A.O.R.
SUZY NELSON - BUSMANS HOLIDAY (2000) NIELSEN/PEARSON - THE NIELSEN/PEARSON BAND (1978) NIELSEN/PEARSON - NIELSEN/PEARSON (1980) NIELSEN/PEARSON - BLIND LUCK (1983) Lenergia dei Toto, leleganza degli Airplay, laffiatamento di Hall & Oates e almeno una voce da ricordare (quella di Reed Nielsen): i numeri per sfondare cerano tutti, ma Blind Luck era lalbum giusto al momento sbagliato (la new wave, il riflusso, la Milano da bere etc.). Per fortuna, quel che resta non è poco: un capitolo significativo della storia A.O.R., ricco di canzoni ricercate e affascinanti, suonate con il cuore da artisti come Carlos Vega, Neil Stubenhaus, Mike Landau e Steve Lukather. Diversi momenti sono da antologia: Hasty Heart, unimpetuosa introduzione scossa da continui sussulti; Sentimental, che per forma e contenuto (il ritratto di un altro grande illuso) richiama What A Fool Believes di Kenny Loggins e Michael McDonald; I Hear You Breathing, Fadeaway, Expectations, prelibati accostamenti tra melodia, arrangiamento e interpretazione, non privi di un apprezzabile spessore lirico; firmata da David Roberts, Too Good To Last è una riuscita versione di un brano presente nel suo celebrato capolavoro (All Dressed Up ...) e, contemporaneamente, un omaggio allennesima vittima del sistema. - B.A. KENNY NOLAN - KENNY NOLAN (1977) KENNY NOLAN - A SONG BETWEEN US (1978) KENNY NOLAN - NIGHT MIRACLES (1979) KENNY NOLAN - HEAD TO TOE (1982) LAURA NYRO - MORE THAN A NEW DISCOVERY (1967) LAURA NYRO - ELI AND THE THIRTEENTH CONFESSION (1968) LAURA NYRO - NEW YORK TENDABERRY (1969) LAURA NYRO - CHRISTMAS AND THE BEADS OF SWEAT (1970) LAURA NYRO & LABELLE - GONNA TAKE A MIRACLE (1971) One of the finest tribute albums ever recorded. - Paul Ramey La produzione di Gamble & Huff, gli arrangiamenti di Thom Bell, lo squillante pianismo di Laura Nyro e una band compatta e affiatata: con premesse simili non era azzardato scommettere su un grande risultato. Dopo la pubblicazione di questo album nessuno osò più insinuare che un bianco non fosse credibile come interprete soul (ammesso e non concesso che sia mai stato legittimo formulare dei distinguo così imbecilli). Il disco rende omaggio a un genere che viveva allora il suo momento di massimo splendore, e che la Nyro riconobbe, già nel 1971, come linguaggio autonomo e originale. Pescando in un repertorio zeppo di capolavori, Laura unì la propria passione alle potenti voci delle Labelle (Patti Labelle, Nona Hendrix, Sarah Dash) e rivisitò con freschezza e sensibilità You Really Got A Hold On Me, Dancing In The Street e altri classici della canzone mondiale. Per rendere indimenticabile qualche momento della vostra vita, ascoltate in buona compagnia The Bells e Its Gonna Take A Miracle. Se invece volete rivivere le emozioni di Ulisse tentato dal richiamo dalle sirene, provate con Wind (ma prima fatevi legare alla poltrona). [P.S. - Per delineare la fisionomia di Rachel, personaggio chiave del suo libro About A Boy, Nick Hornby si è ispirato proprio a questa copertina: «Will fell in love on New Years Eve She was called Rachel and she looked a little bit like Laura Nyro on the cover of Gonna Take A Miracle - nervy, glamorous, Bohemian, clever, lots of long, unruly dark hair.» - Nel film tratto dal romanzo, Rachel Weisz ha incarnato splendidamente entrambe le figure.] - B.A. LAURA NYRO - NESTED (1978) lettera aperta a L.N. - Cara Laura, eravamo un popolo di uomini felici. Napaloni era solo la macchietta di un film, MTV non esisteva e la RAI, seppur lottizzata, ospitava ancora persone perbene come Andrea Barbato e Giuseppe Fiori. Non solo. Bastava scendere nel negozio dietro langolo per trovare te, Phoebe Snow, Shawn Phillips, Gordon Lightfoot e tanti altri. Il pomeriggio ci incontravamo a casa dellunico tra noi che possedesse un vero impianto stereo - gli altri avevano ancora lo scatolino di Selezione - per ascoltare musica e conversare amabilmente su temi fondamentali per il destino della specie: meglio i racconti fiabeschi dei Genesis o le suite psichedeliche degli Yes, la forza bruta di John Bonham o le sfumature ritmiche di Robert Wyatt, i montaggi fotografici della Hipgnosis o lestro pittorico di Roger Dean? La sera, poi, quando ci spostavamo in pizzeria, era ancora possibile godersi una birra e una margherita senza subire lassedio di Paperissima tracimante dai monitor a ridosso del tavolo. Insomma, un piccolo Eden incontaminato. Improvvisamente, a metà del 1976, con la scusa della rivolta giovanile - ma non cera già stata nel '68? - un gruppetto di scalmanati inglesi cominciò a spaccare gli strumenti sul palco, a infilarsi le spille nei capezzoli e a tingersi i capelli di giallo. E fin qui, cazzi loro. Il problema è che la stampa specializzata italiana - incapace di formarsi unopinione autonoma e storicamente succube dei colleghi britannici - abbracciò seduta stante quella parodia di nuova tendenza, eliminò dalle proprie pagine tutto il resto e impose al Paese (artisti, radio, negozi, pubblico) il seguente diktat: 1) mai superare la media di 0,5 accordi a brano; 2) il suono somigli più possibile a un marasma indistinto senza capo né coda (tanto penseremo NOI ad attribuirgli un meta-significato sociale; 3) chi non gradisce, vada a cercarsi i dischi in Giappone. Allepoca di Nested, dunque, eri già una sopravvissuta, unemarginata, nonostante proprio le tue canzoni avessero salvato tanti innocenti dallobbligo odioso di scegliere tra punk e febbre. Incorniciati da arrangiamenti sobri ma non disadorni, i tuoi acquerelli pop/gospel/folk rilasciavano un rivolo di emozioni intense e sincere: la pulsazione ovattata di Light e My Innocence; il comune background stilistico di Rhythm And Blues e The Sweet Sky; il fascino melodico di American Dreamer, criptico ritratto di uningenua - tu? - alle prese con avvocati, dottori e manager disonesti; il disagio interiore impersonato da Mr. Blue (The Song Of Communication), con linevitabile richiamo a un omonimo titolo di Michael Franks (The Art Of Tea); un sentimento messo a nudo su Crazy Love, con la tua voce divina accompagnata dal solo pianoforte; il tris di cuori composto da Springblown, Child In A Universe e The Nest. Insieme a te, pochi compagni fidati e simpatetici: Will Lee (basso), John Tropea (chitarra) - quellanno presenti entrambi anche su Burchfield Nines e Other Peoples Rooms - Andy Newmark (batteria), Felix Cavaliere (tastiere), John Sebastian (armonica) etc. - Quanto ci manchi, carissima amica dei nostri giorni più lieti. Certo, abbiamo i tuoi CD, ma siamo circondati da gente brutta e cattiva. Per distrarci accendiamo la TV giusto in tempo per assistere attoniti al ritorno in video di Paolo Liguori. Eppure Zappa ci aveva avvertito: The Torture Never Stops. - B.A. LAURA NYRO - MOTHERS SPIRITUAL (1984) LAURA NYRO - WALK THE DOG & LIGHT THE LIGHT (1993) JILL OHARA - JILL OHARA (1993) DANNY OKEEFE - OKEEFE (1972) DANNY OKEEFE - BREEZY STORIES (1973) DANNY OKEEFE - SO LONG HARRY TRUMAN (1975) DANNY OKEEFE - AMERICAN ROULETTE (1977) DANNY OKEEFE - THE GLOBAL BLUES (1979) Linserimento di questo titolo nelle pagine A.O.R. può suscitare perplessità, ma daltro canto dove collocarlo? The Global Blues è uno di quei dischi che, come L di Godley & Creme o Rumplestiltskins Resolve di Shawn Phillips, eludono le definizioni, aggirano le categorie eppure, paradossalmente, raccontano unepoca meglio di qualsiasi altro documento sonoro. Lautore di You Look Just Like A Girl Again sembrava aver raggiunto la completa maturità artistica con American Roulette, ed è per questo che in molti rimasero sorpresi dinanzi a una furia creativa ancora così intensa. Prendendo sulle proprie spalle gli affanni del mondo, OKeefe lancia un grido di allarme sul catastrofico stato in cui versa il pianeta. Latmosfera introdotta dalla title-track mette subito a disagio: linquietante riff del piano, il guaito elettrico emesso con la leva del vibrato, il lugubre lamento del coyote e le immagini di un incubo in cui « you were Bette Davis and I was just untrue » si fondono con gli echi jazz propagati da Tony Williams e Roger Kellaway. È solo linizio. Un crudo reportage musicale sulle incongruenze della nostra epoca (Livin In The Modern Age) prelude a un tris di eleganti canzoni in stile West Coast [Falsetto Goodbye; On The Wheel Of Love; (Keep Your) Back To The Wall] che valorizzano la stupenda voce country-rock di Danny. Con The Jimmy Hoffa Mem. Bldg. Blues va in scena un dissacrante epitaffio del discusso sindacalista scomparso in circostanze misteriose, i cui tratti pittoreschi sono esaltati da clarinetto, fisarmonica e chitarra steel. Squisitamente politiche le congetture sulla sua vera sorte: « now some say Jimmys down in Argentina, others tell you that he simply changed his name, and a surgeon made him look a bit like Nixon, but aside from that hes still pretty much the same ». Il sole quadrato che brilla sullincantevole Square Sun irradia una luce psichedelica ormai affiochita dalla prossimità con gli anni Ottanta. Sullomelia funebre in memoria delle ultime balene () i laconici versi cantati in giapponese fanno venire i brividi: ma davvero il genere umano è così stronzo? Nonostante questo, Danny OKeefe continua a vegliare su di noi, e ogni notte monta la guardia al nostro giaciglio per impedire agli ultracorpi Endemol di sorprenderci nel sonno, mentre siamo più indifesi. [P.S. - La ristampa CD non è allaltezza dellalbum: buona la qualità audio, scadente la confezione, mancano i testi, il titolo originale di è stato tradotto con uno sciatto Save The Whales.] - B.A. DANNY OKEEFE - THE DAY TO DAY (REDUX) (1984) DAVID PACK - ANYWHERE YOU GO (1985) PAGES - PAGES (1978) PAGES - FUTURE STREET (1979) Allora nessuno poteva saperlo - gli addetti ai lavori* imposero unocchiuta censura - ma i Pages stavano redigendo il lessico definitivo della pop-song di fine secolo: certo, Burt Bacharach, i Beatles, gli Steely Dan ma qui non ci si riferisce solo alla qualità artistica, comunque straordinaria, quanto proprio al fatto che questi album arginarono lepidemia di I.C.S. (Indottrinamento Collettivo Sistematico) diffusa da radio, televisione e stampa specializzata. Per cui, se da un lato molti ascoltatori si ridussero a unorda di zombie abbigliati come Tony Manero, Johnny Rotten o Albertino Di Molfetta, dallaltro cera anche gente seria, composta, presentabile, che riusciva a procurarsi i rari e costosi LP di Marc Jordan, Bobby Caldwell, Rupert Holmes, Bill LaBounty, Peter Allen, Stephen Bishop pure in un clima di scherno, malanimo e ostracismo la storia ha dato loro ragione e oggi quei bravi ragazzi sono adulti avveduti che sanno distinguere il bene dal male, ma anche un cioccolatino da uno stronzo giudicate voi cosa è rimasto di punk e disco oppure di opere come Aja, Nightwalker, Windsong, Runaway Dopo un esordio bello ma imperfetto e del tutto trascurato da lor signori, i Pages ci riprovano serrando i ranghi della band e affinando gli arrangiamenti delle canzoni. Con la conferma di Jerry Manfredi (basso elettrico) e il reclutamento di Charles Icarus Johnson (chitarre) e George Lawrence (batteria) lorganico si stabilizza attorno a Richard Page e Steve George, sensazionali cantanti/tastieristi/compositori, uno dei grandi tandem del rock moderno. Se lintroduttiva I Do Believe In You - ripresa da America (Alibi) e Frank Stallone (Frank Stallone) - esibisce riff e ritornelli tanto muscolari quanto accattivanti, è con The Sailors Song, Future Street, Chemistry e Keep On Movin che il sofisticato amalgama di R&B, soul, fusion descritto nel depliant promozionale della Epic si esprime in sublimi crescendo di armonie vocali, assoli incandescenti, melodie finissime, parole mai scontate. Larte della ballad, di cui Page, George e Lang si dimostreranno maestri ineguagliabili [My Old Friend, I Will Be Here For You (Nitakungodea Milele), You & I, You Need A Hero, Come On Home, Tell Me], conquista nuovi standard di eccellenza con Take My Heart Away e, soprattutto, con Whos Right, Whos Wrong, preziosa pagina A.O.R. scritta a quattro mani da Richard Page e Kenny Loggins (ospite al microfono), poi mirabilmente interpretata anche dal co-autore (Keep The Fire): su entrambe le versioni Michael Brecker dilaga col suo sax, evidentemente consapevole di partecipare alla genesi di un capolavoro. Affidata alla voce di Steve George, la splendida Two People non va confusa con lomonimo singolo di Tina Turner. Nonostante limpeccabile produzione di Bobby Colomby, il meraviglioso trittico dei Pages vendette poche migliaia (centinaia?) di copie: stufi dellindigenza, Richard Page e Steve George cambiarono nome (Mr. Mister) e acconciatura, ottenendo un clamoroso successo internazionale con Broken Wings [P.S. 1) *In Italia ci risulta una sola recensione di Pages nella encomiabile ma oscura rubrica Import di Ciao 2001, oltre al marginale accenno in un vecchio numero del Buscadero. 2) Membro fisso ma esterno, John Lang firmava (quasi) tutti i testi.] - B.A. PAGES - PAGES (1981) La chitarra ritmica di Steve Khan e i battiti rallentati di Jeff Porcaro impostano il tempo: la pulsazione cardiaca che anima tutte le canzoni dei Pages inizia a vibrare. Un moog dalla sonorità liquida e un po antiquata espone il tema di You Need A Hero, sopra una sequenza di accordi imprendibile ma logica. Le voci galleggiano nello spazio, fuggono e si rincorrono, in unipnotica danza aerea. Solo i 10cc, diversi quanto più non si potrebbe, hanno usato i cori in modo altrettanto personale e creativo. È una musica che altera le percezioni, sconvolge le abitudini, e offre ai dannati della radio la possibilità di ricominciare. Una lista (parziale) degli album cui hanno partecipato in veste di cantanti e autori può illustrare, meglio di qualsiasi commento, la statura artistica di Richard Page e Steve George (e John Lang): Bi-Coastal, Sometimes Late At Night, Runaway, Windsong, On Your Every Word, Breakin Away, Jarreau, A Hole In The Wall, Retro Active, Keep The Fire, High Adventure, Mecca For Moderns, If I Should Love Again, Friends In Love. - B.A. ROBERT PALMER - SNEAKIN SALLY THROUGH THE ALLEY (1974) ROBERT PALMER - PRESSURE DROP (1975) Almeno
a giudicare dalle splendide copertine dei suoi primi
quattro album - tre classici e un capolavoro - Robert
Palmer aveva unidea fissa: quella
(laltro allupato confesso era Bryan
Ferry). Allo spontaneo moto di simpatia suscitato da
una così franca esibizione di gusti personali, segue
tuttavia limmediato apprezzamento per la qualità
della musica, elevatissima e costante almeno fino al
1979. ROBERT PALMER - SOME PEOPLE CAN DO WHAT THEY LIKE (1976) Luso della chitarra ritmica su Gotta Get A Grip On You (Part II) e What Can You Bring Me suggerisce un immediato parallelo con i dischi della Average White Band risalenti a questo stesso periodo. In effetti, durante il tramonto del progressive, proprio gli incorruttibili scozzesi e Robert Palmer tennero alto il vessillo della musica soul più autentica e meno compromessa, appena un attimo prima che sopraggiungesse la degenerazione 'disco'. Richie Hayward o Jeff Porcaro alla batteria, Chuck Rainey o Pierre Brock al basso garantiscono lassoluta eccellenza della sezione ritmica su ogni brano. Paul Barrère, Bill Payne e Sam Clayton completano la consueta, massiccia partecipazione dei Little Feat alle incisioni di Palmer. Almeno tre pezzi rendono questo disco essenziale per chi ama la voce di Robert: One Last Look, sofisticata ballad di Bill Payne, sul genere dei Little Feat fine anni '70; unottima cover di Spanish Moon, priva della sezione fiati che abbelliva la versione originale dei Little Feat (Feats Dont Fail Me Now) - ma il confronto tra le magnifiche voci di Robert Palmer e Lowell George si conclude in parità; la conclusiva Some People Can Do What They Like, un funky in cui la spessissima trama percussiva sostiene un refrain ripetitivo ma efficace. Tutto sommato, un altro ottimo lavoro di questo simpatico gaudente del rock, anche se fino a questo punto nulla avrebbe lasciato presagire larrivo del successivo, stupefacente Double Fun. - B.A. ROBERT PALMER - DOUBLE FUN (1978) Funk-Rock-Soul, certo: eppure originalissimo e fuori da schemi e caterigorizzazioni. Il sofisticato look adottato da Robert Palmer durante gli anni Settanta (una specie di James-Bond-al-Casinò) rispecchiava fedelmente il suo approccio anticonvenzionale alla musica: coerente allepoca del progressive così come agli albori della new wave, estraneo al clan Airplay e dotato di uno stile non necessariamente riconducibile ai maestri della Motown, Palmer mescolò le atmosfere più nere dei Little Feat con un pizzico di A.O.R., una spruzzata di reggae e una voce inimitabile. Per coloro che nel 1978 soffrivano di mal di punk, la pubblicazione di Double Fun sortì leffetto di una terapia miracolosa: una rapida occhiata alla splendida foto di copertina - Robert che ammira sornione due bikini abbandonati sul bordo di una piscina - e, come per incanto, la natura maligna dellanti-musica è sconfitta. Un gruppo di musicisti scelti con cura: metà dei Little Feat (Bill Payne; Paul Barrère; Richie Hayward), i meravigliosi Brecker Brothers, più alcuni professionisti di sicura affidabilità (in particolare il bassista Pierre Brock, un vero fuoriclasse). Every Kinda People reca la firma di Andy Fraser, ex-bassista dei Free, e colse un ottimo successo come singolo, con la sua accattivante melodia, le parole inneggianti alluguaglianza universale e lemozionante climax strumentale esaltato dalla tromba di Randy Brecker. Best of Both Worlds è sostenuta da un ritmo reggae privo dei volgari orpelli rasta, su cui poggia un penetrante ritornello guidato dai cori di Robert e da una fitta tessitura di organo e chitarre. Le parole fanno riferimento al godereccio titolo dellalbum ( best of both worlds ... double fun ). Love Can Run Faster diffonde lo stesso aroma caraibico, riconoscibile marchio di fabbrica dellautore che, allepoca, viveva a Nassau. Lossessiva pulsazione funky di Come Over e il dinamico accompagnamento soul di Night People (scritta da Allen Toussaint) provano in maniera definitiva che per ballare il talento è più utile del rimbombo acefalo delle discoteche. Con Where Can It Go? e You Overwhelm Me Palmer offre uninvidiabile dimostrazione della sua versatilità, scrivendo e interpretando due colonne sonore notturne e sensuali, ricamate dal raffinato tocco orchestrale di Gene Page. La cover di You Really Got Me trasforma lomaggio a Ray Davies in un super-funk dominato dai fiati di Randy e Michael Brecker, e arricchisce di nuove sfumature questo classico del rock. Morale della favola: ancora non conoscete questo disco? Povere vittime della disinformazione! Ribellatevi! Correte a cercarlo! Fate presto! - B.A. ROBERT PALMER - SECRETS (1979) Con lo smoking ancora indosso, Robert Palmer scende in garage intenzionato a sporcare un po il proprio sound. Al di là del primo brano - un insulso rocknroll firmato da Moon Martin (di entrambi, nessuno avvertiva la mancanza) - Secrets è un album eccellente, quasi da stelletta. I fiati e gli archi di Double Fun lasciano spazio alle chitarre elettriche di Kenny Mazur, vero protagonista degli arrangiamenti, e le nuove canzoni sono allaltezza di un interprete di lusso che è anche autore brillante. Il trucco consisteva nel sovrapporre un doppio strato di tastiere alle intricate linee melodiche disegnate da Mazur, usando il formidabile basso di Pierre Brock come adesivo. Già da tempo Robert viveva a Nassau (furbo, eh?) e il tonificante effetto climatico delle Bahamas si percepisce soprattutto nei dettagli: la vibrazione calypso di Mean Ol World (scritta dallex-Free Andy Fraser), larmonica a bocca di Greg Carroll (In Walks Love Again), lindovinato parallelo amore/giustizia di Under Suspicion. Captata alla radio uneterea pop-song di Todd Rundgren - Can We Still Be Friends - Palmer la trasforma in una ruvida ballata R&B: il gradimento dipende più che mai dal gusto personale. Restano da godersi le contorsioni rock di Jealous e Love Stop, la ribollente energia ritmica di Whats It Take e Woman Youre Wonderful, i riff a incastro di Remember To Remember, il reggae azzimato di Too Good To Be True, dedicato a una creatura troppo perfetta per essere vera: they broke the mould when they made you. Un disco per luomo che non deve chiedere mai. - B.A. ROBERT PALMER - DONT EXPLAIN (1990) LOU PARDINI - SOME THINGS NEVER CHANGE (1997) LOU PARDINI - LOOK THE OTHER WAY (1998) DANNY PECK - HEART AND SOUL (1977) STEVE PERRY - STREET TALK (1984) JIM PHOTOGLO - PHOTOGLO (1980) JIM PHOTOGLO - FOOL IN LOVE WITH YOU (1981) I nostri nonni dicevano: ... del maiale non si butta via niente ..., alludendo al fatto che del simpatico animale si utilizzavano anche le parti meno nobili. Verissimo. La stessa perla di saggezza può essere applicata al repertorio di Michael McDonald. Al punto che un album come questo diventa indispensabile proprio grazie a un inedito firmato da Michael nel 1974 (Try It Again), cioè ben due anni prima del suo ingresso nei Doobie Brothers. Loriundo greco Jim Photoglo propone una convincente lettura della canzone, che diffonde echi e colori delle più note ballad di McDonald (I Can Let Go Now; Anyway You Can). Gli schifiltosi fondamentalisti A.O.R. potranno divertirsi a piluccare qua e là gli avanzi del disco (Fool In love With You; Theres Always Another Chance Left For Love etc.). - B.A. JIM PHOTOGLO - THE THIN MAN (1983) POCO - FROM THE INSIDE (1971) POCO - A GOOD FEELIN TO KNOW (1973) Chitarre acustiche. Contrappunti elettrici. Armonie vocali. Melodie suadenti. La sana consapevolezza di non poter cambiare il mondo con un disco. Insieme ad America e Loggins & Messina, i Poco hanno concorso a scrivere la storia del country-rock registrando una lunga serie di album onesti, privi di ambizioni politiche ma ricchi di ottime canzoni. Con Richie Furay ancora fortemente motivato (se ne andrà poco prima della pubblicazione di Crazy Eyes), A Good Feelin To Know inquadra la West Coast post-'68 e pre-Hotel California, offrendone una nitida istantanea musicale. Trainata da un incrollabile ottimismo e da cori magnifici, la title-track è il manifesto estetico di Furay e rimarrà nella scaletta live anche dopo il congedo dellautore. Un bozzetto di Tim Schmit - I Can See Everything - anticipa quello stile 'soft' che, passando per Keep On Tryin (Head Over Heels) e Starin At The Sky (Rose Of Cimarron), assurgerà alla fama eterna con I Cant Tell You Why degli Eagles (The Long Run) - dossier I - nei cui ranghi Tim aveva sostituito laltro ex-Poco, Randy Meisner. Il passato prossimo ritorna con una bella cover di Go And Say Goodbye, firmata da Stephen Stills, ex-collega di Furay nei Buffalo Springfield. Rusty Young non è ancora emerso come autore e cantante - brillerà in entrambi i ruoli - ma la sua 'pedal steel' adorna già gli arrangiamenti con gusto sopraffino (And Settlin Down; Keeper Of The Fire; Restrain). Erano giorni felici, quelli. - B.A. POCO - CRAZY EYES (1973) POCO - CANTAMOS (1974) POCO - SEVEN (1974) POCO - HEAD OVER HEELS (1975) POCO - ROSE OF CIMARRON (1976) POCO - INDIAN SUMMER (1977) POCO - LEGEND (1978) Il disco fu inciso in circostanze singolari: rimasti in due dopo gli anni doro della West Coast, Paul Cotton e Rusty Young rimpiazzano la storica sezione ritmica dei Poco - Tim Schmit e George Grantham - con gli immigrati inglesi Charlie Harrison (basso) e Steve Chapman (batteria), affidando le tastiere a Jai Winding, veterano di consumata esperienza e protagonista di sedute memorabili (Terence Boylan; Dane Donohue etc.). Proprio grazie alle rifiniture di Winding, Legend dirada le tradizionali atmosfere country-rock per assumere connotati prossimi allA.O.R. più elegante. In questo senso, Spellbound e The Last Goodbye sono ballad esemplari. Malgrado la scarsa attitudine a scalare le classifiche, le canzoni dei Poco sono sempre piacevoli: la grinta funk di Boomerang apre lalbum a ritmo sostenuto; su Heart Of The Night, la 'pedal steel' e il piano Fender creano un originale mélange timbrico; Barbados mette insieme ledonismo di Glenn Frey con lindole marinara di Jimmy Buffett; Little Darlin rapisce anche lascoltatore più distratto con una disarmante orecchiabilità. Il pezzo più bello è Crazy Love: un finissimo arrangiamento a base di chitarre acustiche e armonie vocali spinse il singolo al n° 17 di Billboard. Colonna sonora ideale per lammazzacaffè su unisola del Mediterraneo quando, di ritorno dal ristorante caratteristico, ci si attarda in veranda a frescheggiare. - B.A. DAVID POMERANZ - TIME TO FLY (1971) DAVID POMERANZ - IT'S IN EVERYONE OF US (1975) DAVID POMERANZ - THE TRUTH OF US (1981) |
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