musica da gustare sorseggiando unAnisetta Meletti con ghiaccio. - B.A. Consulenza: Lorenzo 7Panella JOHN McLAUGHLIN - EXTRAPOLATION (1969) Registrati
a cavallo di In A Silent
Way, imperituro manifesto stilistico cui
parteciparono entrambi i rispettivi titolari, Extrapolation
(John
McLaughlin) ed Emergency!
(Tony
Williams) segnano una svolta radicale per la musica
improvvisata, pur senza vantare - né luno, né
laltro - alcun diritto allevanescente titolo
di primo album fusion
della storia. JOHN McLAUGHLIN / SHAKTI - SHAKTI WITH JOHN McLAUGHLIN (1975) JOHN McLAUGHLIN / SHAKTI - A HANDFUL OF BEAUTY (1976) Negli stessi anni in cui gli Oregon pubblicavano i loro capolavori per la Vanguard (Music Of Another Present Era; Distant Hills; Winter Light; Friends; Violin), John McLaughlin raccoglie la sfida di una musica che, gettando un ponte tra Terzo Mondo e Vecchio Continente, trovava nellimprovvisazione il comun denominatore espressivo tra culture diverse. Dopo lottimo Shakti With John McLaughlin, registrato dal vivo, il chitarrista inglese entra in studio con i tre virtuosi indiani al fine di immortalare lesperienza acustica secondo i dettami dellalta fedeltà. La Danse Du Bonheur è introdotta dai percussionisti T. H. Vinayakram (ghatam, mridangam) e Zakir Hussain (tabla), che cadenzano una specie di rap onomatopeico per impostare il tempo. Che cazzo dicono? E chi lo capisce! Eppure leffetto è straordinario e prelude a unimpetuosa fuga strumentale guidata da L. Shankar (violino). Il legame ideale col jazz è suggerito dalla formula stessa del quartetto, con la coppia ritmica che asseconda e incalza i due solisti (Lady L, India, Kriti, Isis, Two Sisters). McLaughlin superlativo: oltre che allispirazione del periodo e agli stimoli offerti dai partner, la bellezza dei suoi fraseggi si deve alla stupenda chitarra costruita da Abe Wechter (drone-string guitar), una Gibson J-200 modificata con spalla mancante e sette corde trasversali montate sulla cassa che, a piacimento dellesecutore, vibrano per simpatia con la muta della tastiera o per estemporanei colpi di plettro. Frank Zappa in persona, pur osservando con fraterna commiserazione le inquietudini religiose del collega britannico, si accorse del talento di L. Shankar e produsse per lui lalbum Touch Me There, ricercatissimo dai cultori. - B.A. JOHN McLAUGHLIN / SHAKTI - NATURAL ELEMENTS (1976) JOHN McLAUGHLIN - ELECTRIC GUITARIST (1978) Reduce dallinebriante sbornia acustica condivisa con gli Shakti (Shakti With John McLaughlin; A Handful Of Beauty; Natural Elements), John McLaughlin torna alle origini ed esibisce su carta didentità e biglietto da visita i propri trascorsi di pioniere fusion vissuti accanto a Miles Davis (In A Silent Way; Bitches Brew; A Tribute To Jack Johnson). Reclutando una diversa band per ciascun arrangiamento, il chitarrista inglese si misura al vertice con fuoriclasse di diverso lignaggio. Se la cantabile melodia di Friendship tradisce la presenza di Carlos Santana, altrove vige la dura legge dellimprovvisazione. Dedicata a John Coltrane, la stupenda fuga jazz di Do You Hear The Voices That You Left Behind? ripercorre le vertiginose armonie di Giant Steps, in quartetto con Chick Corea (tastiere), Stanley Clarke (contrabbasso) e Jack DeJohnette (batteria). Su New York On My Mind, il contrasto tra le scosse telluriche prodotte da Billy Cobham (batteria) e i lirici assoli di Jerry Goodman (violino) e Stu Goldberg (sintetizzatore) raffigura brillantemente nevrosi e fascino della metropoli. Attraverso la cortina sonora di Are You The One? Are You The One? filtrano echi progressive propagati dal leader in trio con Jack Bruce (basso elettrico) e Tony Williams (batteria). Il furioso duello tra McLaughlin e Cobham colloca Phenomenon: Compulsion accanto ad altri incontri memorabili come Piscean Dance (Ralph Towner, John Christensen) e There Will Never Be Another You (John Scofield, Roberto Gatto). Leterea interpretazione in solitudine di My Foolish Heart chiude in bellezza un classico degli anni Settanta. - B.A. BILL MEYERS - IMAGES (1986) MORRISSEY / MULLEN - UP (1977) MORRISSEY / MULLEN - CAPE WRATH (1979) MORRISSEY / MULLEN - BADNESS (1981) MORRISSEY / MULLEN - LIFE ON THE WIRE (1982) MORRISSEY / MULLEN - ITS ABOUT TIME (1983) MORRISSEY / MULLEN - THIS MUST BE THE PLACE (1985) MORRISSEY / MULLEN - HAPPY HOUR (1988) DICK MORRISSEY - AFTER DARK (1983) DICK MORRISSEY - SOULILOQUY (1986) JIM MULLEN - THUMBS UP (1983) |
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