A.O.R.
BILL LaBOUNTY - PROMISED LOVE (1975) BILL LaBOUNTY - THIS NIGHT WONT LAST FOREVER (1978) BILL LaBOUNTY - RAIN IN MY LIFE (1979) Massimo Oldani, il simpatico Nando Mericoni di Radio Capital, rispondendo a un ascoltatore che gli chiedeva garbatamente conto di uninsolenza gratuita nei confronti di Bill LaBounty (proferita dopo aver trasmesso Livin It Up), ha sentenziato: «... il mondo è bello perché è vario, resto della mia idea ...». In sostanza, mediandolo attraverso uno spassoso birignao da disc-jockey mericano, Oldani ci tramanda il messaggio del mitico Venanzio da Montegallo, secondo cui, a prescindere dalle cazzate che spariamo, ognuno siamo belli come noi stessi. Può anche darsi ... e tuttavia, dai microfoni di unemittente nazionale ci si aspetterebbe maggiore accortezza oratoria, specie se una libera opinione - discutibile ma legittima - degenera in calunnia. Dunque, riepilogando per linconsapevole Oldani: Bill LaBounty aveva già inciso e pubblicato tre album prima del 1982, il secondo dei quali serbava già due memorabili standard per Randy Crawford [I Hope Youll Be Very Unhappy Without Me (Raw Silk), This Night Wont Last Forever (Windsong)]. Come prevedibile, linterprete divina si sarebbe affezionata allautore di talento, riprendendo dal suo disco omonimo (Bill LaBounty) anche la sublime Look Whos Lonely Now, per collocarla in apertura del capolavoro Windsong. Nel dettaglio, la qualità generale di Rain In My Life non è omogenea, ma ben cinque canzoni meritano un 10 senza tentennamenti: la malinconia esorcizzata sul ballabile incedere di Im Hurtin e la graduale spinta ritmica di Dancin Tonight*, da cui arriva unesortazione a prendere liniziativa perché the girl wont stay at home forever, entrambe scritte insieme al collega Michael Johnson; la rigenerante forza emotiva di Trail To Your Heart (Sailing Without A Sail)*, trainata da squisiti fraseggi elettrici; la sequenza di evanescenti volti femminili (Rita, Sue, Sarah, Sally) che, lungo le dolenti note di What About You?, risalgono fino allindimenticabile Name Of My Sorrow di Jimmy Webb e Richard Harris (A Tramp Shining), dove fanciulle con nomi diversi (Shirley, Linda, Mary-Lou, Jane, Marilyn, Susan) subivano uguale destino, soccombendo alla stessa, innominata lei; un fenomenale blues recante la prestigiosa firma di Randy Goodrum (Clap Me In Irons), che esalta le doti strumentali di Jack White (batteria), carneade allaltezza di qualsiasi grande nome del giro A.O.R., e di Ron Culbertson (chitarre), superbo rifinitore degli arrangiamenti. Se è vero che la stampa specializzata ha ormai perso qualsiasi credibilità, chi ancora si ascrivesse alla categoria degli addetti ai lavori, potrebbe almeno compensare il proprio scarso senso del ridicolo documentandosi bene prima di parlare. Insomma, caro Massimo, fatti, non pugnette [P.S. - *Registrate anche da Michael Johnson, incluse su The Michael Johnson Album* e Dialogue.] - B.A. BILL LaBOUNTY - BILL LaBOUNTY (1982) Prima della pubblicazione di questo album, solo Randy Crawford si era accorta di Bill LaBounty. Attingendo a piene mani a un repertorio eccezionale, la cantante georgiana aveva interpretato I Hope Youll Be Very Unhappy Without Me (Raw Silk) e ben due pezzi nello stupendo Windsong (Look Whos Lonely Now; This Night Wont Last Forever). Tagliamo corto a beneficio degli ultimi arrivati: LaBounty aveva già alle spalle tre ottimi dischi, ma il quarto è un capolavoro senza tempo, buono per tutte le stagioni e in ogni occasione, da soli o con la morosa, in pubblico tra la pazza folla o in privato col gatto. Oltre allindiscusso talento di autore, Bill possiede una voce roca e affilata come un rasoio, perfetta per tagliare il tessuto armonico di canzoni raffinate, eleganti, mai melense, sempre brutalmente oneste. Nelle sue parole si aggira lo spettro della rivincita sentimentale: a una serenità posticcia ostentata con troppa enfasi segue puntualmente lamara confessione di un vuoto incolmabile. Livin It Up è un intramontabile classico dei primi anni Ottanta: introdotto dagli accordi del Rhodes e dal contrappunto del piano acustico, firmato dal titolare insieme a Barry Mann e Cynthia Weil, è linno dei sedotti e abbandonati che tentano invano di ricominciare. Ma tutti i brani sono straordinari, grazie anche al contributo di artisti sensibili e in stato di grazia: Dean Parks e Steve Lukather (chitarre), Chuck Rainey (basso), Andy Newmark, Steve Gadd e Jeff Porcaro (batteria), David Sanborn (sax alto), addirittura James Taylor in veste di semplice corista, accanto a Patti Austin e Jennifer Warnes. Dream On, Comin Back, Didnt Want To Say Goodbye, Never Gonna Look Back, Slow Fade, Secrets: ancora sgomenti per la prematura scomparsa di John Lennon e intossicati dalle fetide esalazioni della 'new wave', tanti disperati trovarono una provvidenziale boccata dossigeno in questa musica. Chissà che non funzioni anche nellera della TV commerciale. - B.A. BILL LaBOUNTY - THE RIGHT DIRECTION (1990) BILL LaBOUNTY - BACK TO YOUR STAR (2009) CHERYL LADD - CHERYL LADD (1978) CHERYL LADD - DANCE AGAIN (1979) NICOLETTE LARSON - NICOLETTE (1978) NICOLETTE LARSON - IN THE NICK OF TIME (1979) NICOLETTE LARSON - RADIOLAND (1980) NICOLETTE LARSON - ALL DRESSED UP & NO PLACE TO GO (1982) DAVID LASLEY - MISSIN TWENTY GRAND (1982) DAVID LASLEY - RAINDANCE (1984) Se hai scritto Somebodys Angel
(insieme a Peter Allen) e You Bring Me Joy (per Anita
Baker), vuol dire che sei già passato alla storia
attraverso larco del trionfo
purtroppo, il
precipitoso degrado del gusto collettivo e la fiera
ostentazione del proprio orientamento sessuale
(confessato quando non era ancora di moda farlo)
relegheranno David
Lasley nel limbo dei grandi carneadi. LARRY LEE - MAROONED (1982) Onesti artigiani country-rock saldamente radicati nel Missouri, gli Ozark Mountain Daredevils vissero il proprio quarto dora di celebrità nel 1974 (Jackie Blue), continuando a restare sulla breccia soprattutto grazie a Larry Lee che, in seno al gruppo, incarnava una figura analoga a quelle rappresentate da Graham Nash (Crosby, Stills, Nash & Young), Steven Soles (Alpha Band), Gerry Beckley (America) e Tim Schmit (Poco, Eagles) nelle rispettive formazioni. Più che nel ruolo di batterista, peraltro svolto con diligenza, Larry si distingueva come cantante dal timbro garbato e autore capace di formidabili intuizioni melodiche. In un catalogo di album non trascendentali ma sempre godibili, le sue canzoni spiccano per uno stile collocato a metà strada tra Beatles e West Coast (If I Only Knew; You Know Like I Know etc.). Abile strumentista ma nulla di più, per il fatidico esordio da titolare Larry chiama come proprio sostituto il fuoriclasse Mike Baird (A Hole In The Wall; On Your Every Word etc.), completando la band con Nicky Hopkins, pianista di fiducia dei Rolling Stones, David Hungate, bassista dei primi Toto e Jon Goin, chitarrista versatile e raffinato. Tutto sommato, il bilancio è notevole. Un paio di bei pezzi scovati in repertori altrui (Waiting To Let Go; Dont Talk), una languida ballad del compianto Clifford T. Ward (The Best Is Yet To Come), un potenziale successo a 45 giri rinforzato dai cori di Bill Champlin e Richard Page (Number One Girl), una miniatura pop firmata insieme al collega Steve Cash (Just Another Girlfriend) e almeno due grandi classici A.O.R.: a) cullato dal rollio della chitarra acustica, minacciato da improvvise folate elettriche, il destino di una coppia in crisi è messo a nudo sulla stupenda Hang On; b) mentre ritmo e armonie ne sottolineano lambivalenza emotiva, Marooned racconta le impressioni di chi - abbandonato in un luogo deserto (Hazon-Garzanti) - è incerto tra senso di smarrimento ed ebbrezza della fuga. Disco da avere. [P.S. - La passione per i Beatles verrà condivisa con Jim Photoglo nei Vinyl Kings.] - B.A. LAURA LEE - WOMENS LOVE RIGHTS (1972) LAURA LEE - TWO SIDES OF LAURA LEE (1972) LITTLE FEAT - SAILIN SHOES (1972) LITTLE FEAT - DIXIE CHICKEN (1973) La formazione storica si stabilizza: il congedo di Roy Estrada viene ampiamente compensato dallingaggio di Paul Barrère (chitarra), Kenny Gradney (basso elettrico) e Sam Clayton (congas). Gli arrangiamenti acquisiscono spessore, con le due Stratocaster che si amalgamano alle tastiere di Bill Payne e ai tempi dispari scanditi da Richie Hayward. Il mattatore assoluto è ancora Lowell George, sublime con la slide, linimitabile voce meticcia e le sue geniali canzoni a cavallo dei generi: Dixie Chicken, inno sudista non meno popolare e amato di Sweet Home Alabama dei Lynyrd Skynyrd (Second Helping); Two Trains, ibrido rock-soul che lautore rivisiterà in una versione persino più bella nel sensazionale Thanks Ill Eat It Here; Roll Um Easy, pigra serenata acustica che Glen Campbell volle interpretare nel capolavoro inciso con Jimmy Webb (Reunion); Fat Man In The Bathtub, surreale manifesto estetico di Lowell, con cui si aprirà trionfalmente il leggendario live Waiting For Columbus; una brillante cover di On Your Way Down di Allen Toussaint; lappassionata dedica a una misteriosa Juliette. Lepilogo strumentale di Lafayette Railroad definisce il sound che segnerà anche gli straordinari dischi successivi (Feats Dont Fail Me Now; The Last Record Album; Time Loves A Hero). - B.A. LITTLE FEAT - FEATS DONT FAIL ME NOW (1974) LITTLE FEAT - THE LAST RECORD ALBUM (1975) La formazione definitiva dei Little Feat, sperimentata con successo sui magnifici Dixie Chicken e Feats Dont Fail Me Now, ha messo a punto un laboratorio attrezzatissimo in cui vengono rivisitate le massime espressioni della moderna musica americana: rock, funk, soul, country, jazz e infiniti altri sub-generi finiscono nellimmenso calderone della band, per dar vita a uno dei dischi più affascinanti e singolari del decennio. Parte della stampa insinuò allora che Lowell George stesse riducendo il proprio impegno in seno al gruppo, distratto da ambiziosi progetti personali; al contrario, la solida leadership del chitarrista era insidiata solo dallincontenibile talento di Bill Payne e Paul Barrère, che acquisivano sempre maggiori responsabilità come autori e cantanti. Le danze si aprono con Romance Dance e il sestetto, già pienamente operativo, dispiega senza risparmio tutta la sua energia sonora. Day Or Night e One Love Stand esaltano le doti strumentali del collettivo, senza negare alluomo della strada due canzoni insieme eleganti e disimpegnate: la seconda fu interpretata anche da Carly Simon, che la incise proprio con i Little Feat (Another Passenger). Molti appassionati nutrono un debole per All That You Dream, trascinante pezzo da concerto che sfrutta il potenziale comunicativo del rock senza riprodurne i luoghi comuni: linimitabile voce di Lowell George cattura lattenzione dopo la prima sillaba. Long Distance Love è un lento country-soul di Lowell, che poggia su un tempo dispari memorizzabile solo dopo ripetuti ascolti: celebre la cover di Nicolette Larson. La bizzarra tesi di un Lowell George in disarmo è clamorosamente smentita da Mercenary Territory e Down Below The Borderline, geniali intuizioni di un autore che non somiglia a nessuno. - B.A. LITTLE FEAT - TIME LOVES A HERO (1977) LITTLE FEAT - DOWN ON THE FARM (1979) Lesigenza
del quieto vivere ci imporrebbe di sorvolare
sugli errori marchiani commessi dai burocrati a capo dei
dipartimenti A&R -
una sequenza di gesti autolesionisti da manuale
psichiatrico - eppure, come si fa a tacere quando un
funzionario scemo, senza alcun motivo logico, preleva una
banale versione incompiuta di Front Page News
dallantologia di scarti Hoy-Hoy! e, nella
ristampa CD di Down On The Farm, la inserisce a
posto di quella del vinile, stupenda, cantata da Lowell
George? Poi tocca anche sopportare qualche cacasenno
che raglia sulla crisi dellindustria discografica
care vittime dellI.C.S. (Indottrinamento
Collettivo Sistematico), date retta, non vi curate di
loro, cercate ledizione originale, se necessario
scaricatela da Internet e non perdete la speranza:
arriverà il giorno in cui Francesco Boccia e Nunzia De
Girolamo saranno sostituiti da persone per bene. Gli
ultimi album dei Little
Feat storici consacrano lascesa di Lowell
George al rango di fuoriclasse e la compiuta
maturità artistica di Paul
Barrère e Bill Payne. LOGGINS & MESSINA - SITTIN IN (1972) LOGGINS & MESSINA - LOGGINS AND MESSINA (1972) LOGGINS & MESSINA - FULL SAIL ( 1973) LOGGINS & MESSINA - MOTHER LODE (1974) LOGGINS & MESSINA - SO FINE (1975) LOGGINS & MESSINA - NATIVE SONS (1976) KENNY LOGGINS - CELEBRATE ME HOME (1977) Le diverse aree musicali lambite da questo album trasmettono leuforia di un artista finalmente libero di esprimersi fino in fondo, e smanioso di esplorare territori stilistici esterni al rassicurante paesaggio country-rock di Loggins & Messina. La regia di Bob James, oltre a offrire il prezioso contributo di un pianista jazz, ha consentito a Kenny Loggins di superare con successo la prova cruciale del primo LP solo. In luogo della formazione fissa, James adottò la formula cara agli Steely Dan, scegliendo un particolare musicista per una determinata canzone: Steve Gadd o Harvey Mason alla batteria, la chitarra hendrixiana di Hiram Bullock per Lady Luck, il disinvolto sax di Vince Denham per Why Do People Lie?, rifiniture varie a cura di Lee Ritenour, Steve Khan, Robben Ford, Eric Gale. Celebrate Me Home è un gospel carico di nostalgia per le radici domestiche, diventato col tempo un classico delle esibizioni dal vivo. Ive Got The Melody (Deep In My Heart) è il primo di una serie di spettacolari duetti che Loggins realizzerà in coppia con alcune primedonne del rock (Phoebe Snow, Stevie Nicks, Melissa Manchester): qui Kenny si misura con lugola soul di Patti Austin, in un vertiginoso balletto orchestrale scritto dalla pupilla di Quincy Jones. Enter My Dream e Set It Free evidenziano una vena compositiva romantica ma non sdolcinata, mentre Daddys Back esalta la straordinaria potenza vocale del cantante. Lesuberante ritmo latino di I Believe In Love contagiò anche Barbra Streisand, di cui ricordiamo la versione nel film A Star Is Born. La tenera If Youll Be Wise, firmata da Loggins insieme a Jimmy Webb, si muove nel solco tracciato dai Bee Gees con How Deep Is Your Love. Lo standard di Eddy Arnold e Cindy Walker, You Dont Know Me, diventa uno struggente inno alla timidezza, la cui malinconia è accentuata dal fraseggio blues di Eric Gale. Uno dei tre dischi americani degli anni '70. - B.A. KENNY LOGGINS - NIGHTWATCH (1978) KENNY LOGGINS - KEEP THE FIRE (1979) Reduce dallo straordinario successo di Whenever I Call You Friend (Nightwatch), Loggins approdò a una splendida maturità espressiva, offrendo il proprio autorevole appoggio esterno al movimento A.O.R.. La brillante produzione di Tom Dowd e unaffiatata band personale giocarono un ruolo importante, ma la carta vincente erano le canzoni, concepite e perfezionate insieme a partner in evidente stato di grazia. Le raffiche rock di Love Has Come Of Age introducono lalbum con unaggressività inconsueta per un aedo del pigro life-style californiano. In effetti, larrangiamento per chitarra acustica e fisarmonica di Now And Then riconferma il grande artefice di indimenticabili serenate da intonare al chiaro di luna (Dannys Song; Brighter Days; A Love Song). Teneri versi damore e un bel piano elettrico si incrociano su Will It Last, mentre Keep The Fire alterna una strofa soft a un ritornello gioioso ed estroverso. Come era facile intuire, le emozioni più forti arrivano grazie al felice contributo di tre mostri sacri. Give It Half A Chance è una raffinata ballad orchestrale a metà strada tra Smokey Robinson e i Bee Gees, le cui progressioni armoniche rivelano linconfondibile tocco del co-autore Stephen Bishop [sarà ripresa da Stephanie Mills (Ive Got The Cure)]. Frutto della seconda collaborazione con Michael McDonald, This Is It è un sofisticato pop-soul dallandatura sostenuta, avvolto in una sezione archi su cui la tersa voce di Kenny crea un efficace contrasto con gli ispidi cori del collega: pubblicato come singolo, vale almeno quanto la multi-premiata What A Fool Believes e vanta una prestigiosa cover di Millie Jackson (For Men Only). Whos Right, Whos Wrong sintetizza il magistero di Marvin Gaye e le riforme stilistiche del Blue Eyed Soul in un capolavoro firmato a quattro mani da Kenny Loggins e Richard Page. Lintensa interpretazione vocale è esaltata dal duello finale tra il tenore di Michael Brecker e la batteria di Tris Imboden: una delle tele più preziose dipinte negli anni Settanta, da incorniciare insieme alla versione dei Pages (Future Street) e al duetto Randy Crawford/Al Jarreau (Casino Lights). - B.A. KENNY LOGGINS - ALIVE (1980) Dal vivo. Contiene un bellinedito (All Alone Tonight), unottima esecuzione di Im Alright (tema del film Caddyshack) e una straordinaria cover di Here, There And Everywhere dei Beatles. - B.A. KENNY LOGGINS - HIGH ADVENTURE (1982) Ormai assurto al rango di superstar, ancora indeciso sul da farsi, nel 1982 Kenny Loggins aveva tre possibilità: 1) rinnovare ladesione al movimento A.O.R., di cui era stato fondatore e ideologo, scelta nobile ma economicamente rischiosissima; 2) abbracciare la causa new wave, per i cui eccessi forse non era più abbastanza giovane; 3) essere se stesso e restare a guardare. Scelse la terza opzione, limitandosi ad aumentare il voltaggio elettrico del nuovo album. A distanza di tanto tempo lintuizione può essere considerata felice perché accanto ai brani più esuberanti (Dont Fight It; If Its Not What Youre Looking For; Swear Your Love), sempre godibili e ideali per irrompere nelle stazioni FM, High Adventure contiene alcune canzoni che dopo tanto tempo non accennano a invecchiare. Loggins esprime il proprio approccio di interprete sensibile e spontaneo in due delicati bozzetti senza batteria, accompagnati rispettivamente da chitarra acustica (The More We Try) e piano (Only A Miracle), che evidenziano un talento melodico naturale. La sua versione di I Gotta Try non è allaltezza di quella del co-autore (Michael McDonald aveva vinto il confronto anche con What A Fool Believes), ma tre anni dopo Kenny si prenderà la rivincita con No Lookin Back. Heart To Heart consente di ammirare un plotone di fuoriclasse in piena azione: David Foster, Michael McDonald, David Sanborn, Richard Page e Steve George danno il massimo in unesercitazione soul che regge il confronto con le grandi ballad dei maestri Motown: letteralmente meravigliosa. Eccellente anche It Must Be Imagination (firmata insieme a Tom Snow), un temporale notturno che evoca i drammatici incubi passionali di Nightwatch. - B.A. KENNY LOGGINS - VOX HUMANA (1985) KENNY LOGGINS - BACK TO AVALON (1988) Dopo il
successo mondiale di Footloose,
Kenny Loggins
sterza senza indugi verso lelettronica, registrando
due album controversi e zeppi di suoni sintetici. Eppure,
sia Vox Humana che Back To Avalon
contengono diverse belle canzoni, ragion per cui
cataloghiamo entrambi i titoli tra quelli da avere. KENNY LOGGINS - LEAP OF FAITH (1991) Dal punto di vista musicale cè da registrare una brusca virata di Kenny verso atmosfere e sonorità acustiche, rese ancor più evidenti da una messe di strumenti etnici e dalla presenza del chitarrista William Ackerman, profeta musicale della pallosissima new age, ma alloccorrenza raffinato accompagnatore. Il risultato è sorprendente, e alcuni titoli sono degni di figurare accanto alla produzione nobile di Loggins: spiccano un sensuale duetto con Sheryl Crow (I Would Do Anything), uno spietato reportage sulla difficoltà di dire addio (Now Or Never), e un pugno di magnifici bozzetti acustici (Will Of The Wind; Codys Song; Real Thing; Sweet Reunion). - B.A. KENNY LOGGINS - OUTSIDE FROM THE REDWOODS (1993) KENNY LOGGINS - RETURN TO POOH CORNER (1994) Più di dieci anni prima, partecipando a uniniziativa benefica (In Harmony 2), Kenny Loggins compose insieme a Marty Paich la deliziosa Some Kitties Dont Care, pregiata rarità per intenditori celata sotto le mentite spoglie di una filastrocca per bambini. Si tratta di un precedente utile per non liquidare Return To Pooh Corner come semplice raccolta di canzoni per linfanzia. Al contrario, grazie a questa prova sostenuta in veste di interprete puro, registriamo unaltra vittoria di Loggins. Lingenuità della ninna-nanna irlandese Too-Ra-Loo-Ra è compensata dalla forza di alcune cover definitive: St. Judy's Comet di Paul Simon, The Horses di Rickie Lee Jones e Walter Becker, The Last Unicorn di Jimmy Webb, una struggente Rainbow Connection di Paul Williams e, soprattutto, limmortale Love di John Lennon. Dopo la superba versione dal vivo di Here, There and Everywhere (Alive), Kenny si misura per la seconda volta con il proibitivo repertorio dei Beatles, confessando una passione autentica e mostrando uninaspettata predilezione per gli episodi meno abusati. - B.A. KENNY LOGGINS - THE UNIMAGINABLE LIFE (1997) KENNY LOGGINS - DECEMBER (1998) KENNY LOGGINS - MORE SONGS FROM POOH CORNER (2000) |
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