 PROGRESSIVE
RACCOMANDATA RICEVUTA RITORNO - PER ... UN
MONDO DI CRISTALLO (1972)
ALBERTO RADIUS - RADIUS (1972)
ALBERTO RADIUS - CHE COSA SEI
(1976)
ALBERTO RADIUS - CARTA
STRACCIA (1977)
RENAISSANCE
- RENAISSANCE (1969)
RENAISSANCE - PROLOGUE
(1972)
Singolare caso di una
band che, scomparsa prematuramente per mancanza di
riscontro commerciale, rinasce (nomen omen) sotto le
stesse insegne ma con una formazione completamente
rimaneggiata. In effetti, guidati dai fratelli Keith e
Jane Relf, i Renaissance avevano già inciso un
piacevole esordio (Renaissance) nel 1969, ma già
durante le session del secondo album (Illusion)
lorganico originale si disgrega lasciando il posto
a un altro gruppo che ne assumerà nome, intenti e
progetto. Con un eloquente titolo scelto per sottolineare
il divario tra prima e dopo, Prologue
propone brani composti dal chitarrista Michael Dunford e
dalla poetessa residente in Cornovaglia Betty Thatcher: i
due autori firmeranno in tandem anche gran parte del
repertorio successivo. Il melange di atmosfere folk,
medievali e barocche concepito dai fondatori offre lo
spunto ai nuovi Renaissanceper sviluppare un suono
imponente, solenne, in linea con i più coerenti
tentativi sinfo-rock dellepoca. Elaborando
influenze classiche di scuola russa e francese, il
quintetto affida le melodie allincantevole voce di Annie Haslam,
pittrice/cantante reclutata attraverso uninserzione
sul Melody Maker: il soprano operistico di Annie
svetta sui sontuosi arrangiamenti di Dunford, il cui
ruolo strumentale, non ancora ufficializzato, è
provvisoriamente svolto da Rob Hendry. La title-track è
una pagina progressive di
straordinaria potenza, oltre che uneccellente
introduzione alla musica dei Renaissance:
spargendo schegge di Bach col suo piano accademico, John
Tout prepara il terreno per limpetuosa fuga della
Haslam. Lepica Kiev e la suite Rajah Khan
ribadiscono il potenziale del complesso, che culmina
nellevocativo concerto di cori ed echi marini su Sounds
Of The Sea. Splendida la copertina della Hipgnosis:
un inconfondibile accostamento di scenari primordiali ed
elementi tecnologici, in puro stile
Hipgnosis.
Disco raccomandabile a chi, negli stessi anni, amava
Genesis e Barclay James Harvest. - B.A.
RENAISSANCE
- ASHES ARE BURNING (1973)
RENAISSANCE
- TURN OF THE CARDS (1974)
RENAISSANCE
- SHEHERAZADE & OTHER STORIES
(1975)
RENAISSANCE
- NOVELLA (1977)
RENAISSANCE
- A SONG FOR ALL SEASONS (1978)
RENAISSANCE
- AZURE DOR (1979)
ROVESCIO DELLA MEDAGLIA - LA BIBBIA (1971)
SOFT HEAD
- ROGUE
ELEMENT (1978)
SOFT HEAP
- SOFT HEAP (1978)
Ma cosa era saltato
in mente, in pieno 1978, a quelloperosa, colta
borghesia progressive? Per
caso Alan
Gowen, Elton Dean,
Hugh
Hopper, Pip Pyle
non si erano accorti del riflusso
in corso e di un pubblico ormai passato armi e bagagli da
Thick As A Brick al Gioca
Jouer? Il fatto è che,
pure in quegli anni orrendi, cerano artisti
indisponibili a compromettersi con limbarbarimento
conclamato del gusto collettivo*. Soft
Heap diventa allistante un album prezioso
per gli appassionati dellunderground più lucido,
ma anche per gli scaltri collezionisti che sanno
apprezzare la musica di Eric
Dolphy, Andrew
Hill, Julius
Hemphill, Tim Berne.
La formazione metteva insieme i nobili retaggi di Soft
Machine, Hatfield
And The North, National
Health, Gilgamesh, storiche
band di cui i quattro fuoriclasse avevano fatto parte. In
un tripudio di ipnotici assoli del sax (Dean), instabili
fondali ritmici (Pyle), eleganti armonizzazioni delle
tastiere (Gowen), lidioma della peculiare corrente
estetica di Canterbury
è declinato attraverso pagine che non temono paragoni
col meglio di fusion e/o
avanguardia. Con linconfondibile voce strumentale
di Elton
Dean che domina le esecuzioni, il modello di
riferimento è senza dubbio Fourth:
se da un lato questo comprime lo spazio riservato al
compianto, geniale Alan Gowen,
dallaltro conferisce una squisita cifra jazz agli arrangiamenti. Sulla
meditabonda Fara, la prima linea diventa una
mini-sezione fiati col supporto di Radu
Malfatti (trombone) e Mark
Charig (cornetta). In base alla nostra personale
esperienza, nelle occasioni e nei contesti più disparati
non ci si stanca mai di ascoltare Circle Line, A.W.O.L,
Petit 3s, Terra Nova, Short Hand.
(P.S. - *Recuperate D.S. al
Coda dei National
Health: nelle toccanti note di
copertina in ricordo dellamicizia con Alan Gowen,
Dave Stewart rammenta di quando entrambi, per pagare le
bollette, si ridussero a esibirsi dal vivo dietro le
quinte di Let My People Come, una sottospecie di
commediola che, secondo la sua vivida descrizione, was no laughing matter
) - B.A.
SOFT
MACHINE - THE SOFT MACHINE (1968)

SOFT
MACHINE - VOLUME TWO (1969)
SOFT
MACHINE - THIRD (1970)
SOFT MACHINE - FOURTH
(1971) 
Sebbene la critica
indichi unanimemente Third come capolavoro dei Soft
Machine, è Fourth il frutto più
maturo prodotto dal complesso originale,
quello con Mike
Ratledge, Hugh
Hopper e Robert
Wyatt ancora insieme (Kevin
Ayers era scappato alle Baleari dopo il primo album).
Lingaggio di un improvvisatore come Elton Dean
(sax alto) aveva reso irreversibile la svolta verso il jazz, e il modulo interamente
strumentale dei nuovi arrangiamenti esaltava le doti
espressive del collettivo, peraltro rinforzato da una
poliedrica sezione fiati. Assunto come modello
lidioma davisiano di In
A Silent Way, il quartetto ne rielabora la
sintassi infondendovi lo spirito dadaista di Canterbury
combinato a echi del free inglese:
lorgano allucinogeno e il piano elettrico di
Ratledge creano lunghi drappi sonori, decorati in corso
dopera dallaspro fraseggio di Dean e
dalleffervescente batteria di Wyatt. Le variopinte
trame musicali di Teeth, Kings And Queens e
Fletchers Blemish subiscono continue
alterazioni cromatiche grazie allampia tavolozza
fornita da Mark
Charig (cornetta), Nick Evans (trombone), Jimmy
Hastings (flauto, clarinetto basso) e Alan Skidmore (sax
tenore). La peculiarità di un suono sempre in bilico tra
avanguardia e progressive
risalta sullipnotica suite in quattro movimenti (Virtually)
firmata da Hopper. - B.A.
SOFT MACHINE - BUNDLES
(1975)
 Che epoca felice! La sola idea di un
televisore al ristorante sarebbe bastata a evocare le
distopie più lugubri
ogni cosa era più bella
calcio, tennis, moto, cinema, dischi
nella
nostra personalissima antologia dei Soft
Machine - ammettendo
allesame solo le formazioni in cui sia presente
almeno un membro fondatore della band - Bundles
svetta al primo posto a pari merito con Fourth. Nel 1974 del
nucleo originale era rimasto solo Mike
Ratledge, eppure tanto bastava a perpetuare
lindefinibile ma suggestivo spirito di Canterbury.
Di lì a poco unintera, sventurata generazione
avrebbe subito gli orrori della febbre
e del punk
i pochi ragazzi che si salvarono da quella
mattanza debbono proprio a queste preziose pagine progressive il dono della
capacità di giudizio e del gusto anticonformista.
Lintroduzione (Hazard Profile - Part I)
riprende un tema scritto da Karl
Jenkins (Song For The Bearded Lady) e già
inciso dallautore con i Nucleus per aprire il loro secondo album (Well
Talk About It Later): il memorabile riff jazz-rock
scatena linventiva di Allan
Holdworth, offrendo al chitarrista una spettacolare mise
en scène allinsegna dellimprovvisazione
appena reclutato, ma è subito chiaro chi sia il
protagonista
lo spessore musicale dei veterani
Ratledge e Jenkins e la solidità della sezione ritmica (Roy
Babbington, John
Marshall) assicurano un sigillo di qualità agli
arrangiamenti, a partire dalla suite iniziale che si
dipana lungo altri quattro atti, fino allepilogo di
Hazard Profile - Part V, dominato da un frenetico,
ingegnoso assolo di sintetizzatore (Ratledge), passando
attraverso ulteriori prodezze di Holdsworth su Bundles
e Land Of The Bag Snake, per approdare al sublime
crescendo dinamico di The Man Who Waved At Trains
e Peff, condotto dai fiati (oboe, sax soprano) di
Jenkins e dalla batteria di Marshall
se non si
fosse già capito
un classico. - B.A.
CHRIS
SQUIRE - FISH OUT OF WATER (1975)
LE STELLE DI MARIO SCHIFANO - DEDICATO
A ... (1967)
STORMY SIX - LE
IDEE DI OGGI PER LA MUSICA DI DOMANI (1969)
STORMY SIX - LUNITÀ
(1972)
STORMY SIX - GUARDA
GIÙ DALLA PIANURA (CANTI DELLA RIVOLUZIONE NEL MONDO) (1974)
STORMY SIX - UN BIGLIETTO
DEL TRAM (1975)
STORMY SIX - CLICHÉ
(1976)
STORMY SIX - LAPPRENDISTA (1977)
STORMY SIX - MACCHINA
MACCHERONICA (1980)
DEMETRIO STRATOS - METRODORA
(1976)
DEMETRIO STRATOS - CANTARE
LA VOCE (1978)
STRAWBS - JUST A
COLLECTION OF ANTIQUES AND CURIOS (1970)
STRAWBS - FROM THE
WITCHWOOD (1971)
THIRD EAR BAND - ALCHEMY (1969)
THIRD EAR BAND - THIRD EAR
BAND (1970)
KEITH TIPPETT
- DEDICATED TO YOU, BUT YOU
WERENT LISTENING
(1971)
While others speculate on the
possibility of Miles Davis jamming with Eric Clapton,
Keith Tippett is, in current parlance, getting it on. - Richard
Williams
Sia negli Stati Uniti che in Europa, i primordi del
fenomeno fusion videro
allopera personalità e scuole diverse (Blue Note, CTI, Vertigo,
Harvest),
ciascuna impegnata ad aggiornare rock
e jazz secondo le rispettive
tendenze. La ricerca di Keith Tippett partiva da un
solido retroterra free per lambire i lidi del
progressive più evoluto. Il
tocco del pianista di Bristol sarà apprezzato anche alla
corte di Robert Fripp, che se ne servirà ampiamente per
le complesse partiture di In The Wake Of Poseidon
e Lizard. Dotato di un fraseggio affine al
vulcanico stile di Cecil Taylor, per esporre la propria
visione musicale Tippett convoca un drappello di
improvvisatori vicini allavanguardia e attigui
allunderground inglese. Sorretti da varie sezioni
ritmiche, Elton Dean
(sax alto), Nick Evans (trombone), Mark
Charig (cornetta) condividono la prima linea con Gary
Boyle (chitarra), innervando gli arrangiamenti di assoli
superbi. Lattrito tra la festosa atmosfera
latina di This Is What Happens e le
aspre dissonanze di Thoughts To Geoff, Gridal
Suite e Five After Dawn può spiazzare, ma
esprime bene il disinibito approccio di Tippett. Dal
solenne tema di Green And Orange Night Park si
propagano echi dei primi King Crimson, mentre Dedicated
To You, But You Werent Listening è un omaggio
ai Soft Machine che rilegge in chiave di fanfara a
cappella la suggestiva canzone scritta da Hugh
Hopper e cantata da Robert
Wyatt (Volume Two). Il pezzo più godibile
dellalbum è Black Horse, incalzante riff a
strati nobilitato dagli splendidi interventi di Evans,
Boyle e Dean. Superlativa la ristampa CD
delletichetta italiana Comet. [P.S. - I
cultori del genere apprezzeranno anche i primi due dischi
dei Nucleus (Elastic Rock; Well Talk
About It Later).] - B.A.
PAOLO TOFANI - INDICAZIONI
(1977)
Paolo Tofani made a solo record
that probably would make Robert Fripp or Henry Kaiser
raise their eyebrows and maybe even blush from envy. It
is partly played on a Les Paul mounted with an EMS
prototype guitar-synth, making sounds that I have not
heard anywhere else! - Michael
Bohn Fuglsang
TOMORROW
- TOMORROW (1968)
TRAFFIC - Mr. FANTASY (1967)
TRAFFIC - TRAFFIC (1968)
TRAFFIC - JOHN
BARLEYCORN MUST DIE
(1970) 
John Barleycorn
Must Die combina elementi del folk inglese con
armonie jazz e rock dal gusto progressive,
rivelando lincredibile eclettismo musicale di Steve
Winwood. - E.R.
Alla luce dei progressi
compiuti dalla tecnologia hi-fi negli ultimi
trentanni, la sonorità di Jim Capaldi ricorda più
un fustino del Dixan che il rullante di una batteria.
Viceversa, i raffinati impasti timbrici di Steve Winwood
(tastiere) e Chris Wood (fiati) hanno attraversato i
lustri mantenendo una forma smagliante, e consegnando al
nuovo millennio un disco ancora freschissimo. I pionieri
che anni dopo avrebbero gettato le basi della scuola fusion attinsero a
piene mani dal serbatoio di idee che alimentava questi
arrangiamenti: il flauto tinto di jazz su Freedom
Rider, lassolo di piano elettrico che segue la
scia tracciata dallorgano su Empty Pages, e
la celebre raffica honky-tonk opposta al tema esposto dal
sax su Glad. Polistrumentista abilissimo, al
livello di un McCartney o di un Rundgren, Steve era un
asso anche alla chitarra: si ascolti il sapiente uso
dellelettrica su Every Mothers Son, o
il nitore del suo arpeggio acustico sulla tradizionale John
Barleycorn [ripresa nel 1972 anche dagli Steeleye
Span (Below The Salt)]. Dotato di una voce
stupenda e particolarissima, Winwood fu uno dei primi
europei per cui si osarono accostamenti con i grandi
interpreti soul americani. La ristampa Island del 2000
propone una confezione lussuosa e una qualità audio
superiore. - B.A.
TRIP -
CARONTE (1971)
TRIP -
ATLANTIDE (1972)
TUNNELS - TUNNELS WITH
PERCY JONES (1993)
TUNNELS - PAINTED
ROCK (1999)
 Evviva! A New York cè
unetichetta indipendente gestita da un musicista
svizzero che, applicando una formula tanto semplice
quanto redditizia, riesce a produrre album eccellenti. Il
segreto? Rispetto del vangelo progressive
secondo i Brand X e ingaggio di Percy Jones come campione
della scuderia. Il bassista gallese, uno dei massimi
virtuosi dello strumento elettrico insieme a Jaco
Pastorius, Jeff Berlin, Colin Hodgkinson e Marcus Miller,
porta in dote la sua integrità artistica, una forte
motivazione personale e unimpressionante maestria
tecnica con il fretless a cinque corde. Il
quartetto dei Tunnels è completato da Marc Wagnon,
vibrafonista elvetico titolare della Buckyball Music,
Frank Katz (batteria), esuberante protagonista degli
ultimi album dei Brand X (X
Communication; Manifest
Destiny) e Van Manakas (chitarra), epigono
americano di John Goodsall. Il rilancio dello spirito
jazz-rock come lo vivemmo ai tempi doro di Brand X,
Gong e Bill Bruford parte dalle stesse coordinate
espressive per approdare a un ineluttabile, proficuo
aggiornamento tecnologico. La pattuglia si muove secondo
unelastica pianificazione operativa, sempre
soggetta a estemporanee alternanze: Wagnon espone i temi
e srotola il tappeto armonico degli arrangiamenti, senza
lesinare ottimi assoli; Katz alimenta la propulsione col
suo stile duttile e incisivo; Manakas fende il tessuto
sonoro con i suoi fraseggi affilati; Jones dona il tocco
di classe col timbro inimitabile del suo basso
parlante. In primo piano: Painted Rock,
splendido manifesto estetico del gruppo; House Of Marc,
con i vocalizzi di Sarah Pillow che evocano le
indimenticabili Northettes (Hatfield And The North) e
rinsaldano il nobile legame con Canterbury; le geometrie
ritmiche di Land Of The Hazmats e Black Light,
su cui Wagnon e Manakas sfrecciano a velocità folle;
lincubo premonitore di Bad American Dream 2001,
da cui Manakas fugge aggrappato alla solid
body . La musica non può prevenire le tragedie
umane, però aiuta a superarne i traumi e i Tunnels
appartengono a quella schiatta di artisti (Tim Berne, Ken Vandermark, Earthworks, Ben Allison etc.)
che sta tentando di rimuovere le macerie degli anni
Ottanta con proposte serie e originali. - B.A.
TUNNELS - PROGRESSIVITY
(2002)
TUNNELS - THE ART OF
LIVING DANGEROUSLY (2004)
TUNNELS - NATURAL
SELECTION (2005)

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