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 PROGRESSIVE
PETER
GABRIEL - PETER GABRIEL (1977)
PETER
GABRIEL - PETER GABRIEL (1978)
PETER
GABRIEL - PETER GABRIEL (1980)
GENESIS -
TRESPASS (1970)
GENESIS -
NURSERY CRYME (1971)
GENESIS -
FOXTROT (1972) 
GENESIS - SELLING
ENGLAND BY THE POUND (1973) 
 Prendete un giovane telespettatore di MTV,
che conosca Peter Gabriel solo per sentito dire. Fatelo
accomodare in poltrona, di fronte a un buon impianto
stereo. Mettetelo a suo agio con una barzelletta dei
Fichi dIndia o unimitazione di Martufello.
Inserite nel lettore CD Selling England By The Pound
e premete il tasto play. Osservate
attentamente la sua reazione, mentre allinizio di Dancing
With The Moonlit Knight Peter recita il celebre
incipit «Can you tell me
where my country lies?»: man mano che il brano
procede, approssimandosi alla fuga strumentale, sul volto
del soggetto scorgerete i segni inequivocabili del
rapimento estatico, una vertigine emotiva che però, una
volta riacquistati i sensi, evolverà in una smorfia di
rancore montante, di livore represso a stento. Egli
rimarrà solo con un interrogativo angoscioso: chi sono
gli occhiuti censori che hanno nascosto quel segreto per
anni? Chi ha commesso quellabuso infame, quel
delitto contro la verità, quello scellerato crime
of the century? Sommessamente, azzardiamo
unipotesi investigativa sullidentità dei
responsabili: la radio e i giornalisti, virtuosi della
disinformazione che hanno venduto lanima per trenta
denari, rimpiazzando The Cinema Show con il Gioca
Jouer, barattando il piano di Tony Banks con lo
sguardo assente di Sid Vicious, le chitarre di Steve
Hackett con i cantautori italiani, la poesia di Firth
Of Fifth con i proclami sconclusionati di Jovanotti.
Sullalbum cè poco da aggiungere: capolavoro
indiscusso dei Genesis, simulacro del progressive, feticcio di una
generazione, struggente addio a unepoca di cui non
resterà traccia nelle tormentate avventure metropolitane
di Rael (The Lamb Lies Down On Broadway). Per chi
volesse approfondire gli aspetti musicali, suggeriamo la
lettura dellottimo libro di Edward Macan, Rocking
The Classics. - B.A.
GENESIS -
THE LAMB LIES DOWN ON BROADWAY
(1974) 
GENESIS - A TRICK OF
THE TAIL (1976)
GENESIS - WIND
AND WUTHERING (1976)
 La
scelta di proporre due venerate pagine rock
dellaltro ieri è dipesa dal recente recupero di
una canzone in particolare, la cui analisi impone di
ridurre il quadro dinsieme a pochi cenni - si
tratta di album su cui è stato scritto e detto tutto -
per affrontare il tema e, se ci è consentito,
capovolgere arbitrariamente la comune percezione del
significato di Blood On The Rooftops. Riepilogo:
con i Genesis allapice della popolarità, le
dimissioni di Peter
Gabriel suscitarono scalpore, ma la sbalorditiva
supplenza* al microfono di Phil
Collins stregò il mondo con una voce del tutto
allaltezza di quella del predecessore.
Lequilibrato amalgama di impetuosi arrangiamenti
elettrici (Dance On A Volcano, Squonk, Los
Endos), squisiti affreschi per pianoforte (Mad Man
Moon, A Trick Of The Tail) e delicate trame
acustiche (Entangled, Ripples) fu accolto
con entusiasmo da quella parte di pubblico che del progressive apprezzava
soprattutto i passaggi più orecchiabili. A Trick Of
The Tail ottenne un enorme successo internazionale,
per cui si decise di applicare la stessa formula a Wind
And Wuthering, compresa limpeccabile produzione
di David
Hentschel: oculata alternanza di suggestioni
fiabesche (Eleventh Earl Of Mar, All In A
Mouses Night), fughe strumentali condotte dalle
tastiere (Wot Gorilla?, Unquiet Slumbers For
The Sleepers ... In That Quiet Earth), accattivanti
melodie quasi pop (Your Own Special Way, Afterglow),
limmancabile, splendida suite (One For The Vine).
 Eppure,
anche dopo tanto tempo, Blood On The Rooftops
continua a trascendere il valore di entrambi i dischi in
studio del quartetto post-Gabriel, stagliandosi come
lopera artisticamente più duratura di quella
stagione: firmata da Phil
Collins e Steve
Hackett, introdotta dal sublime arpeggio della
chitarra classica, la composizione si dipana in crescendo
lungo una solenne melodia avvolta nei diafani drappi del mellotron
e scandita dalle parole del cantante/batterista che
ritraggono un uggioso pomeriggio inglese trascorso in
tinello a guardare la TV (
dark and grey, an English film, the Wednesday play
)
e a discutere con toni lirici del meteo (
though your eyes see shipwrecked
sailors, you're still dry, the outlooks fine though
Wales might have some rain
), mentre
qualcuno pronuncia frasi di sovrano distacco per un
conflitto insanabile (
the arabs and the jews boy, too much for me
)
e per gli imbonitori da comizio che se ne riempiono la
bocca (
and the thing I
hate - oh Lord! - is staying up late, to watch some
debate on some nation's fate
), fin quando
la rassicurante ordinarietà di un gesto quotidiano
giunge provvidenziale a esorcizzare lorrore della
cronaca (
lets
skip the news boy, Ill make some tea
).
A chi osservasse che dietro questa opinabilissima lettura
- forse persino opposta a quanto inteso dagli autori - si
nasconda una subdola celebrazione del riflusso,
rispondiamo che lipotesi è da escludersi perché:
1) pochi periodi della storia ci stanno sul cazzo come
gli anni Ottanta; 2) il ritorno al privato fu
indotto e promosso dagli strafatti avventori delle balere
e non dai poveri nerd chini
sulle copertine a forma di giornale
o salvadanaio; 3)
eventualmente, perché mai assimilare al disimpegno più
becero un legittimo, comprensibile rigetto per le vicende
di stati, etnie, tribù o fanatici che si scannano come
bestie senza riguardo per civili, donne, bambini? O ci
dobbiamo pure appassionare col rischio di assuefarci al
raccapriccio? Lo sfogo è finito
buon ascolto.
[P.S. - *Nel 1976, in attesa di trovare un sostituto
stabile, Phil
Collins affidò la batteria a Bill Bruford per
circa sei mesi, registrando così il nome dei Genesis
accanto a quelli di Yes e King Crimson nel prestigioso
curriculum professionale del collega. Il ruolo sarà poi
rilevato da Chester
Thompson (a sua volta già al servizio di Frank Zappa e Weather
Report).] - B.A.
GENESIS - ...
AND THEN THERE WERE THREE ... (1978)
Intorno alla fine
degli anni Settanta Phil
Collins ripeteva in ogni intervista che uno dei suoi
modelli musicali erano i 10cc e il loro modo di confezionare
canzoni pop che, senza rinunciare allappeal
commerciale, possedessero un indiscutibile contenuto
artistico. Lallontanamento di Steve
Hackett accelera la mutazione dei Genesis da band progressive a gioiosa macchina da
hit. Questo è il disco in cui è più evidente il
travaglio di chi, pur avendo una voglia matta di cantare
solo canzoni, non può abbandonare le lunghe suite cui i
fan più intransigenti non intendono rinunciare. - B.A.
GENESIS -
DUKE (1980)
GENESIS - THREE SIDES LIVE
(1981)
GENTLE GIANT - GENTLE
GIANT (1970)
Astonishingly daring debut album, not as focused
or overpowering as King Crimson's first but still
crashing down barriers and steamrolling expectations. The
mix of medieval harmonies and electric rock got stronger
on subsequent albums, but the music here is still pretty
jarring. Kerry Minnear was probably the only prog-rock
keyboard player of the era who allowed his synthesizers
to sound like themselves and not mimic orchestras; Gary
Green's guitars are alternately loud and brittle or soft
and lyrical, and always surprising; and the presence of
saxes and trumpets (coutesy of Phil Shulman) was unusual
in any rock band of the era - all of which explains how
Gentle Giant managed to attract a cult following but
hadn't a prayer of moving up from that level of
recognition. Funny Ways was the softest prog-rock
song this side of Crimson's I Talk To The Wind,
but a lot of the rest is pretty intense in volume and
tempo changes. Nothing At All by itself is worth
the price of the CD. - Bruce Eder
GENTLE GIANT - ACQUIRING
THE TASTE (1971) 
The
band's second album is a major advance on its first,
featuring superior singing, playing, and songwriting, as
well as a more unified sound, without sacrificing the
element of surprise in the first record. Many of the
melodies and even the riffs here (check out Gary Green's
first guitar flourish on Pantagruel's Nativity)
have a pretty high haunt count, and all of the
musicianship displays an elegance seldom heard even in
progressive circles - but the record also, amazingly
enough, rocks really hard as well. Elements of hard rock
and Gregorian chants mix freely and, amazingly enough,
well throughout this album. - Bruce Eder
GENTLE GIANT - THREE
FRIENDS (1972) 
Il concept
dellalbum è così suggestivo che Three Friends
viene ricordato più per largomento proposto che
per la musica, peraltro di livello eccelso. I sogni di
tre fanciulli cresciuti insieme si infrangono di fronte
al destino che li allontana luno dallaltro,
inquadrandoli entro modelli sociali prestabiliti e
coercitivi (artista - operaio - possidente).
Lesposizione di un tema così scomodo si dipana
lungo sei brani che delineano lo stile dei Gentle Giant
nella sua forma ormai compiuta: arrangiamenti in bilico
tra reminiscenze classiche e umori jazz-rock, brillanti
intuizioni melodiche che si alternano a passaggi quasi
dissonanti, impareggiabile maestria strumentale, squisiti
impasti vocali. Lo spleen diffuso da Schooldays
rievoca i giorni spensierati delladolescenza con un
misto di rimpianto e nostalgia. Le rispettive
raffigurazioni del proletario (Working All Day) e
del facoltoso signorotto (Mister Class And Quality?)
si distinguono per un approccio anti-retorico,
distaccato, scevro da tentazioni ideologiche. Sul
ritratto del pittore (Peel The Paint) le morbide
pennellate della sezione archi contrastano efficacemente
con i sussulti hard e le inflessioni psichedeliche della
chitarra (Gary Green). Kerry Minnear crea folte distese
di suoni (organo, sintetizzatore, vibrafono) su cui i
fratelli Shulman dispensano interventi a manciate (sax,
violino etc.). La complessità architettonica di Prologue
e i cori gotici della conclusiva Three Friends
demarcano i confini di un disco indispensabile
soprattutto per chi ancora non lo conosce. - B.A.
GENTLE GIANT - OCTOPUS (1972)

 Stabilire quale sia il miglior album
dei Gentle Giant è impresa che richiede un coraggio da
leoni: una scelta puramente sentimentale (o simbolica)
può cadere sullultima incisione realizzata
dallorganico con i tre fratelli Shulman (Phil,
Derek e Ray) al completo. Dopo il ritiro di Phil, tornato
alla quiete della vita domestica, il gruppo continuerà a
esprimersi su livelli stratosferici, come ampiamente
dimostrato dal successivo, splendido In A Glass House,
ma la musica di Octopus è più legata alla
stagione eroica del progressive
e, in qualche modo, chiude il primo ciclo della band
inglese. Tutti gli elementi che hanno reso unici e
indefinibili i Gentle Giant vengono espressi
allennesima potenza, anche con il contributo del
nuovo batterista John Weathers. Ascoltate Knots:
un intreccio umanamente impossibile di cori,
variazioni ritmiche e chiaroscuri strumentali (nel 1975
replicheranno con lincredibile On Reflection).
Levanescente introduzione vocale che apre The
Advent Of Panurge prelude a unesplosione sonora
controllata dalla formidabile coesione tra piano, organo,
chitarra e batteria. Lo stesso propellente viene
impiegato per lanciare nello spazio River, A
Cry For Everyone e The Boys In The band.
Latmosfera medievale di Raconteur, Troubadour
è stemperata dal raffinato arrangiamento e da un
virtuosismo mai inopportuno. Le dissonanze di Dogs
Life si integrano perfettamente nel complesso mosaico
della composizione: unautentica caccia al tesoro
per lascoltatore attento e curioso. La nostalgica Think
Of Me With Kindness ci consente di apprezzare un
fulgido esempio di canzone damore underground. Un
disco obbligatorio. - B.A.
GENTLE GIANT - IN
A GLASS HOUSE (1973) 
The
group was reduced to a quintet here with the departure of
elder brother Phil Shulman, but its sound is unchanged,
and the group may actually be tighter without the
presence of his saxophones. The time signatures are still
really strange, and the tempo changes are sometimes
jarring, as is the wide range of dynamics, but this is
also one of the group's most pleasing records - they rock
out in various places, and elsewhere perform all kinds of
little experiments with percussion instruments (An
Inmates Lullaby), or create a strange, otherworldly
sort of modern medieval-style music (Way Of Life).
None of it except possibly A Reunion is light
listening, but the challenge does yield some rewarding
sounds. - Bruce
Eder
GENTLE
GIANT - THE POWER AND THE GLORY
(1974)
GENTLE
GIANT - FREE HAND (1975)
GENTLE
GIANT - PLAYING THE FOOL / THE OFFICIAL
LIVE (1976)
GENTLE
GIANT - INTERVIEW (1976)
GENTLE
GIANT - THE MISSING PIECE (1977)
GENTLE
GIANT - GIANT FOR A DAY! (1978)
GENTLE
GIANT - CIVILIAN (1980)
GILGAMESH - GILGAMESH
(1975) 
GILGAMESH - ANOTHER
FINE TUNE YOUVE GOT ME INTO
(1978) 
Proprio
perché votato senza riserve alla musica e incurante di
ogni altra sovrastruttura, il compianto Alan Gowen,
una tra le menti migliori
dellunderground inglese, in vita non ottenne il
riscontro che certo meritava: tuttavia, nei preziosi
documenti sonori che riuscì a registrare, la sua arte
immacolata rimane a testimoniarne il genio. Capobanda non
ufficiale ma di fatto, nei Gilgamesh
egli poté esibire meglio che altrove il proprio talento.
Gilgamesh - Sotto la regia di Gowen, il classico
quartetto rock con tastiere e
chitarra diventa linopinato veicolo espressivo di
un mirabile amalgama tra scrittura, improvvisazione,
melodia, avanguardia: più temerari di Caravan
e Camel,
meno ironici di Hatfield
And The North e National
Health, i Gilgamesh
puntano tutto su unoriginale miscela di variazioni
metriche, armonie intricate, fraseggi individuali, fughe
collettive. La maestosa visione orchestrale di Gowen si
squaderna in arrangiamenti tanto complessi quanto
ordinati. Il livello di eccellenza è omogeneo, ma nelle
tre suite dai titoli chilometrici - a) One End More b)
Phils Little Dance - For Phil Millers
Trousers c) Worlds Of Zin; a) Island Of
Rhodes b) Paper Boat - For Doris c) As If Your Eyes Were
Open; a) We Are All b) Someone Elses Food c)
Jamo And Other Boating Disasters (From The Holiday Of The
Same Name) - lensemble si esalta, giovandosi
anche dei pregiati interventi vocali di Amanda Parsons.
Superbo il lavoro svolto dal chitarrista Phil Lee, che
adatta il proprio nobile retroterra jazz
agli stilemi del più avanzato idioma progressive.
Another Fine Tune Youve
Got Me Into - Dopo varie esperienze, ciascuno per
conto suo, nellestate del 1978 Gowen e Lee trovano
gli stimoli per un secondo capitolo e rientrano in
studio. La sezione ritmica subisce un doppio
avvicendamento: alla batteria Trevor
Tomkins prende il posto di Michael Travis, al basso
elettrico il blasonato Hugh
Hopper sostituisce Jeff Clyne.
Anche lalta fedeltà, allora in piena fase
evolutiva, gioca a favore del progetto: i suoni sono più
nitidi, squillanti, acuminati. La quiete del luogo - un
paesino nel Galles (Llanfair
Caereinion) - favorisce lispirazione. Se si
omettono due pleonastiche miniature personali - Waiting,
Foeld Again - rispettivamente di Lee e
Hopper, Another Fine Tune Youve Got Me Into
è un album perfetto. Tutti splendidi gli assoli di Alan Gowen,
dardi elettrici (sintetizzatore, piano)
lanciati con mira infallibile nelle fessure degli
accordi. I quattro pezzi principali - Darker Brighter,
Bobberty - Theme From Something Else, Play Time,
Underwater Song - si equivalgono per consistenza,
bellezza, varietà, seguiti poi dal rutilante epilogo in
squisito stile Canterbury
di T.N.T.F.X.. - B.A.
GORDON GILTRAP - VISIONARY
(1976)
GORDON GILTRAP - PERILOUS
JOURNEY (1977)
GORDON GILTRAP - FEAR
OF THE DARK (1978)
GONG - CAMEMBERT
ELECTRIQUE (1971)
GONG - FLYING
TEAPOT (RADIO GNOME INVISIBLE PART 1) (1973)
GONG - ANGELS
EGG (1973)
GONG - YOU
(1974)
GONG - SHAMAL
(1976)
 Allepoca della pubblicazione, per via
di circostanze e mentalità correnti - exploit di punk e balere,
contesa tra impegno e riflusso
etc. - questo album passò quasi inosservato
come
sempre, il tempo è galantuomo e finalmente, applicando
il saggio criterio del senno di poi, oggi
possiamo esprimere un giudizio sereno sullunico
aspetto importante che davvero conti di un (qualsiasi)
manufatto discografico: la qualità della musica. Entrato
nelleterogeneo organico dei Gong in occasione di Angels
Egg, Pierre
Moerlen approfitta delle dimissioni di Daevid
Allen - rassegnate dopo linterlocutorio You
- per assumere ufficiosamente il controllo della band,
avviando unincessante metamorfosi dallo stile progressive/psichedelico/patafisico
concepito dal fondatore fricchettone a una compiuta
maturità espressiva raggiunta in virtù del proprio
magistero strumentale*. Intercalata dalla precaria
intonazione vocale del bassista Mike
Howlett, Wingful Of Eyes imposta una seducente
atmosfera di scuola Canterbury
avvalendosi delle stupende chitarre acustiche ed
elettriche di Steve
Hillage. Chandra e Cat In Clarks
Shoes tessono una spessa trama sonora ottenuta
dallimpasto dei sax (tenore, soprano) di Didier
Malherbe e degli idiofoni (marimba, xilofono,
glockenspiel) di Mireille
Bauer abbinati al violino dellospite Jorge
Pinchevsky, il tutto sorretto dallimpeccabile
scansione ritmica di Pierre
Moerlen e Mike
Howlett. Affidata allugola hippy di Miquette
Giraudy, Bambooji è poco più che una
paccottiglia di candelette dincenso e collanine di
perle, salvata dallintermezzo elettrico di Steve
Hillage. Gli arrangiamenti di Mandrake e
Shamal mettono in primo piano la caratteristica
panoplia del collettivo, abilmente maneggiata da Bauer e
Moerlen, creando la peculiare polifonia di legni e
metalli tintinnanti del marchio Gong. Prodotto da Nick Mason,
che investiva con acume gli smisurati profitti derivanti
dalle vendite di The Dark
Side Of The Moon e Wish
You Were Here. (P.S. - *Lapprodo definitivo
di questo percorso artistico sarà trovato con i
meravigliosi Gazeuse!
ed Expresso II.)
- B.A.
GONG - GAZEUSE!
(1976) 
In quei giorni
felici, letichetta Virgin investiva denaro per
produrre i dischi e curare il management di un gruppo
underground. Sebbene il congedo di Daevid
Allen privasse la stampa specializzata
del cliché freak, i nuovi Gong si giovavano
dellapproccio esclusivamente strumentale scelto da Pierre
Moerlen. Lorganico rifondato vantava la
presenza di virtuosi come Allan
Holdsworth (chitarre) e Francis Moze (basso).
Holdsworth è subito protagonista con lingegnoso
fraseggio di Expresso e lo spartito autografo di Night
Illusion: le sue tipiche armonie oblique volteggiano
sullo spesso tappeto ritmico srotolato dai fratelli
Pierre (batteria) e Benoît (vibrafono) Moerlen insieme a
Mireille
Bauer (marimba) e Mino Cinelu (congas). I due atti di
Percolations consistono in un preludio di suoni
cristallini e trasparenti cui segue il crescendo sismico
scatenato dal leader: un memorabile pezzo progressive. Allan
Holdsworth anticipa il capolavoro scritto per Bill Bruford [The
Abingdon Chasp (One Of
A Kind)] con lo splendido arrangiamento di Shadows
Of, nel quale replica al flauto dadaista di Didier
Malherbe con un doppio assolo, prima distorto poi
acustico. Limpeto rock di Esnuria
si stempera nelleleganza del reticolo percussivo,
percorso dagli interventi di Moze (fretless) e Malherbe
(sax tenore). Passione. Concretezza. Serietà. - B.A.
GONG - LIVE
ETC. (1977)
GONG - EXPRESSO
II (1978) 
Uno dei capolavori
del progressive più evoluto,
ampiamente al livello di Gazeuse!,
lalbum col quale Pierre
Moerlen aveva acquisito il controllo del marchio Gong,
proponendo una via europea allamplesso tra rock e jazz.
Le allucinazioni psichedeliche del fondatore Daevid
Allen svaniscono a beneficio di una cifra strumentale
che punta tutto sul raffinato amalgama tra idiofoni e
corde. Gli intrecci tra la batteria del leader, le
percussioni assortite (vibrafono, xilofono, marimba etc.)
di Mireille
Bauer e Benoît Moerlen, gli assoli di Allan
Holdsworth, Mick Taylor, Bon Lozaga (chitarre) e
Darryl Way (violino) elaborano un suono squillante,
variopinto, diffuso lungo brani di omogenea, sublime
eleganza. Nostre personalissime predilezioni: 1) Soli,
stupefacente saggio poliritmico firmato dal bassista
Hansford Rowe e percorso dagli straordinari fraseggi di
Benoît Moerlen e Allan
Holdsworth; 2) Three Blind Mice, superbo
arrangiamento fusion della
tradizionale filastrocca
inglese, già interpretata sedici anni prima da Art Blakey
sullomonimo live della United
Artists. - B.A.
ALAN GOWEN &
HUGH HOPPER - BRACKNELL - BRESSE
IMPROVISATIONS (1978/1980)
GREENSLADE - GREENSLADE
(1973)

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