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 A.O.R.
BONNIE RAITT - BONNIE
RAITT (1971)
BONNIE RAITT - GIVE
IT UP (1972)
BONNIE RAITT - TAKIN
MY TIME (1973)
BONNIE RAITT - STREETLIGHTS
(1974)
BONNIE RAITT - HOME
PLATE (1975)
BONNIE RAITT - SWEET
FORGIVENESS (1977)
BONNIE RAITT - THE
GLOW (1979)
BONNIE RAITT - GREEN
LIGHT (1982)
BONNIE RAITT - NICK
OF TIME (1989)
BONNIE RAITT - LUCK
OF THE DRAW (1991)
KENNY RANKIN - MIND
DUSTERS (1967)
KENNY RANKIN - FAMILY
(1969)
KENNY RANKIN - LIKE
A SEED (1972)
KENNY RANKIN - SILVER MORNING (1974)

KENNY
RANKIN - INSIDE (1975)

KENNY RANKIN - THE
KENNY RANKIN ALBUM (1976) 
KENNY RANKIN - AFTER
THE ROSES (1980) 
Uninfausta
massima* sentenzia che only
the good die young
Kenny
Rankin se nè andato troppo presto, ma la sua
inestimabile eredità musicale ci ha consentito di
resistere in unepoca contraddistinta da
degrado (etico) e squallore (estetico). Nellideale
quadrumvirato dei cantautori che amano il jazz, egli siede alla destra di Michael
Franks, accanto a Ben Sidran
e Robert Kraft.
Con gli album della maturità (1974/1980) Kenny definisce
il proprio stile, consistente nellinconfondibile
amalgama timbrico attorno a cui ruotano i finissimi
arrangiamenti fusion: una voce
da usignolo in grado di interpretare con intensità tanto
le pagine autografe quanto gli evergreen (antichi e
moderni), la chitarra classica per generare, secondo le
esigenze, un morbido arpeggio o un pizzicato ritmico,
listintiva sagacia del connoisseur
per assemblare scalette oculate ed eleganti.
Particolarmente attratto dal repertorio dei Beatles, egli ne aveva già inciso
un paio di brani nel disco del 1969 [While
My Guitar Gently Weeps, Dear Prudence (Family)],
entrambi tratti dal Doppio
Bianco ma, in questo poker che segna il
trasloco dalla Little
David alla Atlantic,
include le cover originalissime e memorabili di Penny
Lane, With A Little Help From My Friends
(antitetica ma complementare rispetto alla storica
versione di Joe Cocker),
Blackbird, While My Guitar Gently Weeps
(stavolta aggiornata con la regia di Don Costa).
 Esponente
emerito della comunità A.O.R.,
che contribuiva a promuovere rilanciando le canzoni
scritte da colleghi in ascesa [On And On (Stephen
Bishop), You (Bill
Champlin)], Kenny era in grado di trarre profitto
dalle firme di veterani e fuoriclasse disparati - la
soave filastrocca di Pussywillows, Cat-tails (Gordon
Lightfoot), linno libertario di People Get
Ready (Impressions
/ Curtis
Mayfield), il retrogusto swing di Up From The
Skies (Jimi
Hendrix), le atmosfere psico-soul di Creepin (Stevie
Wonder), lindolente malinconia di Lyin
Eyes [Eagles
(Don
Henley, Glenn Frey)],
lo slancio passionale di You Are So Beautiful (Billy
Preston), la confessione etilica di Marie (Randy
Newman). Appropriandosi con naturalezza di preziosi
standard come Heres That Rainy Day e When
Sunny Gets Blue, Rankin venera da un lato i totem di Frank Sinatra (No One Cares)
e Art
Pepper (Living Legend),
dallaltro le icone di Anita
ODay (Waiter, Make Mine Blues) e Barbra
Streisand (Simply Streisand). Oltre che sulla
icastica, sublime Strings, la squisita cifra
espressiva del songwriter si apprezza su tre solenni
title-track come Silver Morning, Inside, After
The Roses. La folta schiera di ospiti illustri
annovera, tra gli altri, Deniece
Williams e Michael
Omartian
i CD ancora si trovano
fate
presto, salvate quel che resta di questo folle 2018
[P.S. - 1) *Anche titolo di un classico di Billy Joel
(The Stranger). 2) Su
Here In My Heart del 1997 rileggerà
magistralmente Ive Just Seen A Face.] - B.A.
KENNY RANKIN - HIDING IN MYSELF (1988)

Come dite? State per
mollare tutto e vi accingete a partire per unisola
deserta? Mare, sole, frutta e crostacei? Splendido! Ma
prima mettete in valigia almeno un CD di Kenny Rankin:
farà da colonna sonora allozio rigenerante goduto
sotto le palme. In particolare, suggeriamo Hiding In
Myself, uno dei titoli più rappresentativi del
taciturno cantautore americano. Kenny impiega ancora la
formula con cui dal 1967 propone un serie ininterrotta di
album personali ed eleganti: strumentisti di classe,
repertorio scelto con gusto, fuga dalla caducità delle
mode. La sezione ritmica composta da Lee Sklar (basso) e
Vinnie Colaiuta (batteria) garantisce una propulsione
fluida e potente. Intenditore sopraffino, Kenny affianca
al proprio pregiato materiale pezzi scritti da artisti
con cui non teme di confrontarsi. Le due cover di Marvin
Gaye sono da antologia: 1) dalloscuro film
blaxploitation
diretto da Ivan Dixon - Trouble Man
(Detective G.) - Kenny
riprende lomonimo tema conduttore affidandolo
allacuminata chitarra elettrica di Steve Lukather;
2) lamore fisico che ispirò la canzone prediletta
di Rob Fleming* - Lets
Get It On - sboccia di nuovo nellasciutto,
finissimo arrangiamento acustico a base di percussioni,
contrabbasso e corde di nylon. Con versi degni di un
poeta - «
she moves,
eyes follow, longing to touch, they want her so much
» - Jimmy
Webb offre la sua She Moves, Eyes Follow,
serenata perfetta per il languido stile vocale di Kenny,
incisa anche da Jimmy nel 2005 (Twilight Of The
Renegades). Hiding In Myself e Keep The
Candle Burnin ribadiscono il talento di Rankin
per la ballad sofisticata, mentre Lovin Side
e She Knows Me Well ne risvegliano gli spiriti
animali. Il mito di Sansone ridotto allimpotenza
rivive nelle epiche parole di Delila - «
oh you Delila, why did you
cut his hair
» - assumendo i toni
allegorici di un risentimento tutto maschile. Se banjo e
armonica a bocca diffondono gli echi agresti di Muddy
Creek, su Down The Road risuona lo stupendo
coro beat di David Crosby. [P.S. - *Protagonista del
romanzo High Fidelity (Alta Fedeltà)] - B.A.
KENNY RANKIN - BECAUSE
OF YOU (1991)
KENNY RANKIN - PROFESSIONAL
DREAMER (1995)
KENNY RANKIN - HERE
IN MY HEART (1997)
KENNY RANKIN - A
SONG FOR YOU (2003)
RASCALS - GROOVIN (1967)
HELEN
REDDY - I DONT
KNOW HOW TO LOVE HIM (1970)
HELEN
REDDY - HELEN REDDY (1971)
HELEN
REDDY - I AM WOMAN (1972)
Tom Catalano
compilava il repertorio di Helen
Reddy applicando un metodo consolidato e risalente,
su per li rami, fino alle memorabili scalette
di Sinatra: grandi canzoni,
arrangiamenti di classe, interpretazioni sentite. In
questo caso, linizio è affidato a un evergreen di Kenny Rankin - Peaceful
- sulle cui royalties lautore ha costruito una
carriera: Helen ne assimila lanelito alla quiete
con estrema naturalezza. Presente nel primo album (I
Dont Know How To Love Him) e inopinatamente
assurta a inno del movimento femminista, I Am Woman
viene riarrangiata e proposta come title-track. Disilluso
affresco di una rapporto in crisi, This
Masquerade imporrà il genio di Leon
Russell allattenzione di Carpenters
(Now & Then), Cybill Shepherd (Mad About The Boy), George
Benson (Breezin),
Shirley
Bassey (All By Myself) etc.: la stupenda cover
di Helen vale il disco. Addetto agli spartiti, Artie
Butler mostra una spiccata sensibilità poetica firmando I
Didnt Mean To Love You, gradita scoperta di un
sentimento inatteso ma travolgente [diverso approccio ma
stesso tema di Im Not In Love (The Original
Soundtrack) e I Dont Need You
(Adventure)]. Il
popolare standard di Don McLean - And I Love You So
- coglie Helen nel suo mood più romantico: amore =
serenità. Monumento eretto da Ralph MacDonald e William
Salter per le voci di due giganti (Roberta Flack &
Donny Hathaway) e, insieme, anello
mancante dellevoluzione dal soul allA.O.R.,
Where Is The Love esalta la versatilità di Helen,
che ne offre una versione sublime. Il solito Paul
Williams ci commuove con la sua brama di fuga dalla pazza
folla e le sue melodie rubate in Paradiso (What Would
They Say?). Un insolito divertissement di Barry Mann
e Cynthia
Weil - The Last Blues Song - chiude in
bellezza. Correva lanno 1972. - B.A.
HELEN REDDY - LONG
HARD CLIMB
(1973)
Ammettiamolo: erano
altri tempi. Il circolo virtuoso allora propedeutico alla
realizzazione di un album oggi è considerato arcaico e,
soprattutto, non redditizio. Quando un grande produttore
incontrava linterprete dei suoi sogni, chiedeva il
finanziamento alla casa discografica (lifting e cocaina
non avevano ancora guastato lambiente), stilava con
cura amorevole una lista di canzoni dautore cui
attingere e reclutava i musicisti più adatti a incidere
il materiale selezionato. Come noto, gli odierni
responsabili A&R badano ad altri aspetti - telegenia,
look etc. - anchessi dotati di un
innegabile rilievo, per carità, ma che da soli non
bastano a fare bei dischi. Per questo le ristampe della Raven sono
così preziose. Dopo aver recuperato classici da
isola deserta come A
Tramp Shining e Reunion,
letichetta australiana pesca nellinestimabile
catalogo Capitol di Helen
Reddy. Avvolto in un lussuoso portfolio
fotografico di Norman
Seeff, Long Hard Climb volò nella top-ten
statunitense sulla scia di due singoli esplosivi: Delta
Dawn, potente gospel dello scozzese Alex Harvey, e Leave
Me Alone (Ruby Red Dress), micidiale ritornello pop
(rispettivamente, 1° e 3° posto in U.S.A.). Ma
anche gli altri brani sono eccezionali: A Bit Of OK,
2.09 minuti di melodie e versi che recano il prestigioso
sigillo di Peter Allen e Carole Bayer Sager; Lovin
You, allegra variazione dixieland di John Sebastian,
risalente ai tempi dei Lovin Spoonful; Dont
Mess With A Woman, risoluto slogan
femminista che ribadisce con grinta il
messaggio di I Am Woman; The West Wind Circus,
dramma circense narrato dal punto vista di una bambina; Until
Its Time For You To Go, languida
torch-song di Buffy Sainte-Marie,
da ascoltare al lume di candela; If We Could Still Be
Friends, struggente ballad segnata dalla classe di un
immenso Paul Williams; The Old Fashioned Way,
danza della nostalgia per volteggiare sulla pista da
ballo come si faceva una volta. Serenata di rara finezza
scritta da Ron Davies ben prima che i pionieri A.O.R. espugnassero la West
Coast, Long Hard Climb propone uninevitabile
sfida fra due signore della voce: dolce e sensuale la
versione di Maria Muldaur (Maria Muldaur), più
sofisticata quella di Helen, entrambe straordinarie.
Brillante la supervisione di Tom Catalano. Strepitosi gli
arrangiamenti di Al Capps e Lee Holdridge. [P.S. - 1) La Raven ha
opportunamente abbinato due titoli - I Am Woman; Long
Hard Climb - in uno stesso CD; 2) Nei
credits figura il nome di Lorenzo
7Panella, meticoloso archivista A.O.R.
nonché apprezzato consulente di Peninsula.] - B.A.
HELEN
REDDY - LOVE SONG FOR JEFFREY (1974)
HELEN
REDDY - FREE AND EASY (1974)
HELEN
REDDY - NO WAY TO TREAT A LADY (1975)
HELEN
REDDY - MUSIC, MUSIC (1976)
HELEN
REDDY - EAR CANDY (1977)
HELEN REDDY - WELL
SING IN THE SUNSHINE (1978)
HELEN
REDDY - LIVE IN LONDON (1978)
HELEN
REDDY - REDDY (1979)
HELEN
REDDY - TAKE WHAT YOU FIND (1980)
HELEN
REDDY - PLAY ME OUT (1981)
HELEN
REDDY - IMAGINATION (1983)
LEE RITENOUR - RIT
(1981)
LEE RITENOUR - RIT/2
(1982)
BRUCE
ROBERTS - BRUCE ROBERTS (1977)
BRUCE
ROBERTS - COOL FOOL (1980)
DAVID ROBERTS - ALL
DRESSED
UP ... (1982) 
 Lamore è cieco. Di conseguenza,
almeno una volta a tutti è accaduto (o potrebbe
succedere) di farsi sedurre da una figura femminile più
o meno popolare, sebbene non ufficialmente codificata nel
bestiario antropologico contemporaneo: la trucida rurale*
spesso dotata di forte personalità, provvista di
vivida intelligenza ma corrotta da modelli di riferimento
deteriori (televisione, oroscopo, dediche in diretta),
priva delle smanie consumistiche della cugina
metropolitana (in questo risiede parte del suo fascino),
costei vi ha fatto riscoprire il gusto plebeo dello
sghignazzo in pubblico, lo spasso puerile della
barzelletta greve, un sempre più piacevole abbandono
delle inibizioni borghesi fin quasi alle soglie del rutto
libero fantozziano
tanta genuina simpatia ha però
i suoi effetti collaterali
al primo giro in
cabriolet, la fanciulla requisisce la costosa autoradio McIntosh appena
installata per deliziarvi con le antologie di Biagio
Antonacci, Gianluca
Grignani e tutti
quei cantanti con le facce da bambini e con i loro cuori
infranti
annichilendo la
vostra più intima natura per risultare credibili,
fingerete di gradire
non è difficile immaginarvi
accennare un sorriso mentre vi sanguinano le orecchie
nessuno vi ha obbligato
ma se voleste
recuperare in fretta e, addirittura, tentare una cauta
manovra di persuasione, ecco il nostro consiglio pratico:
All Dressed Up ..., il capolavoro dimenticato di
David Roberts. Brillante autore (parole e musica)
dellintera scaletta, in possesso di una voce
limpida, acuta, potente, prototipo del lead
singer adulto (Bobby
Kimball, Tommy
Funderburk, Jay
Gruska etc.), David avrebbe potuto ricoprire con
successo quel ruolo tanto nei Toto quanto nei Chicago. Il
gigante buono Greg Mathieson
(produzione, tastiere) cura la regia dirigendo
personalmente la straordinaria band
stabile (Steve
Lukather, Jeff
Porcaro, Mike
Porcaro) e coordinando alcuni contributi di lusso (Jay
Graydon, David
Foster, Bill
Champlin). Preludio al fulmicotone con
limmacolato inno rock di All
In The Name Of Love, in cui il protagonista chiede
venia per gli inenarrabili casini commessi in preda alla
gelosia. La memorabile Someone Like You attende
ancora il gemellaggio con Hold The
Line: terzine pianoforte/batteria galvanizzate
dalla chitarra distorta, drammatico riff discendente e
impetuoso ritornello botta-e-risposta
da paura!
Forse suggestionati dal mood nostalgico e dalle armonie
struggenti, adotteremmo Boys Of Autumn come
perfetta colonna sonora per lestate che finisce. Too
Good To Last è una sofisticata melodia condotta a
tempo medio che assurge al rango di instant
classic grazie alla splendida versione di Nielsen
& Pearson (Blind
Luck). Le irresistibili note del nuovo disco si
udirono anche ai piani alti del gineceo soul: Diana Ross
interpretò senza troppa convinzione la pur magnifica Anywhere
You Run To (Silk Electric), Nancy Wilson
riprese magistralmente la sontuosa ballad Midnight
Rendezvous insieme a Ramsey
Lewis (The Two Of Us). Solo omonima dello
standard di Barry Mann
e Cynthia
Weil, Never Gonna Let You Go si segnala per lo
stupendo intervento di Lukather, mentre i due episodi
meno personali [Shes Still Mine (Thats My
Girl), Another World] non inficiano il valore
complessivo dellalbum. Esaltato dai vertiginosi
stacchi ritmici, dal torrido fraseggio elettrico, dal
passo marziale della batteria e dallamara storia di
un commiato, lo spettacolare arrangiamento quasi-fusion di Wrong
Side Of The Tracks contrassegna una delle pagine
più significative del lessico A.O.R.
[Lost In The Hurrah (Blue Desert), Nothin You Can Do About It
(Airplay), The Higher You Rise (Maxus) etc.]. Sulla
copertina, il discutibile trend estetico degli anni
Ottanta è temperato dallironia della foto sul
retro, che scherza col modo di dire del titolo (all dressed up with nowhere to go
vestito di tutto punto senza un posto dove andare)
confidiamo che, grazie al nostro suggerimento
(canzonette di classe), non sia più il vostro caso
[P.S. - Perché quando si dimise Bobby
Kimball i Toto non reclutarono seduta stante David
Roberts? Mistero.] - B.A.
*©Riccardo Meloni
©Eugenio
Finardi
JESS RODEN - JESS RODEN (1974)
JESS RODEN - YOU CAN KEEP
YOUR HAT ON (1976)
JESS RODEN - PLAY IT
DIRTY, PLAY IT CLASS (1977)
JESS RODEN - THE PLAYER
NOT THE GAME (1978)
JESS RODEN - STONECHASER
(1980) 
Con la scusa del
titolo - Brand New Start - iniziate dalla terza
canzone: un inebriante elisir di fine anni Settanta si
diffonderà nella stanza, lasciandovi col rimpianto di
cosa sarebbe stato se avessimo seguito la testa e il
cuore (A.O.R.) invece di
vellicare gli istinti più abietti (punk e derivati). Al
di là dellingente valore artistico, infatti, il
messaggio sottinteso era inequivocabile: RESISTERE SI
PUÒ. Come? Luomo probo lo sa: bontà danimo,
rispetto per il prossimo, un po di talento. È
chiedere troppo? Non si direbbe, eppure
credeteci,
proporre idee interessanti nel 1980 equivaleva a
bestemmiare in chiesa. Stonechaser deve il suo
fascino al fecondo connubio tra il retroterra europeo di
Jess e letimo blues del linguaggio impiegato.
Sebbene la matrice americana della musica sia evidente,
Roden la filtra attraverso una sensibilità tutta
inglese: pronuncia squisita (vocali sfuggenti,
erre soppresse) e sobria compostezza delle
atmosfere differenziano questo da altri dischi affini e
coevi, accrescendone la nobile prerogativa di best
kept secret. Ciascuna metà del vecchio formato in
vinile viene affidata a un produttore dal curriculum
prestigioso: da una parte Leon Pendarvis (Mark/Almond, Michael Franks)
dallaltra Joel Dorn (Roberta Flack, Bette Midler,
Leon Redbone).
La supervisione dei due veterani brilla anche grazie al
contributo di Rob Mounsey (tastiere), Peter Bunetta,
Chris Parker (batteria), Neil Jason, Rick Chudacoff,
Anthony Jackson (basso), Jeff Mironov (chitarre), Arno
Lucas, Luther Vandross (cori). Nonostante la suddivisione
dei compiti tra Dorn e Pendarvis, gli arrangiamenti
conservano unomogenea eleganza formale: la grinta
soul di Prime Time Love e Deeper In Love,
lintrigante refrain della splendida Brand New
Start, laccorata supplica di Believe In Me,
gli amorosi sensi di Loving You, lintensa
interpretazione di Bird Of Harlem, che rimanda al
Vannelli più ispirato, il dolce ritmo ballabile di If
Ever You Should Change Your Mind, il reggae ecumenico
di One World, One People. Ovunque, la voce di
Roden sfodera una consumata maturità espressiva. - B.A.
Consulenza: Lorenzo
7Panella
LINDA RONSTADT - LINDA
RONSTADT (1971)
LINDA RONSTADT - DONT
CRY NOW (1973)
LINDA RONSTADT - HEART LIKE A
WHEEL (1974)
LINDA RONSTADT - PRISONER IN
DISGUISE (1975)
LINDA RONSTADT - HASTEN DOWN
THE WIND (1976)
LINDA RONSTADT - SIMPLE
DREAMS (1977)
LINDA RONSTADT - GET CLOSER (1982)
ROSIE (DAVID LASLEY / LYNN PITNEY /
LANA MARRANO) -
BETTER LATE THAN NEVER (1976)
ROSIE (DAVID LASLEY / LYNN PITNEY /
LANA MARRANO) - LAST
DANCE (1977)
MICHAEL
RUFF - ONCE IN A LIFETIME
(1984)
TODD RUNDGREN - SOMETHING/ANYTHING?
(1972)
 Something/Anything?
is the double album that on its release in 1972
established Todd Rundgren as a major force in popular
music - a position he has yet to relinquish almost three
decades later. His third solo album, it contains two US
Top 20 singles, I Saw The Light and Hello
It's Me, together with another 23 songs of
extraordinary diversity that showcase Rundgren's talent
as songwriter, musician, vocalist, arranger - even
engineer. The tracks demonstrate the wide range of
influences that were later echoed in his varied
production activities. He covers all the stylistic bases
with ease. From the guitar heroics of Black Maria
to the pre-punk guitar thrash of Couldn't I Just Tell
You. From the singer-songwriter sweetness of Marlene
to the saccharin vitriol of It Wouldn't Have Made Any
Difference. In isolation, these tracks have
SOMETHING for everyone - together on this album they will
make you wonder whether Todd Rundgren will ever do
ANYTHING to surpass the breadth and accessibility of this
collection. - Martin Fielding
TODD
RUNDGREN - A WIZARD A TRUE STAR (1973)
TODD RUNDGREN - TODD
(1974)
Continuando a
elaborare uninedita combinazione di hard-rock,
soul, psichedelia e pop-song, dopo A Wizard A True
Star Rundgren pubblica un altro album indispensabile
- doppio come Something/Anything? - a conferma di
unurgenza espressiva in pieno fermento. Lungo i
quattro lati del Long Playing (17 tracce nel CD) si
susseguono influenze e stili disparati. Lapertura
quasi dadaista di How About A Little Fanfare? ci
catapulta nel mondo alieno del personaggio, mentre I
Think You Know evidenzia subito lindiscusso
talento di un grande autore. Alterando le voci con una
tecnica impiegata anche da Zappa e 10cc, An
Elpees Worth Of Toons irride la folle pretesa
di cambiare il mondo con un disco (per carità
niente nomi). Alcuni pezzi strumentali dallo spiccato
sapore lisergico (The Spark Of Life; Drunken
Blue Rooster; Sidewalk Cafe) potrebbero
suonare datati, ma il raffronto con gli artificiosi
revival imposti dalle mode svela una sincerità di
accenti ben diversa. Sperimentatore ingegnoso, già
allora Todd riusciva a ottenere un prototipo artigianale
di batteria elettronica manipolando i ritmi pre-settati
dellorgano Farfisa. Titolo e arrangiamento di In
And Out The Chakras We Go (Formerly Shaft Goes Out To
Space) tradiscono in modo palese luso di
sostanze psicotrope (lo stesso artista ne ammetterà il
consumo), eppure il risultato musicale è sempre
godibile. Le sagome dei Beatles si scorgono in controluce
su A Dream Goes On Forever, deliziosa miniatura
pianistica che verrà ripresa sia dal vivo (Back To
The Bars) che nel brillante esperimento
'bossa-lounge' del 1997 (With A Twist ...). La
straordinaria finezza melodica di Useless Begging
risale direttamente a Bacharach, mentre Izzat Love?
possiede il contagioso dinamismo di un singolo delle
Supremes. Anticipando il punk di circa due anni, la
furente carica nichilista di Heavy Metal Kids
relega nel cassonetto quella sciagurata parodia di
rivolta giovanile. Introdotta da un tema sinistro che
ricorre a disturbarne la placida atmosfera
'hippy', Dont You Ever Learn? è
unaltra gemma del repertorio di Rundgren. Il
vertice dellalbum è The Last Ride,
capolavoro che vale una carriera: Donny Hathaway incontra
Phil Spector, immagini trascendenti si fondono a echi
metafisici, spazio, tempo e gravità si annullano in una
ballad atipica e meravigliosa, di cui Todd proporrà
anche una stupenda versione live (Back To The Bars).
Un passaggio lirico di micidiale potenza ne sottolinea il
climax emotivo: «I thought I
knew just everything
but I turned away love when I
needed it most». Lintervento di Peter
Ponzel (sax soprano) e lassolo hendrixiano di Todd
completano uno spettacolo memorabile. Il finale arriva
con un brano registrato in concerto a Central Park - Sons
Of 1984 - fiducioso inno post-'68 che scavalca Orwell
ma approda al nuovo millennio professando un ottimismo
ormai anacronistico: «Worlds
of tomorrow / life without sorrow / take it because
its yours / sons of 1984». Grazie comunque
per averci creduto, Todd. - B.A.
TODD
RUNDGREN - INITIATION (1975)
TODD RUNDGREN - FAITHFUL
(1976) 
 Non
senza una certa sfrontatezza, Todd
Rundgren elaborò una personale chiave di lettura per
studiare i testi sacri del rock,
guadagnandosi sul campo la promozione dal grado di
apprendista a quello di stregone della canzone moderna.
Selezionate con cura alcune pagine nei cataloghi di Beatles, Yardbirds, Beach Boys,
Hendrix e Dylan, Todd ne realizzò altrettante copie
carbone di sorprendente fedeltà (Faithful ...
appunto). Uninguaribile abitudine
allinconcludenza spinse la stampa
specializzata ad accusare lartista di
megalomania, quando invece sarebbe bastato poco per
apprezzare la felice, stimolante provocazione
dellalbum: Rain, Strawberry Fields
Forever, Good Vibrations erano opere così
perfette per cui lunica interpretazione possibile
consisteva nel riprodurle identiche agli originali.
Limpegno profuso nella registrazione determinò una
somiglianza tale per cui solo un ascoltatore esperto
riuscirebbe a distinguere le versioni di Rundgren da
quelle autentiche (Deface
The Music avrebbe estremizzato il
discorso). La seconda facciata del disco conteneva nuovo
materiale firmato da Todd e almeno quattro capolavori che
entreranno nel suo repertorio classico: il barocco
arpeggio acustico di Cliché; Love Of The
Common Man, stupenda pop-song in cui brilla la
preziosa chitarra elettrica dellautore; The Verb
To Love, maestosa ballad ispirata al soul
di Philadelphia; Black And White, raro esempio di
hard intelligente. - B.A.
TODD RUNDGREN - HERMIT OF
MINK HOLLOW (1978) 
Todd Rundgren
aveva già sperimentato la registrazione in solitudine,
sfruttando in modo pionieristico la tecnica delle
sovraincisioni, ma Hermit Of Mink Hollow è il
primo album in cui egli suona tutti gli strumenti
(chitarre, tastiere, batteria, sax etc.) e canta tutte le
parti vocali. Regista assoluto anche della parte
produttiva, Todd si avvalse solo dellaiuto
occasionale di Mike Young, un amico aspirante musicista,
incaricato di premere i pulsanti per far partire i
nastri. La leggiadria dei temi non deve trarre in
inganno: fresco reduce dalla tumultuosa relazione con la
modella Bebe Buell, Rundgren si ritirò in campagna per
annegare il proprio rovello emotivo nella musica. Da
quella dimora tranquilla e isolata, il suo talento
spiccò il volo con canzoni sublimi, venate di
disincantato realismo, formalmente affini a Smokey
Robinson e ai Beatles. Amare riflessioni sullamore
(Hurting For You) si alternano a generosi slanci
di speranza (All The Children Sing; Fade Away).
Le parole di Can We Still Be
Friends potranno risultare tenere o spietate, in
base allindole dellascoltatore, ma il senso
di inevitabilità trasmesso dalla melodia, ciclica e
dolente, la collocano accanto alle più preziose
miniature degli anni '70, insieme a Imagine e Im
Not In Love. Le successive interpretazioni di Robert Palmer, Rod Stewart, Marc Jordan e
Wilson Bros. ne confermeranno il valore. Bag Lady
è un lamento pianistico dedicato alle vecchiette che
mendicano per le strade di New York: struggente il
contrasto tra leleganza degli accordi e il sofferto
lirismo delle parole. Ancora al piano, Todd intona Lucky
Guy, sconsolato ritratto di un inguaribile egoista,
con una strofa centrale in cui la chitarra fa il verso a
Brian May. Il rimpianto di un ragazzo scappato di casa è
espresso con grande compostezza su Too Far Gone,
replica al maschile del classico di Lennon &
McCartney Shes Leaving Home. Una pressante
esortazione a intervenire contro la fame nel mondo
riecheggia nelle sonorità lancinanti di un brano in
stile Utopia, opportunamente intitolato Bread:
save your
regrets for the dead, but for the living / give them love
and give them bread
.
Larrangiamento dei cori tocca spesso livelli di
complessità stupefacenti. Sulla bizzarra Onomatopoeia,
un collage di 60 effetti sonori reali rimbalza contro il
rispettivo equivalente onomatopeico, pronunciato
in successione da Todd. Sembra incredibile, ma cè
ancora qualcuno che non conosce questo disco. - B.A.
TODD
RUNDGREN - BACK TO THE BARS (1978)
TODD
RUNDGREN - HEALING (1981)
TODD
RUNDGREN - THE EVER POPULAR TORTURED ARTIST
EFFECT (1983)
TODD RUNDGREN - A
CAPPELLA (1985)
Dopo aver sedotto il
pubblico più esigente con repliche perfette di venerate
icone rock (Faithful),
suggestivi giochi di prestigio in studio (Hermit Of Mink Hollow)
e unimpudente sfida ai Beatles
(Deface The Music),
Rundgren si cimentò con la prova più difficile. A parte
alcuni sporadici inserti percussivi di natura incerta, A
Cappella si regge interamente sulle sovraincisioni
vocali di Todd. I cori fungono da arrangiamento per
canzoni atipiche (Lost Horizon; Blue Orpheus;
Johnee Jingo), che talora raggiungono
leccellenza assoluta: Pretending To Care è
diventato uno standard in grado di sopravvivere anche una
volta decontestualizzato, come dimostrano le superbe
versioni di Janis Siegel (Short Stories) e
Jennifer Warnes (The Hunter); con le sue parole
sincere e dignitose, Honest Work confuta le tesi
sulla flessibilità molto meglio dei
vaniloqui di qualche ex-sindacalista incapace. Votate
Rundgren. - B.A.
TODD
RUNDGREN - 2nd
WIND
TODD
RUNDGREN - NO WORLD ORDER
(1993)
TODD
RUNDGREN - THE INDIVIDUALIST (1995)
TODD
RUNDGREN - WITH A TWIST ... (1997)
TODD
RUNDGREN - STATE (2013)
TODD
RUNDGREN - WHITE KNIGHT (2017)
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