JAZZ
BAILEY / RUTHERFORD / GUY - ISKRA 1903 / CHAPTER ONE 1970-1972 (1970/1972) DEREK BAILEY / EVAN PARKER - THE LONDON CONCERT (1975) BAILEY / LEWIS / PARKER / RUTHERFORD / SCHIAFFINI etc. - PISA 1980 IMPROVISORS SYMPOSIUM (1980) DEREK BAILEY - DOMESTIC & PUBLIC PIECES (1975/1977) DEREK BAILEY - LACE (1989) CHET BAKER - THE
COMPLETE PACIFIC JAZZ STUDIO RECORDINGS CHET BAKER - CHET (1961) CHET BAKER - MISTER B. (1983) Il più riuscito degli ottimi album incisi da Baker per la Timeless contiene solo brani strumentali. La scelta del materiale è accuratissima: Dolphin Dance di Herbie Hancock, Beatrice di Sam Rivers, In Your Own Sweet Way di Dave Brubeck, Strollin di Horace Silver e altre eccellenti composizioni. Chet è coadiuvato da Michel Graillier (piano) e Riccardo Del Fra (contrabbasso): il trio produce un morbido tessuto armonico, su cui gli assoli di tromba si adagiano delicatamente, sfruttando il ridotto attrito ritmico dovuto allassenza della batteria. - B.A. CHET BAKER - BLUES FOR A REASON (1984) CHET BAKER & ART PEPPER - THE ROUTE (1956) CHET BAKER & ART PEPPER - PLAYBOYS (1956) IAIN BALLAMY - BALLOON MAN (1988) IAIN BALLAMY - ALL MEN AMEN (1993) This band shows that four players can equal more than the sum of their parts. Welcome to the British jazz quartet, re-defined. - Anonymous Entrambi scovati da Bill
Bruford nellindustriosa fucina dei Loose
Tubes, orchestra cooperativa britannica che suonava jazz in TV negli anni Ottanta (da non
credere
), poi assunti dal grande batterista nei
primi Earthworks, Iain
Ballamy e Django
Bates si imposero come i più brillanti
improvvisatori post-progressive
attivi nel Regno Unito in quei giorni grami. Anticipando
limminente svolta dello stesso Bruford, Ballamy
convoca Bates per un progetto a proprio nome volto al
recupero della dimensione acustica. Lesito si
traduce in due splendidi album incisi nellarco di
cinque anni con la medesima, superba formazione. BILLY BANG - VALVE N° 10 (1991) BILLY BANG - BANG ON! (1997) BILLY BANG - VIETNAM: THE AFTERMATH (2001) La musica come catarsi per i traumi post-bellici. Questo, in estrema sintesi, il progetto che Billy Bang ha realizzato su suggerimento e con laiuto del produttore Jean-Pierre Leduc. E se quella in questione è la sporca guerra per antonomasia, lintensità delle emozioni in gioco è assicurata. Reduce dal Vietnam col grado di sergente, trentanni dopo il congedo William Vincent Walker - vero nome del violinista - concepisce un album insieme ad alcuni colleghi/veterani per esorcizzare gli incubi di quella comune, terribile esperienza. Il plotone dei militari è composto dal leader insieme a Butch Morris (direzione), Michael Carvin (batteria), Ted Daniel (tromba), Frank Lowe (sax tenore), Ron Brown (percussioni) - i dati riportano grado e numero di matricola di ciascun soldato - assistiti dai civili John Hicks (pianoforte), Curtis Lundy (contrabbasso), Sonny Fortune (flauto). Gli estimatori dello String Trio of New York riconosceranno il caratteristico timbro strumentale di Bang, scuro e slabbrato, qui immerso in una giungla di suggestioni, reminiscenze, armonie che arrivano dallEstremo Oriente: i suoi assoli si succedono ispiratissimi senza posa. Yo! Ho Chi Minh Is In The House racconta la minacciosa atmosfera dei luoghi con una melodia inequivocabile. Lagguato swing di Tunnel Rat (Flashlight And A 45) si svolge in un ambiente tanto esotico quanto ostile. Moments For The KIAMIA e Mistery Of The Mekong concedono preziosi attimi di quiete dedicati ai caduti (killed in action), ai dispersi (missing in action) e ai segreti del grande fiume. Tet Offensive rievoca in chiave free il formidabile attacco a sorpresa che i Viet Cong sferrarono contro lesercito americano nel 1968. Bien Hoa Blues manda in avanscoperta Daniel e Lowe, mentre lambiguo tema di Fire In The Hole offre lo spunto per i magnifici interventi di Fortune e Hicks. Lascolto di Vietnam: The Aftermath ci ha ricondotto alla visione di All The Presidents Men, JFK, Nixon e Frost/Nixon, per meglio comprendere la mentalità di chi spedì allinferno una generazione. - B.A. COUNT BASIE - BASIE (E=MC2 / THE ATOMIC Mr. BASIE) (1957) COUNT BASIE - BASIE PLAYS HEFTI (1958) Uno dei più bei cofanetti Mosaic raccoglie tutto il materiale inciso (in studio) da Count Basie per la Roulette dal 1957 al 1962: di quellimponente corpus musicale fanno parte due capolavori interamente firmati da Neal Hefti (Basie*, Basie Plays Hefti). Appena lasciato Basie, Hefti approda alla corte di Frank Sinatra (Aprile 1962), per dirigere le sedute di Sinatra And Swingin Brass. Pochi mesi dopo (Ottobre 1962), arrangiatore e capobanda si ritrovano al servizio del cantante per redigere il manifesto Sinatra-Basie. Bisogna aggiungere altro? La penna dellautore, sofisticata ma intrisa di blues, cesella letteralmente ogni pagina scritta su misura per il committente. Sebbene la peculiarità della seconda incarnazione dellorchestra fosse quella di privilegiare le partiture rispetto ai fuoriclasse - linverso della prassi adottata da Basie negli anni Trenta e Quaranta - pure in queste pagine spettacolari, attraverso continui avvicendamenti di personale, alcuni virtuosi si stagliano come indiscussi protagonisti di un suono che ha fatto epoca: Eddie Lockjaw Davis (sax tenore), col suo tipico fraseggio grufolante e sguaiato, perfetta sponda espressiva alla sobria sordina di Snooky Young (tromba), cui fanno eco il tocco moderno di Thad Jones (tromba), la turgida voce strumentale di Frank Foster (sax tenore), i soavi contrappunti di Frank Wess (sax alto, flauto), limpareggiabile metronomo armonico di Freddie Green (chitarra), linesausta spinta propulsiva di Sonny Payne (batteria), capace questi di tener testa a una siffatta, spaventosa potenza sonora senza mai perdere un colpo. La qualità del materiale lascia lascoltatore davanti a un piacevole imbarazzo della scelta: la squassante forza cinetica di The Kid From Red Bank (il fungo atomico in copertina non fu scelto a caso ), le placide passeggiate tra le scosse telluriche di Teddy The Toad e Splanky, lo swing antiquato ma irresistibile di Flight Of The Foo Birds, Double-O e Whirly-Bird, la sensuale tenerezza di Midnite Blue e Lil Darlin, le martellanti stoccate della sezione fiati su A Little Tempo, Please e Count Down, le suadenti melodie di Sloo Foot e Late Date, la quintessenza della ballad distillata su After Supper e Pensive Miss. [P.S. - *Intitolato semplicemente Basie, noto anche come E=MC2 (didascalia sotto lintestazione), riproposto infine come The Atomic Mr. Basie.] - B.A. PIERO BASSINI - NOSTALGIA (1988) Sempre più spesso si legge che la formula del trio piano/basso/batteria sarebbe rischiosa perchè condurrebbe inevitabilmente al confronto con gli inarrivabili modelli di Bill Evans, McCoy Tyner, etc. - E che significa? Dopo Hendrix nessuno può più toccare una Stratocaster? In realtà, come per molte altre trovate della stampa specializzata, la consistenza dellaffermazione è inversamente proporzionale alla sua ottusità. Oltretutto, se la Red Records avesse preferito evitare gli azzardi, tre anni prima non avrebbe affiancato a Bobby Watson un trio tutto italiano. Viceversa, grazie a quella salutare deviazione dalla norma, come lavrebbe definita Frank Zappa, il nome di Bassini ha conquistato un posto nella storia discografica del jazz, con le magnifiche sedute del 1985 (Appointment In Milano; Round Trip). Nostalgia è unavvincente conversazione a tre che poggia sulla collaudata intesa tra Bassini, Giampiero Prina e il poderoso contrabbasso di Furio Di Castri. Il moderatore del dibattito è Prina che, con la sua inesausta scansione ritmica, riesce ad aggirare i noiosi cliché di genere (Steps Blues; Buds Time; Autumn Waltz), confermandosi come uno dei migliori specialisti italiani. Il fraseggio rutilante e inventivo di Bassini e le accattivanti melodie dei brani (tutti suoi eccetto Blues For Gwen, di Tyner) riservano agli appassionati di questa combinazione strumentale una manciata di sorprese tutte da scoprire. - B.A. PIERO BASSINI - INTENSITY (1995) Il (relativo) successo di vendite riscosso da questo album è una significativa conferma del fatto che la qualità paga. Intensity ci propone un artista ormai in possesso di un idioma personale, che sa coniugare naturalezza dello svolgimento melodico e imprevedibilità del fraseggio. Sostenuto da tre collaboratori (Luca Garlaschelli, Massimo Pintori, Ettore Fioravanti) che si buttano a capofitto nelle diverse situazioni, Piero Bassini perlustra minuziosamente la struttura di ogni brano con incessanti rielaborazioni tematiche. Dallalto dei cieli, Miles e Bill benedicono la commossa interpretazione di Blue In Green. - B.A. GIANNI BASSO - HORO: JAZZ A CONFRONTO 3 (1973) RICHARD BEIRACH - EON (1974) RICHARD BEIRACH - ELM (1979) STEFANO BENINI - FUORI SERVIZIO (2004) STEFANO BENINI - GROOVIN FLUTE (2006) FLUT3IBE (BENINI / GORI / LEONARDI) - MOIRÉ (2006) BERESFORD / COOMBES / SMITH / DAY - THREE & FOUR PULLOVERS (1978) KARL BERGER / DAVE HOLLAND - ALL KINDS OF TIME (1976) BOB BERG - NEW BIRTH (1978) Le carriere di Bob Berg
e Tom
Harrell procedettero in parallelo per vari anni, fin
dai tempi del sodalizio nella band di Horace
Silver, nella quale sostituirono nientemeno che i Brecker
Brothers e per cui registrarono insieme alcuni
pregevoli album Blue
Note (Silver n Brass, Silver n
Wood, Silver n Percussion). Al momento
di spiccare il volo in autonomia - un attimo prima di
entrare nella storia col quintetto di Phil Woods
(Harrell) e di assurgere al rango di campione del
movimento post-fusion (Berg) - i
due amici decidono di collaborare ancora nei rispettivi
esordi discografici da leader [Aurora
(Total!), New Birth]. JERRY BERGONZI - JERRY ON RED (1988) JERRY BERGONZI - INSIDE OUT (1989) JERRY BERGONZI - LINEAGE (1989) Molti addetti ai lavori, sopraffatti dalla frenesia del nuovo (spesso sinonimo di palloso), finiscono per trascurare quanto di valido si trova già sotto il proprio naso. Eppure, per trascorrere una serata gustando del buon jazz basterebbe infilare nel lettore questo CD, inciso dal vivo da Jerry Bergonzi con una ritmica di sogno: Mulgrew Miller, elegante pianista che pare trovarsi a proprio agio soprattutto nelle formazioni in quartetto; Adam Nussbaum, uno dei batteristi del momento, perfetto in ogni contesto e con ogni partner (David Liebman, Tom Harrell, Jim McNeely, John Scofield etc.); Dave Santoro, che col suo contrabbasso fornisce un sostegno ritmico solidissimo. Dal funambolico fraseggio di Inner Urge, allammaliante clima coltraniano di Jones, Lineage offre ciò che molti appassionati cercano, ma raramente riescono a trovare in un album: perizia strumentale, arrangiamenti architettati con cura, temi interessanti, assoli ispirati. Le versioni in studio dei tre titoli originali possono essere rintracciate, rispettivamente, su Inside Out (Reds Blues) e su Tilt! (On The Brink; Jones), mentre Inner Urge è il classico di Joe Henderson contenuto nellomonimo album Blue Note del 1964. - B.A. JERRY BERGONZI - TILT! (1990) JERRY BERGONZI - ETC PLUS ONE (1991) Nella sezione FOREVER YOUNG almeno un seggio spetta di diritto a Jerry Bergonzi, e per rappresentarlo è stato scelto ETC Plus ONE. Tuttavia il disco potrebbe essere sostituito in qualsiasi momento, perchè lo standard qualitativo delle incisioni Red Records di Jerry è costante ed elevatissimo. In questo caso, il trio di Fred Hersch (ETC) si mette in luce per il raffinato tocco del pianista, per il caldo e morbido suono del contrabbasso di Steve La Spina - derivante dal budello usato in luogo dellacciaio per le due corde alte (SOL e RE) - e per il sobrio accompagnamento di Jeff Hirshfield: il tenore plana libero e felice su un pugno di splendidi temi originali, alla scrittura dei quali partecipano anche Hersch e La Spina. Bergonzi dedica un omaggio personale a Hank Mobley, con unobliqua melodia (Hank) chiaramente ispirata alle composizioni di Thelonius Monk e di Andrew Hill. Un altro capolavoro. - B.A. JERRY BERGONZI - NAPOLI CONNECTION (1992) Durante i vivaci battibecchi che animano le discussioni tra appassionati, emerge puntualmente un consenso unanime sulla difficoltà di scorgere nuovi validi compositori sulla scena jazz. Senza dimenticare Tom Harrell, Pat Metheny e altri innovatori, una rassicurante certezza è rappresentata da Jerry Bergonzi: i suoi album vanno custoditi come scrigni preziosi, in virtù delle stupende melodie che racchiudono. Con Napoli Connection, Jerry torna alla formula vincente già adottata per lesordio Red Records del 1988 (Jerry On Red), avvalendosi di una sezione ritmica tutta italiana, il Trio Idea. Con le due interpretazioni di Love For Sale, il sassofonista riconferma le proprie indiscusse qualità di improvvisatore viscerale e fantasioso, ma i piatti più ghiotti del menù sono senza dubbio i pezzi originali che, molto semplicemente, possono conquistare chiunque ami la buona musica, a prescindere dai generi. I tre paesani offrono un solido punto di riferimento per il leader, e il fecondo scambio di idee fra i quattro instaura un clima assolutamente paritario. Lassolo del pianista Valerio Silvestro calza come un guanto addosso alla bellissima Grand Trine, con una scelta di note oculata e ingegnosa. Il veloce tema di Napoli Connection è caratterizzato da un brusco stop ritmico che ne spezza la trama, conferendo grande forza espressiva al brano, mentre la sostenutissima andatura costringe i solisti a impegnarsi senza risparmio. Assimilata la lezione di Wayne Shorter, Bergonzi la rielabora con Neptunian Verses e Jab, due ballad che stringeranno il cuore di chi ha trascorso la vita ad ascoltare Teru (Adams Apple). Un grazioso preambolo pianistico introduce Estate, il maliconico evergreen di Bruno Martino, che Bergonzi e il contrabbassista Tony Ronga utilizzano dapprima come traccia per brevi e sofisticate improvvisazioni, per convergere poi verso una disciplinata esposizione del celebre motivo nelle battute finali. Il lavoro di Salvatore Tranchini, un vero maestro dei piatti, è di sopraffina eleganza su tutti i pezzi. Un originale dipinto riprodotto sul CD (1927 Will Last Forever! - David McDermott/Peter McGough) accresce il rimpianto per le enormi possibilità grafiche offerte dalle gloriose copertine dei Long Playing. - B.A. JERRY BERGONZI - STANDARD GONZ (1992) JERRY BERGONZI - PEEK A BOO (1992) JERRY BERGONZI - VERTICAL REALITY (1994) SONORA ART QUARTET - SONORA (1989) SONORA ART QUARTET - SONORA #2 MEET JERRY BERGONZI (1994) Improvvisatore apprezzato da un collega
prestigioso come Michael
Brecker. Spesso attivo in Italia. Nome pregiato nel
catalogo delletichetta Red Records: dalla
proficua esperienza col Trio Idea [Valerio Silvestro
(pianoforte), Tony Ronga (contrabbasso), Salvatore
Tranchini (batteria)] sortirà il capolavoro Napoli Connection.
Poco prima di pubblicare quel disco, tuttavia, Jerry
Bergonzi aveva preso parte a un altro progetto con
musicisti campani: la prima fase concepita vicino a
Boston, il sequel ripreso quattro anni dopo a Napoli con
3/5 del personale ma formula identica. Il bilancio della
collaborazione col Sonora Art Quartet produrrà un paio
di album tanto ignoti quanto pregevoli. JERRY BERGONZI - ON AGAIN (1996) Sebbene intestati a
leader diversi, Sunscreams
e On Again sono album gemelli. Con ¾ del
personale identico su entrambe le session e una prima
linea che affianca maestri del calibro di Mick Goodrick e Jerry Bergonzi,
i due titoli prodotti da Raimondo Meli Lupi
per leffimera RAM
Records sono indispensabili per gli estimatori della
formula strumentale con sezione ritmica, chitarra e sax.
Lalchimia tra il turgido tenore di Bergonzi e la
fluida sei corde di Goodrick caratterizza la cifra
espressiva degli arrangiamenti, in perfetto equilibrio
tra parsimonia sonora e ricchezza armonica. Accanto a
Bruce Gertz (contrabbasso) si alternano i batteristi Gary Chaffee (Sunscreams)
e Adam Nussbaum
(On Again), per alimentare una spinta cinetica
duttile e potente. JERRY BERGONZI / BOBBY WATSON - TOGETHER AGAIN FOR THE FIRST TIME (1996) JERRY BERGONZI - JUST WITHIN (1996) JERRY BERGONZI - LOST IN THE SHUFFLE (1998) JERRY BERGONZI - TENOR OF THE TIMES (2005) JERRY BERGONZI - TENORIST (2006) JERRY BERGONZI - TENOR TALK (2008) JERRY BERGONZI / JACEK KOCHAN / PIOTR LEMANCZYK - THREE POINT SHOT (2009) JERRY BERGONZI - SIMPLY PUT (2009) JERRY BERGONZI - THREE FOR ALL (2010) JERRY BERGONZI - CONVERGENCE (2010) DAVID BERKMAN - HANDMADE (1998) DAVID BERKMAN - COMMUNICATION THEORY (2000) DAVID BERKMAN - LEAVING HOME (2002) DAVID BERKMAN - START HERE ... FINISH THERE (2003) TIM BERNE - THE EMPIRE BOX (1979/1982) TIM BERNE / BILL FRISELL - ... THEORETICALLY (1983) TIM BERNE - THE ANCESTORS (1983) TIM BERNE - MUTANT VARIATIONS (1983) TIM BERNE - FULTON STREET MAUL (1986) TIM BERNE - SANCTIFIED DREAMS (1987) Incallito habitué delle auto-produzioni (Empire, Screwgun) e
delle etichette indipendenti (Soul Note, JMT),
nel corso della propria carriera Tim Berne
ha registrato anche per la CBS,
in forza della cui capacità distributiva ottenne una
prima, discreta reputazione. I due album incisi per la
multinazionale illustrano la maturità espressiva
raggiunta dal sassofonista/compositore, anticipando
altresì gli imminenti sviluppi stilistici della sua
musica. TIM BERNE - FRACTURED FAIRY TALES (1989) TIM BERNE - DIMINUTIVE MYSTERIES (MOSTLY HEMPHILL) (1993) TIM BERNE - THE SEVENS (2001) TIM BERNE / MINIATURE - MINIATURE (1988) TIM BERNE / MINIATURE - I CANT PUT MY FINGER ON IT (1991) TIM BERNE / CAOS TOTALE - PACE YOURSELF (1991) TIM BERNE / CAOS TOTALE - NICE VIEW (1994) TIM BERNE / BLOODCOUNT - LOWLIFE (1995) TIM BERNE / BLOODCOUNT - POISONED MINDS (1995) TIM BERNE / BLOODCOUNT - MEMORY SELECT (1995) TIM BERNE / BLOODCOUNT - UNWOUND (1996) TIM BERNE / BLOODCOUNT - DISCRETION (1997) TIM BERNE / BLOODCOUNT - SATURATION POINT (1997) BERNE / FORMANEK / HIRSHFIELD - LOOSE CANNON (1992) DINO BETTI VAN DER NOOT - HERE COMES SPRINGTIME (1985) DINO BETTI VAN DER NOOT - THEY CANNOT KNOW (1986) DINO BETTI VAN DER NOOT - A CHANCE FOR A DANCE (1987) DINO BETTI VAN DER NOOT - SPACE BLOSSOMS (1989) DINO BETTI VAN DER NOOT - ITHACA / ITHAKI (2005) BIANCO / DUNMALL / PICARD - UTOMA TRIO (1999) TONY BIANCO / PAUL DUNMALL - HOUR GLASS (2002) ED BICKERT & DON THOMPSON - AT THE GARDEN PARTY (1978) ART BLAKEY & THE JAZZ MESSENGERS - ART BLAKEYS JAZZ MESSENGERS WITH THELONIUS MONK (1957) ART BLAKEY & THE JAZZ MESSENGERS - MOANIN (1958) ART BLAKEY & THE JAZZ MESSENGERS - DES FEMMES DISPARAISSENT / LES TRICHEURS (1958) ART BLAKEY & THE JAZZ MESSENGERS - LES LIAISONS DANGEREUSES (1960) ART BLAKEY & THE JAZZ MESSENGERS - THE BIG BEAT (1960) ART BLAKEY & THE JAZZ MESSENGERS - A NIGHT IN TUNISIA (1960) ART BLAKEY & THE JAZZ MESSENGERS - LIKE SOMEONE IN LOVE (1960) ART BLAKEY & THE JAZZ MESSENGERS - ART BLAKEY & THE JAZZ MESSENGERS (1961) ART BLAKEY & THE JAZZ MESSENGERS - THE FREEDOM RIDER (1961) ART BLAKEY & THE JAZZ MESSENGERS - MOSAIC (1961) Con Wayne Shorter (sax tenore) e Curtis Fuller (trombone) a dividere la prima linea, Freddie Hubbard contribuì a fare dei Jazz Messengers la migliore formazione che Art Blakey avesse diretto dai tempi di Horace Silver e Kenny Dorham: il solismo e la vena compositiva del giovane trombettista vi trovarono ampio spazio per esprimersi (Mosaic; Caravan; Free For All). Perfettamente a proprio agio sopra il furioso accompagnamento del leader, Hubbard richiama alla memoria il calore e la grazia di Clifford Brown, suo primo idolo. Il vibrato e i suoni rauchi hanno un ruolo episodico nelle sue improvvisazioni, spesso dotate di una purezza classica. - E.I.J. ART BLAKEY & THE JAZZ MESSENGERS - BUHAINAS DELIGHT (1961) ART BLAKEY & THE JAZZ MESSENGERS - CARAVAN (1962) La formula mutuata dal Jazztet di Benny Golson e Art Farmer (sestetto con tre fiati) e sorretta da eccezionali personalità della nuova generazione [Freddie Hubbard (tromba); Wayne Shorter (sax tenore); Cedar Walton (piano); Curtis Fuller (trombone); Reggie Workman (contrabbasso)] univa la carica dellhard-bop alle conquiste modali. Caravan dà la misura delle enormi capacità del gruppo, tanto in una ballad come Skylark, quanto nelle complesse architetture ideate dai membri del gruppo. Grazie alla qualità degli arrangiamenti, vi è un magistrale equilibrio fra entusiasmo e disciplina: Blakey è in posizione preminente e i suoi poliritmi tracciano una regia esemplare. - Claudio Sessa ART BLAKEY & THE JAZZ MESSENGERS - FREE FOR ALL (1964) Insieme a Max Roach, Art Blakey ha fatto della batteria uno strumento di primo piano. La storia ha dato loro ragione, ma in un primo tempo, un simile ruolo di mattatori e il gusto del dialogo alla pari con gli strumenti a fiato attirarono sui due laccusa di invadenza. Uno dei più grandi direttori di complesso di tutto il jazz, Blakey ridusse lo stile batteristico bop agli elementi essenziali. La carica furibonda che imprime al suo accompagnamento costringe i solisti a dar fondo alle proprie risorse senza cedimenti. Il morso dello hi-hat pulsa nel silenzio prima che le figurazioni ritmiche comincino a girare vorticosamente tra le pelli come bocce tra i birilli; le pause improvvise sono seguite da sprazzi di giochi di bacchette sul bordo del rullante, prima del titanico crescendo finale. Al centro del suo linguaggio strumentale è la rullata, un tenue sussurro che cresce fino a proporzioni immani. I solisti deboli rischiano di essere sopraffatti dal suo sostegno ritmico, ma come prova del fuoco per giovani ambiziosi i gruppi di Blakey non sono secondi a nessuno. Generazioni di giovani hanno imparato il mestiere con Blakey e poi lhanno lasciato per dirigere propri complessi, consentendogli di pescare ancora nel mazzo delle promesse. Nel 1960 la sezione dei solisti fu ulteriormente rafforzata dallazione del tenorista Wayne Shorter. La scrittura di Shorter dominò ben presto il repertorio, e una sfilata di album eccellenti venne a ristabilire il primato dei Messengers. Il trombettista Freddie Hubbard prese il posto di Lee Morgan, conservandone tutta la forza dimpatto. Cè davvero limbarazzo della scelta tra Mosaic, Caravan, Free For All e gli altri dischi del gruppo. - E.I.J. ART BLAKEY & THE JAZZ MESSENGERS - INDESTRUCTIBLE (1964) ART BLAKEY & THE JAZZ MESSENGERS - LIVE AT MONTREUX AND NORTHSEA (1981) ART BLAKEY & THE JAZZ MESSENGERS - ALBUM OF THE YEAR (1982) Dopo aver scritto la storia con i capolavori incisi per la Blue Note, nel 1982 Art Blakey ricompare in Olanda e a Parigi a capo di un organico in cui si alternano future superstar come Wynton Marsalis, Bobby Watson, Donald Harrison e Terence Blanchard. Il roboante titolo di album dellanno è fedele al carattere del grande batterista, mattatore indomito e maestro ineguagliabile nellarte di erudire prima e spronare poi i talenti più ambiziosi. Accanto a un nucleo stabile guidato dal leader [Bill Pierce (sax tenore), Charles Fambrough (contrabbasso)], sfilano a turno i pianisti James Williams e Johnny ONeal affiancati, rispettivamente, dai formidabili tandem tromba/alto Marsalis/Watson e Blanchard/Harrison. Ormai imperituro, il classico stile dei Jazz Messengers non ha bisogno di aggiornamenti e queste sedute europee si distinguono dal glorioso passato solo per linevitabile evoluzione dellalta fedeltà: nel nuovo repertorio rimangono intatte carica espressiva, finezze strumentali e consistenza melodica. La scaletta comprende alcuni pregevoli pezzi originali firmati Fambrough (Little Man), Williams (Soulful Mister Timmons), Watson (In Case You Missed It), Blanchard (Oh - By The Way), Harrison (Duck Soup), oltre a uno standard parkeriano (Cheryl) e a una fenomenale versione di Witch Hunt, assolutamente degna della prima registrata da Wayne Shorter durante la vigilia di Natale del 1964 (Speak No Evil). - B.A. CARLA BLEY / PAUL HAINES - ESCALATOR OVER THE HILL (1971) CARLA BLEY - DINNER MUSIC (1976) CARLA BLEY - MUSIQUE MECANIQUE (1978) CARLA BLEY - SOCIAL STUDIES (1981) PAUL BLEY - CLOSER (1965) PAUL BLEY - RAMBLIN (1966) PAUL BLEY - BALLADS (1970) PAUL BLEY - OPEN, TO LOVE (1972) PAUL BLEY - ALONE AGAIN (1974) PAUL BLEY - AXIS (1977) PAUL BLEY - THE PAUL BLEY QUARTET (1987) PAUL BLEY - SOLO (1987) PAUL BLEY - BLUES FOR RED (1990) PAUL BLEY - CHANGING HANDS (1991) PAUL BLEY - SWEET TIME (1993) PAUL BLEY - BASICS (2000) BLEY / GILMORE / PEACOCK / MOTIAN - TURNING POINT (1964/1968) PAUL BLEY / GARY PEACOCK / BARRY ALTSCHUL - VIRTUOSI (1967) PAUL BLEY / BILL CONNORS / JIMMY GIUFFRE - QUIET SONG (1974) PAUL BLEY / EVAN PARKER / BARRE PHILLIPS - TIME WILL TELL (1994) BLEY / MOTIAN - NOTES (1987) PAUL BLEY / KENNY WHEELER - TOUCHÉ (1996) ARTHUR BLYTHE - THE GRIP (1977) ARTHUR BLYTHE - METAMORPHOSIS (1977) ARTHUR BLYTHE - IN THE TRADITION (1978) ARTHUR BLYTHE - LENOX AVENUE BREAKDOWN (1978) Un riuscito connubio tra latipica formula strumentale e leccellenza della formazione per celebrare lo spirito di Harlem e, in senso lato, la cultura afro-americana. La sezione fiati a tre voci schiera Arthur Blythe (sax alto), James Newton (flauto), Bob Stewart (tuba), il che dona una spiccata varietà cromatica al tessuto sonoro. A sua volta, linconsueto reparto propulsivo affianca gli irregolari James Blood Ulmer (chitarra) e Guillermo Franco (percussioni) accanto ai veterani Cecil McBee (contrabbasso) e Jack DeJohnette (batteria). I quattro lunghi pezzi dispiegano, rispettivamente, una festosa marcia per le vie della città dorigine di Blythe (Down San Diego Way), unassorta ballata dagli echi levantini (Odessa), due maestosi affreschi jazz in cui gli accordi grattati di Ulmer e il volume sonoro del collettivo donano una sorprendente dimensione orchestrale agli arrangiamenti (Lenox Avenue Breakdown, Slidin Through). Straordinari tutti gli assoli. Allepoca, un progetto analogo per stile, originalità e consistenza fu proposto da Woody Shaw coi suoi splendidi album CBS (Rosewood, Woody III, For Sure!). - B.A. ARTHUR BLYTHE - LIGHT BLUE: ARTHUR BLYTHE PLAYS THELONIOUS MONK (1983) ARTHUR BLYTHE - EXHALE (2002) FIORENZO BODRATO - ACT NO STRANGE (2008) FIORENZO BODRATO - MAINSCREAM FIVE (2009) FLAVIO BOLTRO - FLABULA (1992) Gli amanti della
musica per tromba e sezione ritmica aprano le orecchie:
nel piccolo scrigno in cui custodiamo i classici della
categoria [Quartet (Chet Baker / Russ Freeman), Candy
(Lee Morgan), Portrait
Of Art Farmer (Art Farmer), Live In
Tokyo (Charles Tolliver),
Gnu High (Kenny Wheeler), Ah
(Enrico Rava), Tribute To The Trumpet Masters
(Brian Lynch)]
vanno aggiunti due album stilisticamente analoghi, anche
se diversi per origine, retroterra e fama dei rispettivi
titolari: Flabula e J
Mood. FLAVIO BOLTRO - ROAD RUNNER (1999) FLAVIO BOLTRO - 40° (2003) BOLTRO / BASSINI / PRINA - INTO THE BLUE (1987) SALVATORE BONAFEDE - ACTOR-ACTRESS (1990) SALVATORE BONAFEDE - NOBODYS PERFECT (1992) SALVATORE BONAFEDE - JOURNEY TO DONNAFUGATA (2003) SALVATORE BONAFEDE - FOR THE TIME BEING (2005) MICHELE BOZZA - AROUND (1996) La scelta di due raffinati standard hard-bop qualifica il tenorista Michele Bozza come autentico intenditore. Lelegante interpretazione del classico di Benny Golson (Along Came Betty) consente di riassaporare una splendida melodia, e suggerisce allascoltatore insaziabile il recupero della storica incisione dei Jazz Messengers (Moanin). Beatrice è una languida ballad che Sam Rivers compose per il suo sensazionale esordio Blue Note (Fuchsia Swing Song): nella loro versione, Bozza e Ambrosetti confessano una sincera passione per il brano, con assoli ispirati e stilisticamente pregevoli. Convincente la prestazione del solito Massimo Manzi, che ormai nellarea marchigiana è unistituzione e che si sta affermando anche a livello nazionale come uno dei batteristi più misurati e affidabili. - B.A. JOANNE BRACKEEN - SNOOZE (SIX ATE) (1975) JOANNE BRACKEEN / CLINT HOUSTON - NEW TRUE ILLUSION (1976) JOANNE BRACKEEN featuring MICHAEL BRECKER - TRING-A-LING (1977) JOANNE BRACKEEN with EDDIE GOMEZ - PRISM (1978) JOANNE BRACKEEN - KEYED IN (1979) JOANNE BRACKEEN - MYTHICAL MAGIC (1979) JOANNE BRACKEEN - ANCIENT DYNASTY (1980) One night we were playing in Atlanta, Georgia, and this guy hollered up at me: «Hey there, boy, how come you got a white girl up there on the piano?». I just looked him straight in the eye and said: «Sorry, sir, I thought I just had a pianist ». - Art Blakey Veterana ad appena quarantanni grazie a un curriculum impressionante (Art Blakey, Joe Henderson, Stan Getz), raccomandata a Bob James da Michael Brecker - luno fondatore e responsabile della Tappan Zee, laltro prestigioso partner su Tring-A-Ling - con Ancient Dynasty Joanne Brackeen pubblica il disco della vita. Per la pregiata etichetta fusion, la pianista califrniana aveva già inciso leccellente Keyed In, in trio* con Eddie Gomez (contrabbasso) e Jack DeJohnette (batteria). Forte della fiducia confermata da James, la Brackeen recluta ancora i due fuoriclasse - forse la miglior sezione ritmica allora disponibile, già ascoltata con McCoy Tyner sul secondo volume di Supertrios - ampliando lorganico allautorevole presenza del suo ex-capo Joe Henderson quando si dice dream team. Non sappiamo se con titolo suggestivo e copertina icastica Joanne intendesse alludere a un qualche debito o legame col passato, ma linfluenza formale dei più evoluti quartetti di scuola Blue Note (Black Fire, Inner Urge, Fuchsia Swing Song, Ju Ju, The Real McCoy etc.) è palese e si dispiega in una splendida codifica di quello stile. Gli arrangiamenti dei quattro lunghi pezzi originali lasciano il necessario spazio espressivo a ciascun virtuoso, generando altresì un flusso continuo di assoli spettacolari, invenzioni fulminee, nessi telepatici. Liniziale Ancient Dynasty possiede uno spiccato retrogusto latino che evoca alcune pagine del repertorio di Chick Corea e consente a Joe Henderson di rivivere le atmosfere dei memorabili duetti con Kenny Dorham (Blue Bossa, Recorda Me, Una Mas, Sao Paulo, Trompeta Toccata, Mamacita). Limpetuosa indole dellautrice è evidenziata dal taglio decisamente percussivo che distingue anche gli altri pezzi: Remembering, in cui si alternano fughe e ralenti ciclici, Beagles Boogie, bizzoso tema a tempo dispari, Pin Drum Song / Celebration, staffetta di velocità in cui vincono tutti. Ovunque, gli esplosivi fraseggi di Brackeen, linclinazione modale di Henderson, i saggi di bravura di Gomez e De Johnette concorrono a definire un classico per tutte le stagioni. Indispensabile. Capolavoro. Forever Young. [P.S. - 1) *Brackeen, Gomez e De Johnette si ritroveranno insieme prima su Special Identity, poi su Where Legends Dwell, entrambi magnifici. 2) Design: Paula Scher. Foto: John Paul Buddy Endress.] - B.A. JOANNE BRACKEEN - SPECIAL IDENTITY (1982) JOANNE BRACKEEN - HAVIN FUN (1985) JOANNE BRACKEEN - IS IT REALLY TRUE (1991) JOANNE BRACKEEN - WHERE LEGENDS DWELL (1991) DON BRADEN - THE TIME IS NOW (1991) DON BRADEN - WISH LIST (1991) DON BRADEN - AFTER DARK (1993) BRASSERIE TRIO - MUSIQUE MÈCANIQUE (1998) ANTHONY BRAXTON - 3 COMPOSITIONS OF NEW JAZZ (1968) ANTHONY BRAXTON - FOR ALTO (1968) ANTHONY BRAXTON - NEW YORK FALL 1974 (1974) ANTHONY BRAXTON - TRIO AND DUET (1974) ANTHONY BRAXTON - FIVE PIECES 1975 (1975) Coi suoi vezzi professorali (pipa, occhialini, scacchi) Anthony Braxton aveva messo a soqquadro un ambiente per tradizione avverso allaccademia, imponendo la scomoda figura dellartista afro-americano intellettuale e filoeuropeo. Eppure, riascoltando questa musica col senno di poi, si stenta a credere che allepoca abbia suscitato tanto clamore. Al netto degli orpelli mediatici, infatti, il polistrumentista di Chicago è soprattutto un virtuoso superlativo, oltre che un compositore lucido e rigoroso, forse il più credibile erede di Eric Dolphy. Five Pieces 1975 coglie il personaggio in stato di grazia, sorretto da partner congeniali e motivati (¾ dellorganico di Conference Of The Birds o, se preferite, ¾ dei Circle di Paris Concert): Kenny Wheeler (tromba, flicorno), Dave Holland (contrabbasso), Barry Altschul (batteria). Lalbum si apre con uno strepitoso dialogo Braxton/Holland (sax alto/contrabbasso) sulle variazioni armoniche di You Stepped Out Of A Dream, per ribadire, a scanso di equivoci, leccezionale caratura tecnica dei due fuoriclasse. Il sinistro tema di Opus 23H è esposto da flauto e sordina che, durante lintermezzo, svaniscono nel labirinto percussivo eretto da Altschul. Dedicata ad Albert Ayler, Opus 23E inizia con una solenne fanfara cui segue la convulsa sequenza di improvisazioni alternate (clarinetto, tromba, flauto, batteria), lunga oltre diciassette minuti. Strutture relativamente intelligibili consentono una più immediata fruizione degli assoli di sax alto su Opus 23G e Opus 40M. A noi, menti semplicette, pare assurdo che uno dei feticci del jazz anni Settanta sia ancora fuori catalogo e, al momento, risulti disponibile solo nelledizione integrale della Mosaic (The Complete Arista Recordings Of Anthony Braxton). Un modo per sollecitare la ristampa CD potrebbe essere quello di scrivere agli attuali proprietari del marchio Arista (SONY) e dir loro che sono degli stronzi. [P.S. - Per recuperare gli enigmatici titoli originali e leggere una dotta analisi di tutte le registrazioni di Anthony Braxton, raccomandiamo lottimo sito Restructures.] - B.A. ANTHONY BRAXTON - SEVEN COMPOSITIONS 1978 (1978) ANTHONY BRAXTON - ALTO SAXOPHONE IMPROVISATIONS 1979 (1979) ANTHONY BRAXTON - SIX COMPOSITIONS (QUARTET) 1984 (1984) ANTHONY BRAXTON - QUARTET (LONDON) 1985 (1985) ANTHONY BRAXTON - QUARTET (BIRMINGHAM) 1985 (1985) ANTHONY BRAXTON - QUARTET (COVENTRY) 1985 (1985) ANTHONY BRAXTON - SIX MONKS COMPOSITIONS (1987) (1987) BRAXTON / BAILEY - FIRST DUO CONCERT (1974) BRAXTON / PARKER - DUO (LONDON) 1993 (1993) BRAXTON / PARKER / RUTHERFORD - TRIO (LONDON) 1993 (1993) MICHAEL BRECKER - MICHAEL BRECKER (1987) La genesi dellalbum prese forma durante le sedute di registrazione di 80/81: la band allestita per quel progetto amalgamava brillantemente la chitarra visionaria di Pat Metheny, leredità free di Charlie Haden, la batteria davisiana di Jack DeJohnette, il sax meta-stilistico di Michael Brecker*. Confuso dalla stampa specializzata per un disco qualsiasi, seppure di buon livello, e trascurato come autentico manifesto musicale post-idelogico, 80/81 proponeva alcune intuizioni geniali: 1) lessenza del jazz è limprovvisazione, non il parlarsi addosso di qualche pseudo-intellettuale con la pipa e la erre moscia; 2) dopo un quarto di secolo, il rock - Beatles e Steely Dan, un nome per ciascun decennio - è una realtà sociale e artistica con cui chiunque suoni uno strumento deve fare i conti; 3) punk e febbre hanno minacciato lesistenza stessa del genere umano, ma una misteriosa confraternita di ascoltatori saggi e schivi riuscì a sopravvivere semplicemente pulendosi il culo con entrambe le mode; 4) nessuna persona per bene prenderebbe sul serio gli anni Ottanta in quanto tali, 80 e 81 erano solo i numeri di catalogo consecutivi del doppio vinile di Metheny. Lesperienza al Talent Studio di Oslo segnò in modo profondo Michael Brecker che, per il proprio attesissimo esordio individuale, riconvocò lo stesso gruppo - tranne Dewey Redman, anchegli sax tenore - aggiungendo al tessuto strumentale le tastiere metropolitane di Kenny Kirkland. Scelte con cura alcune preziose composizioni proprie e altrui, Brecker le elabora secondo lo spirito dei memorabili arrangiamenti di 80/81 [Everyday (I Thank You), The Bat, Open, Pretty Scattered, 80/81]: dalla ieratica solennità di Sea Glass, al pregevole inedito di Mike Stern (Choices), passando per le due pagine scritte da Don Grolnick (anche produttore), poi riprese dal pianista sui suoi splendidi volumi Blue Note [Nothing Personal (Weaver Of Dreams), The Cost Of Living (Nighttown)], al suggestivo connubio di tema folk e sonorità sintetiche su Original Rays, fino agli echi siderali di Sizygy, forse il pezzo più bello del CD, col frenetico duetto sax/batteria e lemozionante entrata in scena della chitarra. *Dopo le storiche collaborazioni con James Taylor, Michael Franks, Frank Zappa, Kenny Loggins, Steve Khan, Chick Corea, Donald Fagen, il timbro stentoreo e i fraseggi funambolici di Brecker trovano qui una sintesi estetica definitiva. - B.A. MICHAEL BRECKER - DONT TRY THIS AT HOME (1988) MICHAEL BRECKER - NOW YOU SEE IT ... (NOW YOU DONT) (1990) MICHAEL BRECKER - TALES FROM THE HUDSON (1996) MICHAEL BRECKER - TWO BLOCKS FROM THE EDGE (1997) MICHAEL BRECKER - TIME IS OF THE ESSENCE (1999) RANDY BRECKER - SCORE (1969) RANDY BRECKER - IN THE IDIOM (1986) Suoni acustici. Niente fronzoli. Si torna alle origini. Dopo essersi imposto come artefice, pioniere e caposcuola del linguaggio fusion, Randy Brecker riaccende una passione mai sopita grazie allinteressamento della corporation giapponese Denon. Letà delloro (Blue Note, Miles Davis) cui da sempre si ispira il trombettista rivive grazie alla presenza di maestri come Joe Henderson (sax tenore) e Ron Carter (contrabbasso), affiancati allaltro davisiano di lungo corso Al Foster (batteria) e al brillante David Kikoski (pianoforte). Nel contesto formale del classico quintetto hard-bop, peraltro di livello eccelso, la rinomata penna di Randy, della quale si è giovato con profitto anche Steve Khan (Tightrope; The Blue Man; Evidence), trova lo spazio giusto per esporre una scrittura complessa, intrisa di melodia ma armonicamente evoluta. La sensibilità espressiva di Henderson risalta tanto sulle ballad (Forever Young; Youre In My Heart) quanto sui brani più dinamici (Hit Or Miss; Sang; Theres A Mingus A Monk Us; Little Miss P), in cui il dialogo col retroterra post-rock del leader evoca gli infuocati duelli dei Brecker Brothers. Entrambi pilastri di due diverse, storiche formazioni condotte dal divino, Carter e Foster offrono un sostegno ritmico duttile, raffinato, preciso, evidente sullarchitettura metrica di No Scratch e sul pensoso clima modale di Moontide. Prevista, ma non superflua, la consueta alta fedeltà audio garantita dalla Denon che, nel proprio catalogo, vanta anche The Art Of The Saxophone, capolavoro di Bennie Wallace. - B.A. RANDY BRECKER - LIVE AT SWEET BASIL (1988) NICK BRIGNOLA - THIS IS IT (1967) NICK BRIGNOLA / PEPPER ADAMS - BARITONE MADNESS (1977) NICK BRIGNOLA - NEW YORK BOUND (1978) NICK BRIGNOLA / CECIL PAYNE / RONNIE CUBER - BURN BRIGADE (1979) NICK BRIGNOLA - L.A. BOUND (1979) NICK BRIGNOLA - SIGNALS ... IN FROM SOMEWHERE (1983) NICK BRIGNOLA - NORTHERN LIGHTS (1984) NICK BRIGNOLA - RAINCHECK (1988) NICK BRIGNOLA - ON A DIFFERENT LEVEL (1989) Seguendo le orme di Harry Carney (suo mentore), Serge Chaloff, Gerry Mulligan e Pepper Adams, il paesano Nick Brignola ripropone lantico charme del sax baritono in piena era digitale, registrando un pugno di ottimi album per la dinamica Reservoir. Tra i vari titoli degni di nota, On A Different Level si distingue per lassoluta fedeltà di Nick al suo primo strumento e per la presenza di una sezione ritmica lussuosa, composta da Kenny Barron (piano), Dave Holland (contrabbasso) e Jack DeJohnette (batteria). Il repertorio sopraffino garantisce la caratura dellartista. Tears Inside è un blues anticonvenzionale di Ornette Coleman, già inciso dal padre del free nel 1959 (Tomorrow Is The Question!), che serve al quartetto per scaldare i muscoli: Brignola espone il tema accompagnato dal solo Holland, per poi scattare in avanti non appena Barron e DeJohnette si lanciano allinseguimento. La tradizione è celebrata con le commosse, meravigliose dediche a Tadd Dameron (Hot House) e Duke Ellington (Sophisticated Lady), e culmina nellarrangiamento di Duke Ellingtons Sound Of Love, sublime ballad di Charles Mingus (Changes One) ripresa più volte anche da Joe Lovano (Village Rhythm; Quartets). Scritta da Holland per il progetto ECM con Abercrombie e DeJohnette, Back-Woods Song risale allo splendido esordio di quel trio (Gateway): ridisegnando la melodia col sassofono, Brignola conferisce tutta unaltra atmosfera alloriginale falsariga folk tracciata dalla chitarra. Lestrema dimestichezza con gli standard è sottintesa, ma Nick esibisce una voce incisiva e duttile anche nelle situazioni apparentemente più prevedibili (All The Things You Are; Softly As In A Morning Sunrise). - B.A. NICK BRIGNOLA - WHAT IT TAKES (1990) NICK BRIGNOLA - ITS TIME (1991) NICK BRIGNOLA - THE FLIGHT OF THE EAGLE (1996) NICK BRIGNOLA - LIKE OLD TIMES (1994) NICK BRIGNOLA - POINCIANA (1997) NICK BRIGNOLA - ALL BUSINESS (1999) ROY BROOKS - BEAT (1964) ROY BROOKS - THE FREE SLAVE (1970) TINA BROOKS - TRUE BLUE (1960) PETER BRÖTZMANN - MACHINE GUN (1968) BRÖTZMANN / VAN HOVE / BENNINK - BRÖTZMANN / VAN HOVE / BENNINK (1973) MARION BROWN - MARION BROWN QUARTET (1965) MARION BROWN - WHY NOT? (1966) MARION BROWN - PORTO NOVO (1967) Nel 1967 il movimento free aveva già partorito una seconda, prolifica generazione della quale Marion Brown era alfiere insieme a improvvisatori radicali come Frank Lowe, Sam Rivers, Milford Graves. Il sassofonista dallo sguardo triste incide il suo album più bello nei Paesi Bassi, immettendo nel proprio stile nuovi elementi espressivi (fischi, gemiti, dissonanze) grazie agli stimoli prodotti dai due egregi partner olandesi, Maarten Van Regteren Altena (contrabbasso) e Han Bennink (batteria, percussioni). Lintesa del trio risalta sulla spossante fuga collettiva di Similar Limits, sulle audaci esplorazioni timbriche di Sound Structure, sullimboscata tesa dalla sezione ritmica al solista durante lo svolgimento di Improvisation. Il ribollente magma sonoro di QBIC genera un superbo assolo di Bennink che, in appena un minuto, si impone come visionario fuoriclasse dello strumento. Le sue tabla introducono la lunga title-track, anticipando un confronto senza inibizioni fra virtuosi. Pubblicato prima dalla Polydor, poi dalla Arista, Porto Novo rimane un classico dellepoca, indispensabile per i cultori delle etichette ESP e FMP. Tre anni dopo Brown approderà alla neonata ECM, per registrare il bucolico Afternoon Of A Georgia Faun. - B.A. MARION BROWN - AFTERNOON OF A GEORGIA FAUN (1970) MARION BROWN - MARION BROWN SOLO SAXOPHONE (1977) DAVE BRUBECK - DAVE DIGS DISNEY (1957) DAVE BRUBECK - GONE WITH THE WIND (1959) DAVE BRUBECK - TIME OUT (1959) Pianista e compositore dalla ferrea preparazione accademica, Dave Brubeck costituì un raffinato quartetto in cui spiccava laltosassofonista Paul Desmond, per sonorità e inventiva uno dei più godibili solisti moderni. Ma vanno sottolineate anche labilità del bassista Gene Wright e la precisione del batterista Joe Morello, doti indispensabili per questo specifico progetto. Time Out è infatti una spericolata esplorazione al di fuori del 4/4. Proprio Desmond scrisse il brano che avrebbe cementato la fama del complessino: Take Five, brioso tema in 5/4 su cui il delizioso volo del sax è guidato dallenergia del batterista. Non meno famoso Blue Rondo À La Turk, scritto da Brubeck in 9/8, e ancor più fine Three To Get Ready, basato sul susseguirsi di due battute in 3/4 e due in 4/4. E così via. La dottrina ritmica e le interpunzioni accentuate di Brubeck non sono freno per uno swing vivo e rigoglioso. - Gian Mario Maletto DAVE BRUBECK - TIME FURTHER OUT: MIRÓ REFLECTIONS (1961) DAVE BRUBECK - COUNTDOWN: TIME IN OUTER SPACE (1962) DAVE BRUBECK - ... WEST SIDE STORY ... (1960/1962/1965) DAVE BRUBECK - ALL THE THINGS WE ARE (1974) DAVE BRUBECK & PAUL DESMOND - THE DUETS / 1975 (1975) GREG BURK - CARPE MOMENTUM (2002) KENNY BURRELL - ALL NIGHT LONG (1956) KENNY BURRELL & JOHN COLTRANE - KENNY BURRELL & JOHN COLTRANE (1958) KENNY BURRELL - MIDNIGHT BLUE (1963) KENNY BURRELL / GIL EVANS - GUITAR FORMS (1965) Fatevi
un regalo: staccate la spina per un giorno
nessuno
sentirà la vostra mancanza
in fondo sono solo
poche ore
dalla sera prima alla tarda mattinata
successiva
per riscoprire il significato
dellespressione ars
gratia artis bastano un paio di CD
infilate nello zainetto The
Individualism Of Gil Evans e Guitar Forms
salite in moto
guidate verso la costa
rintanatevi nellappartamento sul lungomare
la bassa stagione vi accorderà il lusso di un
condominio deserto
per cena trancio di pizza e
birra
il fedele impianto stereo
delladolescenza relegato nella seconda casa vi sta
aspettando
lo spettacolo può iniziare
KENNY BURRELL - GOD BLESS THE CHILD (1971) KENNY BURRELL - ELLINGTON IS FOREVER VOL. 1 (1975) KENNY BURRELL - ELLINGTON IS FOREVER VOL. 2 (1977) GARY BURTON - SEVEN SONGS FOR QUARTET AND CHAMBER ORCHESTRA (1973) GARY BURTON - THE NEW QUARTET (1973) GARY BURTON - RING (1974) GARY BURTON - DREAMS SO REAL (1975) GARY BURTON with EBERHARD WEBER - PASSENGERS (1976) I collezionisti più attenti già lo sanno. Per gli altri sarà una piacevole sorpresa scoprire che, oltre a That Summer Something, gioiello sepolto nellomonimo, raro album della Ross-Levine Band, il repertorio di Pat Metheny annovera anche due pezzi originali scritti apposta per Gary Burton e incisi dallautore solo sotto le insegne del vibrafonista. Oggi fa impressione osservare come, nonostante la sua presenza, tra i titolari ufficiali di Passengers manchi il nome di Metheny, allepoca non ancora big planetario, anche se già sotto contratto con lECM - le sedute di Bright Size Life sono di pochi mesi precedenti a queste - peraltro raccomandato dallo stesso Burton. Il quintetto (4+1) schiera unelegante sezione ritmica - Steve Swallow, Danny Gottlieb - ideale per sostenere con la necessaria duttilità gli idiofoni di Burton, la chitarra di Metheny e lallora inconsueto contrabbasso elettrico di Weber, qui in veste di terzo solista. Il raffinato impasto strumentale caratterizza gli arrangiamenti di Sea Journey, pagina firmata da Chick Corea per lesordio discografico di Stanley Clarke (Children Of Forever), e di Yellow Fields, standard delletichetta tedesca ripreso dal catalogo di Eberhard Weber (Yellow Fields). Le partiture di Metheny - una ballad (Nacada), un simil-samba (The Whopper), un ostinato [B & G (Midwestern Nights Dream)] ripreso dal suo esordio - sono altrettante lezioni di gusto e ingegno. Il fuoriclasse di Lees Summit vi esibisce già le doti che lo renderanno famoso e che, a questi livelli di eccellenza, si rinvengono raramente in uno stesso artista: unimpareggiabile attitudine a comporre temi di struggente bellezza e la capacità di improvvisare mantenendo sempre un prodigioso senso della melodia. - B.A. GARY BURTON - PICTURE THIS (1982) GARY BURTON / CHICK COREA - CRYSTAL SILENCE: THE ECM RECORDINGS 1972-1979 JOHN BUTCHER - THIRTEEN FRIENDLY NUMBERS (1991) JOHN BUTCHER - FIXATIONS (14) (2001) BUTCHER / BAILEY / DAVIES - VORTICES AND ANGELS (2000) BUTCHER / BURN / DAVIES / EDWARDS - THE FIRST TWO GIGS (2000) IGOR BUTMAN - FALLING OUT (1993) BUTMAN / KONDAKOV / GOMEZ / WHITE - BLUES FOR 4 (1996) IGOR BUTMAN - PROPHECY (2003) IGOR BUTMAN - MAGIC LAND (2007) A giudicare dal corposo curriculum pubblicato sul suo sito, Igor Butman è il più illustre sassofonista (tenore / soprano) russo. Si dirà: embè? Gli scettici diano unocchiata al gruppo di accompagnamento di Magic Land: Chick Corea, John Patitucci, Jack DeJohnette, Randy Brecker, Stefon Harris, gente che non si scomoda per lultimo arrivato, men che mai in comitiva. In realtà, Butman è un solista in grado di competere con chiunque al mondo per tecnica, fantasia e finezza. Con lintento di rileggere in chiave jazz le colonne sonore di film per linfanzia e cartoni animati dellera sovietica - una variante oltre cortina del classico Dave Digs Disney di Dave Brubeck - il prestigioso sestetto cava meraviglie da (apparentemente) innocue canzoncine per bambini. Il contrasto tra leco fanciullesca dei temi e la preziosa caratura degli arrangiamenti funziona, calando i convenuti in un clima di serena, spontanea ispirazione. Ciascuno dei celebri virtuosi dà il meglio di sé in un repertorio di qualità omogenea ed elevata. Nostre personali predilezioni: la dolente ballad Amazing Far, con la tromba di Brecker che graffia il cuore, e lirresistibile ritmo di Chunga-Changa, con Patitucci, DeJohnette e Harris rapiti dallevocativo swing cosacco. Divertente lo stupore dei cinque americani che, nelle note di copertina, ammettono la sostanza musicale delle melodie comuniste. Prodotto da Jack DeJohnette. Registrato a New York da James Farber. 4½ stellette per Down Beat. - B.A. IGOR BUTMAN - MOSCOW @ 3 A.M. (2009) DONALD BYRD - OFF TO THE RACES (1958) DONALD BYRD - BYRD IN HAND (1959) DONALD BYRD - FUEGO (1959) DONALD BYRD - BYRD IN FLIGHT (1960) DONALD BYRD - THE CAT WALK (1961) DONALD BYRD - ROYAL FLUSH (1961) Esemplare seduta Blue Note che consolida il legame artistico tra Donald Byrd e Pepper Adams, già al quarto appuntamento dopo Off To The Races, Byrd In Hand, The Cat Walk. In seguito, Byrd otterrà un enorme successo personale con la svolta fusion degli anni Settanta, viceversa Adams non riceverà i riconoscimenti dovuti a un talento del suo rango. Sebbene egli godesse della considerazione di maestri come Charles Mingus e Thad Jones, infatti, nessuna grande etichetta gli permise di incidere con regolarità in veste di titolare: per questo vale la pena di soffermarsi ovunque sia presente il suo acuminato sax baritono. Con Herbie Hancock al pianoforte e una sezione ritmica d.o.c. [Butch Warren (contrabbasso); Billy Higgins (batteria)], i due solisti possono dedicarsi allapprofondimento del blues, colore dominante lungo tutto lalbum. Hush introduce il discorso con un classico giro in Do vivacizzato da intervalli, scatti e rimbalzi. Jorgies e Shangri-La esibiscono strutture armoniche più evolute, mentre su 6 Ms risuonano, inequivocabili, echi dellimmortale All Blues di Miles Davis (Kind Of Blue). - B.A. DONALD BYRD - FREE FORM (1962) DONALD BYRD - BLACKJACK (1963/1967) DONALD BYRD - MUSTANG! (1966) GARY BURTON - PASSENGERS (1976) |
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